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26/04/24
ELECTRIC VALLEY RECORDS FEST
BLOOM, VIA EUGENIO CURIEL 39 - MEZZAGO (MB)
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Matheus Manente - Illusions Dimension
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17/02/2017
( 1291 letture )
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Spesso i progetti di lunga gestazione, che siano già ultimati o ancora in fase di lavorazione, oltre che il rispetto, hanno anche la mia approvazione incondizionata, persino nel caso in cui il risultato finale non mi aggradi particolarmente. Forse perché il processo di creazione di un’opera che si possa veramente definire tale, di qualunque tipo essa sia, affascina enormemente, ed assistere, per quanto indirettamente, alla realizzazione di simili fatiche, colpisce nel profondo. Ci sono voluti circa 7-8 anni perché il polistrumentista brasiliano Matheus Manente riuscisse a terminare e a pubblicare il suo primo disco, questo Illusions Dimension, che arriva a noi, rimasterizzato, 3 anni dopo la sua uscita: un album lungo, strumentale (se non per qualche stralcio di spoken word e qualche sample), che si pone l’obiettivo di trasportare l’ascoltatore in un viaggio di riflessione sui temi filosofici che hanno interessato il compositore sudamericano nel corso della sua esistenza. Ha impiegato quasi dieci anni per dare forma musicale a pensieri e idee personali, per concepire e creare un’autentica esperienza, per lui come per chiunque altro, capace di descrivere i tormenti di una vita; e lo ha fatto con un prodotto molto al passo coi tempi nel suo genere, che risente tanto dell’influenza dei gruppi progressive rock classici (su tutti gli Yes post-Close to the Edge) quanto dei Dream Theater, e di tutto il progressive metal moderno (Between the Buried and Me, Periphery); lo ha fatto con un prodotto che, però, si può quantomeno definire “esuberante”.
75 minuti di musica sono tanti, e a chi tenta di approcciarsi a questo lavoro, possono sembrare frutto di presunzione e arroganza, di poca umiltà; possono trasmettere all’ascoltatore un’aria di sfida, piuttosto che dare l’idea di un genuino risultato dell’ispirazione artistica. Ma, se si comincia ad ascoltarlo, ci si rende conto che il ragazzo è senza dubbio guidato dalla passione e da un forte amore per la musica. Il suo talento a livello tecnico si sente su tutti gli strumenti utilizzati, non solo alla chitarra (protagonista nella quasi totalità dell’opera), e si può anche notare un discreto gusto a livello compositivo; non mancano infatti pezzi di buon livello come Symmetry of Evil, forse la migliore canzone del disco insieme ai due singoli Kinetic Disturbances e Market Garden - dei quali sono anche stati realizzati due videoclip. E Matheus è anche abile nel coniugare il puro metal con fraseggi acustici, momenti orchestrali, arrivando persino ad un’incursione totalmente inattesa nella musica elettronica (quasi dubstep) in Virtual Destruction – altro pezzo degno di nota. E’ un album che potrà forse esaltare chi ama variazioni e cambi di tempo inaspettati (The Shapley-Curtis Debate ne è un esempio), poichè riff cervellotici e imprevedibilità non gli mancano. Dove stanno allora i problemi? Semplicemente, durante l’ora e un quarto del disco, capita di trovarsi di fronte a passaggi meno riusciti, a melodie poco azzeccate, o ad assoli che non riescono a lasciare il segno, finendo per avere la sensazione che il brasiliano abbia esagerato, tirando fuori troppo da sè stesso; come se fosse rimasto chiuso in casa per troppo tempo, e, una volta vista la luce, non abbia saputo contenersi. E alla sincerità dell’opera, si affianca quindi l’assenza di quel guizzo capace di elevarla, quel guizzo che scateni un coinvolgimento emotivo nell’ascoltatore, nonostante questo sia un album tutt’altro che freddo, almeno agli occhi di chi scrive. Mi ha ricordato molto il fantastico progetto Nervecide di Giorgio Benedetti, che, pur avendo un’impronta più estrema, ho trovato concettualmente molto simile a quello del polistrumentista sudamericano; ma, per ora, Matheus Manente non riesce ad avere quell’impatto, quella forza, quella bellezza che l’italiano appena citato ha sfoggiato in Impermanence. Necessita di portare all’essenza le sue idee, e forse anche di acquisire un po’ d’esperienza.
Illusions Dimension rimane comunque un esperimento che merita la promozione, perché certamente non brutto, nè tantomeno da buttare, anzi; si ascolta volentieri. C’è il potenziale per creare qualcosa di ottimo in futuro, con alcuni accorgimenti e un po’ di maturità, con la quale in pochi nascono. Inoltre è ottimamente prodotto dallo stesso Matheus Manente (negli studi di casa sua a San Paolo), che ora pare sia impegnatissimo in vari progetti; è quindi probabile che sentiremo ancora parlare di lui, in un modo o nell’altro, in futuro.
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3
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Grazie mille Doom |
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2
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Vulgar, non sapevo che facessi recensioni!Sono contento.. Le leggero con piacere anche se magari non sono il mio genere! Buon Lavoro! |
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1
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E con questa recensione diamo il benvenuto anche al nostro Francesco Brandolini "Vulgar Puppet" in redazione! |
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INFORMAZIONI |
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Tracklist
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1. Illusions Dimension 2. Kinetic Disturbances 3. The Shapley-Curtis Debate 4. Inner Peace 5. Symmetry of Evil 6. Market Garden 7. Castaway 8. The Seventh of Nights 9. Pamukkale 10. Virtual Destruction 11. The Burial of the Count of Orgaz 12. Brihadeeswarar Temple 13. Dreams and Memories
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Line Up
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Matheus Manente (Tutti gli Strumenti)
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