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20/04/24
THE OSSUARY
CENTRO STORICO, VIA VITTORIO VENETO - LEVERANO (LE)
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07/01/2017
( 4110 letture )
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Infinity rappresenta il quarto album dei maestri del AOR, i mitologici Journey. Il disco viene pubblicato dalla Columbia Records il 20 gennaio del 1978 e si avvale, per la prima volta, dell’apporto vocale stratosferico di Steve Perry dietro al microfono. Ma facciamo un salto indietro, per sondare un po’ di storia della band che vede i natali a San Francisco nel 1973, come gruppo non dedito al rock melodico, come molti possono pensare: infatti dal 1975 al 1977 i nostri editano tre lavori all'insegna di un rock articolato e primigenio, Journey nel 1975, Look In To The Future nel 1976 e Next nel 1977. A Neal Schon e al tastierista Gregg Rolie, che erano stati nei primi anni '70 alla corte di Santana, si uniscono il talentuoso batterista Ansley Dunbar (poi con Whitesnake e UFO) ed il bassista Ross Valory, ma nonostante l’impatto dei dischi appena citati, non ottengono vendite cospicue come la major, CBS, si attendeva dopo l’investimento economico iniziale. E fu proprio l’etichetta, quindi, a mettere alle strette i californiani, obbligandoli ad un radicale cambio di stile, imponendo anche un nuovo frontman da affiancare a Gregg Rolie alla voce. Venne reclutato Robert Fleischman con un genere in canna più vicino al pop, sullo stile di band quali Foreigner e Boston. I Journey partono in tour con Fleischman nel 1977 e compongono il celebre brano Wheel in the Sky, senza ricevere però consensi da fans e critica, così Fleischman viene licenziato nello stesso anno e, sul finire del 1977, la band ingaggia Steve Perry come nuovo singer. Ecco la mossa azzeccata e pronta a schiudere le porte del empireo dorato delle classifiche. Perry aggiunge un suono pulito al gruppo, proiettando la formazione verso melodie dorate, in bilico tra pop e partiture prettamente hard rock. E allora via con Infinity, prodotto da Roy Thomas Baker e inciso tra San Francisco, al His Master's Wheels e Los Angeles presso i Cherokee Studios, un pendolarismo musicale che si rivelerà fortunatissimo, visto che il 10-tracks diviene la prima splendida perla di hard rock melodico distillata dal quintetto a sfondare le classifiche negli Stati Uniti, sia dal punto di vista delle vendite che della popolarità, grazie alla particolarità delle composizioni e a un invidiabile songwriting di valore elevatissimo, accompagnato ad una perizia tecnico compositiva di lignaggio superiore. E ad una voce, aggiungiamo, impossibile da non notare, da non amare.
Non avrebbe senso compiuto analizzare nel dettaglio minuzioso ogni singola canzone di questo long playing strepitoso, però alcune note è doveroso sottolinearle. Cominciare un disco con due lenti è un atto di coraggio davvero inusitato: l'accoppiata iniziale Lights e Feeling that Way appare quasi inscindibile nelle atmosfere e nella tersa libidine musicale, nella prima l'introduzione è brividosa, così come il chorus sognante animato delle corde vocali pazzesche e cristalline di Perry, con un solo di Neal Schon breve ma intensissimo, mentre la seconda inizia lenta con il piano, per poi sfogare l’anima rock del quintetto con coralità da zenith; due scampoli eccezionali. Anytime prosegue sulla stessa falsariga con un big rock d’eccezione e cori che catturano al primo ascolto, molto similare alle atmosfere dei Boston; La Do Da è quasi metal con spruzzi di classe sopraffina, Patiently rappresenta la perfetta ricetta della ballad infarcita di melodie e armonizzazioni sognanti per poi trasmigrare in una traccia hard rock con spartiti entusiasmanti. E ancora la celeberrima Wheel in the Sky, un capolavoro vero, dotato di una vocalità senza pari per espressività, nerbo e orientamento con Schon che ancora una volta ci mette lo zampino sia in fase ritmica che di solismo, Somethin' to Hide sfoggia gusto e vocalità supreme di Perry, cosiccome Winds of March con accenti melodici da godimento supremo o la seguente Can Do dal ricco DNA hard rock scudisciante e la finale Opened the Door brandello assai effettato con la chitarra del grande Schon sempre in evidenza.
Infinity raggiunse la posizione numero 21 nelle classifiche, facendo aggiudicare alla band il primo disco di platino e piazzando singoli fortunatissimi come Lights (gradino 68 negli Usa) e Wheel in the Sky. Il platter poi, per ben tre volte, venne certificato come platino negli States, decretando lo sbarco dei Journey nelle altissime vette rarefatte delle graduatorie di vendita. Per la somma felicità della label e del ensemble. Questo è un disco che ancor oggi merita vivamente di esser consigliato e rispolverato dallo scaffale per mille motivi, due vocalist dotatissimi con l’ugola diamantifera di Perry a distillare lingotti, la pulizia di suono di un nume come Neal Schon, composizioni impareggiabili, una band dal talento smisurato, coralità preziose, una serie di hit da far impallidire chiunque e una produzione che diede il là al super big rock che ha designato un’epoca. Lontana ma indimenticabile con i suoi successi straordinari. Un vortice di delizie da riascoltarsi senza remora alcuna, immensi lord del rock/AOR, immensi Journey!
