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29/03/24
500 HORSE POWER + GAIN OVER
BORN TO BE WILD MC PADOVA, VIA GUIDO NATTA 14 - RUBANO (PD)
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Suicide Silence - Suicide Silence
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23/02/2017
( 4786 letture )
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“Che se ne parli bene o se ne parli male, l’importante è che se ne parli”: in questa frase pare riassumersi la nuova politica dei Suicide Silence. Perché in effetti dopo il rilascio dei primi singoli del nuovo lavoro e lo stile apparentemente diverso sulla rete non si parla altro: girano vignette diffamatorie, commenti sgradevoli nei loro confronti ma che se ne voglia dire, questa è tutta pubblicità. Il punto è che l’utenza scontenta non aveva ancora ascoltato tutto l’album, che si rivela il più clamoroso cambio di genere nella storia del metal/hardcore dopo gli In Flames nonché un lavoro davvero erroneamente self-titled, nel senso che non è nulla di associabile ai Suicide Silence così come li conosciamo. Dimenticatevi di The Cleansing, dimenticatevi di No Time to Bleed , della loro terrificante pesantezza, dissonanza e inimitabile ferocia. Ma dimenticatevi anche di You Can’t Stop Me, che seppur più leggero e dai suoni più freschi era comunque un album degno, se consideriamo anche lo smottamento subito dalla band dopo la triste dipartita dell’amato singer Mitch Lutcher. Egli fu sostituito poi da Hernan Eddie Hermida degli All Shall Perish: non parliamo certo dell’ultimo arrivato, bensì un cantante coi cosiddetti che poteva comunque rendere onore al frontman e carriera precedenti della band e anche fare grandi cose per il futuro. Ma ahimè, vi dovete scordare anche di Eddie Hermida così come lo conoscete, perché in questo album ha deciso di cantare in maniera completamente diversa. Dimenticatevi insomma del deathcore dei Suicide Silence, che in questo lavoro è quasi del tutto soffocato da una specie di nu metal/crossover/alternative/hardcore con solo qualche sprazzo della caustica e inquantificabile violenza del passato. Dimenticatevi di ciò per cui prima i nostri venivano stimati ed elevati a idoli.
Questo è quasi certamente uno schiaffo in faccia autoinflitto, visto che i nostri sono per l’appunto fra i padri e maggiori esponenti del genere, del vero ed originale deathcore insieme con All Shall Perish, Whitechapel, Thy Art is Murder e Carnifex e sembra quasi impossibile che non siano riusciti o peggio ancora non abbiano voluto reinventarsi nel genere che loro stessi hanno contribuito a creare. Esagerati, terrificanti al punto da sembrare pazzi musicalmente e scenograficamente parlando, riescono adesso a scioccarci in tutt’altra maniera. Perché è questo l’effetto dell’album in questione: lasciare sgomenti, perplessi e a bocca aperta, Suicide Silence ci fa scuotere la testa e chiederci “E’ reale?”. Insomma, questo non è un album per nostalgici o per follower accaniti (che si accaniranno in altra maniera) e di sicuro non è per i fan del deathcore; ma non si tratta nemmeno un album easy listening per ragazzini che si avvicinano ai generi estremi. Piuttosto è un lavoro che vuole stupire ed attirare in maniera diversa, non si capisce se utenti di generi differenti o haters. Che sia forse un malevolo artificio della Nuclear Blast, che ci mette lo zampino e riesce non si sa come a sedare e cambiare band che prima facevano saltare in aria il pentagramma? Inutile infatti negare che un accenno di cambiamento e alleggerimento erano già presenti nel precedente You Can’t Stop Me.
