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29/03/24
ENUFF Z’NUFF
BORDERLINE CLUB, VIA GIUSEPPE VERNACCINI 7 - PISA
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25/03/2017
( 2656 letture )
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All’inizio del millennio nuovo in casa Overkill si assiste a un vero e proprio terremoto di line up e di idee creative, con l’allontanamento della coppia d’asce Comeau/Marino e l’introduzione di un ancora acerbo Dave Linsk a occuparsi di tutte le parti di chitarra per la creazione, in tempi da record, della nuova fatica discografica intitolata Bloodletting. Fatica purtroppo è la parola più azzeccata per definire nel complesso l’approccio all’album da parte dell’ascoltatore ma anche lo sforzo a tratti evidente dei “nuovi” Overkill nella costruzione dei singoli brani della track list, in cui più di metà dei brani passano in modo pachidermico i cinque minuti di durata ciascuno.
La sperimentazione della band newyorkese appare subito evidente con l’opener Thunderhead, un groove thrash condito da molti break rapidi nei bridge tra strofa e ritornello, scandito dal suono saturo di basso del solito D.D. Verni, da una voce forse un po’ sottotono del sempre comunque grintoso Bobby “Blitz” Ellsworth (che però sembra a volte svolgere il compitino assegnatogli più per obbligo che per piacere) e purtroppo da un suono molto ovattato della chitarra di Linsk, non settata in maniera ottimale in fase di registrazione o decisamente penalizzata al momento del mix finale, che non fa mai decollare davvero il brano. Di tutt’altra pasta la seguente Bleed Me, che rispetta al 100% lo stile Overkill con l’alternanza tra momenti accelerati e riflessioni cadenzate (forse un po’ troppo a dire il vero) dando al brano una carica diversa ma lasciando comunque l’amaro in bocca per la chitarra, tanto valida a livello di songwriting, soprattutto nell’assolo, quanto penalizzata per il suono. Lo stesso discorso vale per What I’m Missing, che però gode di un songwriting senza cali di tensione e momenti riflessivi, dando un’impressione generale diversa e riuscendo a nascondere in parte il solito handicap sonoro a discapito della chitarra. Linsk ce la mette davvero tutta per rendere il nuovo corso degli Overkill memorabile o almeno solido e ben indirizzato, dando sfogo a tutte le proprie conoscenze in ambito thrash senza snaturarne troppo l’indirizzo storico, quindi farcendo brani tipo Death Comes Out to Play di cori, sfuriate thrash, assoli al fulmicotone ma anche di divagazioni groove thrash più lente e cadenzate con inserti vocali e di cori a tratti inusuali (I, Hurricane), per evitare di cadere nella trappola del “già sentito”. In fase compositiva si ritrova però al fianco di una figura ingombrante come D.D. Verni e in più di un’occasione si sente la mancanza di una linea chiara e definita da seguire, quasi come se la sperimentazione fosse un obbligo per vedere dove andare a parare: di conseguenza nasce un brano pachidermico come lo slow tempo di Let It Burn contrapposto alla promettente Left Hand Man, aggressiva e ritmata al punto giusto anche se forse un po’ troppo lunga, passando attraverso l’inaspettato lento iniziale di Blown Away, dal mood decisamente debitore dei Metal Church più ispirati, soprattutto nella parte centrale del brano. Fortunatamente ci pensano le conclusive My Name Is Pain e Can’t Kill A Dead Man a dare, anche se senza strafare ma piuttosto mostrando alla lunga un po’ il fianco nelle soluzioni fin troppo stoppate e ritmate, l’ultimo colpo di coda thrash a un album che offre più ombre che luci.
Sia chiaro, gli Overkill sono sempre gli Overkill e non si discutono quasi mai né per la perizia tecnica e la grinta, sempre elevatissime, né per la costanza con cui sfornano album di una qualità comunque più che sufficiente rispetto alla media mondiale, ma è indubbio che in questo Bloodletting ci siano molte influenze “panteriane” che poco c’azzeccano con la band newyorkese, a questo giro debole anche sull’uso dei cori ma soprattutto autopenalizzatasi da una scelta di suoni di chitarra fin troppo zanzarosa e da un mix decisamente sbilanciato verso i bassi. Tempo di cambiamenti l’inizio del nuovo millennio, e prima di trovare la vera quadratura del cerchio ci vorranno ancora alcuni anni di assestamento.