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20
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Comunque lo si voglia chiamare,da questo album in poi,la band avrebbe scritto alcune delle pagine storiche del Rock;con perry,la band trova il perfetto connubio tra il jazz,pop,e i riff prettamente hard rock di schon,il risultato sono pezzi di assoluto valore:lights,something to hide e sopratutto wheels in the sky. |
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19
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Non sono d’accordo sulla definizione di AOR di questo album così come tutti quelli del periodo Perry / Rolie alle voci. Il sound AOR si definì con l’ottimo EScape in quanto J Caine sostitui’ il ruggente organo Hammond b3 con sinth e piano.Qui siamo in territori hard rock dal forte appeal commerciale e radiofonico, per i tempi , ma di qualità eccezionale.Wind Of March non può essere liquidata come un brano AOR. |
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18
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Grandissimo album, con uno Steve Perry che in quegli anni era veramente al massimo (anche dal vivo... ascoltatelo su Captured!). Ciononostante per me il top della band arriva quando entra in formazione Jonathan Cain, ovvero con Escape e Frontiers. Ma anche questo (e i successivi due) sono da avere. Grandi songs, penso a Feeling that Way, Anytime, Lights e soprattutto Wheel in the Sky, il primo immortale successo che non può mancare mai in un loro concerto. Voto 88 |
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17
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Escape e' il vertice perche' delinea l aor, perlomeno quello vicino all hard rock, e' il vero capostipite in questo senso di suoni piu' tecnologici ed elaborati. Questo e' un disco eccellente, con molteplici sfacciettature, Schon suonava anche anche la cosidetta world music con Santana, infatti i primi sono fusion all americana. Ma e' escape che ha cambiato tutto. Anche i Foreinger prima erano di matrice blues. E tantissimi famosi musicisti aor hanno fatto lo stesso percorso, vedi anche Jamison con Target e Cobra e la lista sarebbe lunga |
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16
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Premesso che è un disco esagerato per tecnica e songwriting, ritengo però che Escape e Frontiers siano addirittura la perfetta evoluzione. |
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Uno dei motivi per cui ascolto musica....... |
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Anche perché i primi tre non c'entrano quasi per niente con quello che è venuto dopo. Molto più debitori del gruppo di provenienza di Rolie e Schon. Qualcuno li ha definiti jazz rock addirittura |
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E chi si accanisce..a Terzo!!! |
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Se non gli piacciono inutile accanirsi. Per me comunque Escape tutta la vita |
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Potresti rimediare ascoltando i primi tre di questa eccezionale band: sono orientati verso un certo tipo di progressive-rock! A me piacevano e piacciono un sacco tutt'ora. Certo, non siamo ai livelli di composizione di questi Journey..però, fanno la loro bella figura comunque! Soprattutto il primo.. |
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10
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No a me la voce di Perry non dispiace, e ho visto pure qualche video dal vivo, ma e` proprio la musica Aor che non mi va giu`, ho provato piu` volte e con vari gruppi ma non riesce a coinvolgermi, magari qualche canzone qua` e la`, ma generalmente non mi piace. Grazie comunque Rob e Tino. |
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9
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@Metal Shock: per certi versi nemmeno io impazzisco per l'AOR. Ma posso dire che Infinity e Departure con il loro perfetto bilanciamento tra brani duri e ballate sono quanto di meglio c'è in giro in ambito AOR. Per quanto mi riguarda apprezzo di più la (seconda) fase sino a quando c'è stato Greg Rolie. Prova con Captured Live, l'ultimo prima di Escape. E' chiaro se la voce di Perry non ti piace perché troppo acuta allora lascia perdere |
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8
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ti consiglio metal shock di guardarti (e ascoltarti) live escape del 1981, è il riassunto perfetto del gruppo (assieme all'album escape) |
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Conoscevo solo Wheel in the sky, da anni e neanche sapevo che fosse loro, ho provato ad ascoltare il disco, ma niente da fare. L`Aor proprio non fa per me. |
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6
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Che dire...capolavoro! Album eccezionale, il primo con Perry alla voce...e che voce! |
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5
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Il vero inizio dei mitici Journey, uno dei più bei album di AOR di sempre, fine. |
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4
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Un album eccezionale... 90 strameritato... |
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3
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E' il primo disco che presi di loro e ad oggi resta il mio preferito. Clamorosamente bello con perle di assoluto valore quali Wheel in the sky (il loro apice compositivo?), Winds of march e Anytime. 90 |
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2
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Confermo quanto scritto da Lux |
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1
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Il primo di una lunga serie di capolavori grazoe a canzoni stupende e all'apporto della voce AOR per eccellenza, sua maestà indiscussa Mr. Steve Perry!!! |
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INFORMAZIONI |
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Tracklist
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1. Lights 2. Feeling That Way 3. Anytime 4. La Do Da 5. Patiently 6. Wheel in the Sky 7. Somethin' to Hide 8. Winds of March 9. Can Do 10. Opened the Door
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Line Up
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Steve Perry (Voce solista) Neal Schon (Chitarra, Voce) Gregg Rolie (Tastiera, Voce) Ross Valory (Basso, Voce) Aynsley Dunbar (Batteria, Percussioni)
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RECENSIONI |
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