Ma ipotizziamo anche che dopo circa un decennio di carriera molto sia stato già detto sia da loro che da tante altre band e il rischio di cadere nei cliché sia dietro l’angolo: se prendiamo per buono il cambio di genere e cerchiamo di vedere la cosa in un’ottica del tutto differente, dimentichi del deathcore e aperti mentalmente per questa nuova realtà, vediamo comunque che l’ascolto non è facile né del tutto gradevole a causa del disordine stilistico che presenta, non avendo una precisa direzione e punto di arrivo. Va bene l’alternative e il nu metal alla Korn, Deftones e Slipknot (in chiave leggermente più pesante), vanno persino bene le parti quasi screamo, ma un minimo di coerenza e definizione sono sempre necessari. Questo album sembra scritto e suonato alla bell’e meglio, complici anche tutti le voci fuori campo, i versi e i rumori in presa diretta che si sentono alla fine e anche durante le tracce, non si sa se inseriti appositamente o realmente registrati sul momento. Questa sensazione di familiarità e confidenza va bene perché fa sentire l’ascoltatore a casa, ma diventa eccessiva quando tutto l’album pare una grande accozzaglia. Anche la produzione fantastica, la tecnica strumentale sempre evidente e la buona scelta dei suoni -che in parte sono sempre i loro- non possono salvare del tutto un songwriting senza un definito filo conduttore. Abbiamo scoperto che Eddie Hermida sa cantare con perizia in pulito e non ci dispiace nemmeno del tutto, però è evidente una perdita di identità che non sarà ritrovata facilmente e del vecchio modo di cantare apprezziamo con malinconia solo alcuni exploit di screaming. Si inizia con il primo singolo estratto e opening track Doris, un pezzo dal ritornello irritante che però conserva un minimo di impatto, invece i successivi vanno scemando e sfumando in pseudo-ballate alternative metal (Silence, Dying in a Red Room, Conformity) perdendo quasi completamente il muro del suono tipico dei Suicide Silence, che viene ritrovato solo in sparuti momenti diventati ormai quasi fuori luogo nel resto del contesto. I loro suoni sono ancora presenti così come l’aspetto oscuro e nefasto e ci sono attimi in cui sembra di sentire nella base strumentale i buoni vecchi riff, il basso sfacciato e la batteria senza tregua dei tempi andati, ma si tratta solo di brevi accenni. Tutto è stato sacrificato in favore di digressione, chitarre clean effettate, voce pulita, lentezza e una ricerca di atmosfera che però non è totalmente andata a buon fine, cadendo nella mediocrità e nel già sentito. Si prosegue su questa falsariga tranne che per Hold Me Up Hold Me Down e Don’t Be Careful You Might Hurt Yourself che ritornano in parte agli stilemi del passato perlomeno con una forte dose di hardcore e non ci fanno pentire del tutto di questo ascolto.
In conclusione, avremmo potuto dare per buona e rispettare una tale virata stilistica solo qualora essa fosse stata ponderata, sensata e soprattutto ben fatta. I nostri non hanno utilizzato appieno i loro mezzi e sembrano aver messo a punto questo lavoro con pressappochismo: il risultato è alquanto deludente. Un ascolto che non rimane in testa e non lascia quasi nulla di buono in quanto parecchio lontano dai classici del passato ma nemmeno realmente efficace nel tentativo di innovazione. Un tentativo va fatto solo per rispetto alla band e per prendere atto e coscienza dell’enorme cambiamento. Insomma se i Suicide Silence vogliono proprio fare alternative metal, per convincerci dovranno riprovarci al prossimo album.