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13
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Tanto tempo che non lo ascoltavo. Nel lungo periodo “di mezzo” della loro attività hanno fatto di meglio, ma anche di peggio. Qui in molte tracce si sente il tentativo di sovrapporre al loro sound di quegli anni alcune caratteristiche più “early-style”. L’album a mio avviso parte alla grande con le prime tre tracce, però poi pian piano si perde. Voto 75 |
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12
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Mai piaciuto tantissimo, è il disco degli Overkill che sento meno. Ma in generale i lavori che partono da Bloodletting (compreso) a Immortalis li snobbo abbastanza, li ho sentiti un paio di volte e non mi hanno mai convinto moltissimo. Preferisco la loro roba anni 90' dovendo scegliere (The Killing Kind ad esempio), o gli ultimi lavori. |
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11
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Per me non esiste un album brutto degli Overkill, e questo non fa eccezione... 85. |
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10
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Lo stavo ascoltando nei giorni scorsi. loro sono leggendari e mitici ma qui non si va oltre il 70. I primi 4 brani mi piacciono un botto poi per me l'album è un pò piatto, soprattutto rispetto ai loro standard. |
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9
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autentiche leggende.....fondamentali. |
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8
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Killbox e Relix ce li ho. Killbox ancora meglio di questo bloodletting. relix non l'ho ancora ascoltato per bene |
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7
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@Mic: Sia "Killbox 13" che "Immortalis" sono abbastanza buoni, "ReliXIV", invece, fa abbastanzaaaaa..vabbé, s'è capito! |
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6
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Sto recuperando alcuni album post wfo e Pre ironbound. Questo è più thrashy dei precedenti due e quindi di maggiore gradimento per me. Concordo che non sia nulla di eclatante ma gli assegnerei un bel 7+. |
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5
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@InvictuSteele: Bè, doom classico non proprio..io, personalmente, lo considero una sorta di grunge à la Soundgarden (che, appunto, si rifacevano ai Black Sabbath) "rivisitato" e, quindi, più potente! Poi, ti consiglio di ascoltare meglio quelli del periodo successivo a "W.F.O." (per me, quello sì che, fu un tonfo..): tipo "The Killing Kind", ad esempio. Saranno pure gusti personali ma, io preferisco di gran lunga la coppia d'asce Comeau/Marino a quella precedente (Gant e Cannavino). |
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4
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@ Metal Shock Io adoro I hear black, molto doom classico. Dal 95 in poi gli Overkill hanno pubblicato una serie di album bruttini, molto Groove ma con poche canzoni degne di nota: penso a questo, a From the underground and belowe, Necroshine, Immortalis... insomma, non proprio album memorabili. |
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3
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Non sarà di certo il loro lavoro migliore, ma I hear black è peggio, ma contiene sempre quelle tre quattro canzoni monstre che mi fanno impazzire. Bleed me, Death comes out to play e le ultime due sono brani bellissimi. Il resto discreto. |
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2
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Eccolo! Pur essendo un disco discreto, ha al suo arco alcune frecce ben scagliate. Inoltre, grazie al nuovo innesto, c'è un ritorno ad un certo solismo perso durante quegli anni votati al groove più estremo! Anche se, pur di non rinnegare niente di quanto prodotto poco prima, qualche scoria è rimasta.. Detto ciò, l'album è quello che è: si ascolta volentieri ma, eccetto quei due o tre pezzi, quello che rimane è poco e, non mi sembra che anche lo stesso gruppo lo consideri granchè come capitolo della loro discografia. Faranno molto meglio nel successivo..probabilmente per un maggior affiatamento dovuto al fatto che, durante i tour di quel periodo, venne inglobato anche un secondo chitarrista (Derek "The Skull" Tailer)! Tra l'altro, c'è anche la testimonianza di questo nel video "Wrecking Everything" del 2002. |
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1
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Uno dei dischi minori degli Overkill, poco centrato e con molti momenti di stanca, ma era il loro periodo di crisi, cercavano di rinnovarsi per non soccombere. Non mi fa impazzire il decennio a cavallo tra gli anni 90 e i 2000, però sono sempre loro, ossia una band incredibile. Confermo il voto della rece. |
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INFORMAZIONI |
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Tracklist
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1. Thunderhead 2. Bleed Me 3. What I'm Missing 4. Death Comes Out To Play 5. Let It Burn 6. I, Hurricane 7. Left Hand Man 8. Blown Away 9. My Name Is Pain 10. Can't Kill A Dead Man
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Line Up
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Bobby "Blitz" Ellsworth (Voce) Dave Linsk (Chitarra) D.D. Verni (Basso) Tim Mallare (Batteria)
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