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9
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Mah che strano... Ross Robinson (che da fan del nu adoro) con il deathcore che c'azzecca? Come dice Valeria qui è un guazzabuglio che scontenta tutti. Lui dopo il nu metal si è dedicato al post hardcore e all'alternative/ indie rock con unica eccezione il disco dei sepultura the mediator... e con i suicide silence non ha nulla da spartire e il risultato finale infatti è pessimo. Quando ho sentito Doria manco sapevo cosa pensare tanto era strana, va be' esperimento fallito |
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8
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A me me piace, o per meglio descrivere la mia disamina, direi che è un ascolto piacevole, e che non c'è assolutamente niente di innovativo, ma non credo fosse quello che volevano dimostrare i Suicide Silence, voto 74 |
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7
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Francamente potevano includere nove brani che avrebbero ridefinito il concetto di Death Metal, creando un nuovo standard, e Doris, che l'album sarebbe comunque stato una cagata. E se si aggiunge che gli altri brani oltre Doris sono un miscuglio indefinito di Metalcore, Thrash noioso e nessun riff coinvolgente, la ricetta per una cagata è assicurata. Tornando a Doris, comunque, nessun artista sano di mente può inciderla e dare il via libera al mastering. Nessuno che abbia buon gusto, almeno. Una cagata immane, soprattutto se si conta che le aspettative, a loro tempo, erano decisamente alte: Hermida è un frontman e vocalist straordinario, degno rimpiazzo di Mitch Lucker, ma con 'sta cagata hanno mandato tutto a puttane. |
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6
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Concordo con Vale, io non ero proprio adolescente ma ho vissuto in pieno il periodo nu e acquistato un fracco di dischi, ma a mio gusto potrei citare decine di album riusciti meglio di questa accozzaglia di suoni senza una precisa direzione... |
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5
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Ciao Heimdall, grazie per il tuo parere. Io però lo trovo avulso anche dai tempi d'oro del nu metal/alternative/crossover .. ho preso in considerazione anche quell'ambito ma a mio parere è roba già sentita e scritta alla bell'e meglio. Se consideriamo che si sono lasciati alle spalle quasi tutto il loro passato, ho dovuto tirare conclusioni negative. Riconfermo ciò con cui ho chiuso la recensione: se proprio vogliono cambiare genere, lo devono fare meglio |
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4
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Disco che sarà capito ed apprezzato solo da chi ha vissuto l'adolescenza immerso nel nu-metal, come il sottoscritto e la sua generazione. Album coraggioso, che svetta nel panorama monocorde del metalcore contemporaneo. Voto: 80 |
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3
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Ascoltato per mera curiosità, sembra un lavoro che già 15 anni fa sarebbe risultato anacronistico...pessimo, senza capo nè coda. Si sono scavati la fossa da soli. Buona recensione, anche se non avrei omesso che la produzione è del guru del nu Ross Robinson, ci avrei speso delle parole, perchè penso che l'80% di questo album sia colpa sua...cmq sentiti per curiosità, pessimi prima e peggio adesso |
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2
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57 è un voto molto gentile, soprattutto per il risultato di questo album. ammetto di averlo ascoltato con curiosità dato che a me il deathcore non fa impazzire se non in alcune eccezioni e veleggio più sul metalcore. penso che dei vecchi fans siano andati sicuramente persi e che per averne di nuovi serve qualcosa di più. il problema del cambio di genere è saperlo fare, avere le capacità. gli in flames, qui chiamati in causa, hanno saputo comunque coi loro mezzi e con nuovi strumenti dare vita a qualcosa di valido che trova consensi. i suicide silence invece non lasciano soddisfazione: sebbene spunti interessanti (silence forse è alla lunga la migliore del lotto, per chi come me magari era interessato al loro nuovo modo di esprimersi), la confusione è abbastanza evidente. in ogni caso la band è nota per la sua rigidezza e le sue difficoltà oltre che compositive, anche di sapersi modificare a livello sonoro |
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1
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Ascoltato per mera curiosità...che dire...un clamoroso buco nell'acqua...qualche buono spunto qua e la si trova però sembra un cambio sa di forzato in maniera palese...apprezzo le band che evolvono il proprio sound ma questo cambio totale così repentino è veramente insensato...poteva essere una mossa vincente abbinare il deathcore con il nu metal...e invecehan prodotto un album veramente scadente andando su territori non loro...voto personale 45 |
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INFORMAZIONI |
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Tracklist
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1. Doris 2. Silence 3. Listen 4. Dying in a Red Room 5. Hold Me Up Hold Me Down 6. Run 7. The Zero 8. Conformity 9. Don’t Be Careful You Might Hurt Yourself
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Line Up
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Eddie Hermida (Voce) Chris Garza (Chitarra) Mark Heylmun (Chitarra) Dan Kenny (Basso) Alex Lopez (Batteria)
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RECENSIONI |
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