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19/04/24
MARLENE KUNTZ
NEW AGE, VIA TINTORETTO 14 - RONCADE (TV)
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Winds - The Imaginary Direction of Time
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20/05/2017
( 1013 letture )
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Leggere “neoclassical progressive metal” spaventa chi ha sempre trovato particolarmente tediosa la musica di Yngwie Malmsteen e di tanti altri chitarristi pieni di tecnica ma privi di anima; tuttavia non bisogna per tali motivazioni evitare il genere a prescindere, perché questo è solo un ramo di esso. C’è chi, unendo la musica classica alla musica metal, va alla ricerca di un suono epico e solenne, mettendo da parte il mero esibizionismo e il vanto della propria velocità d’esecuzione. I Winds sono senza dubbio tra questi: un supergruppo in cui figurano tre membri degli Age of Silence (tra cui il grande Hellhammer, ex, tra gli altri, di Arcturus e Mayhem) ed un ex componente degli Arcturus, i quali, con l’ausilio di due violinisti, una violista e un violoncellista, incidono nel 2004 The Imaginary Direction of Time.
Ausilio è riduttivo, visto quanto risulta fondamentale il ruolo degli archi nel sound della band norvegese. Questi aprono i pezzi, intervallano le parti puramente metal e si integrano persino con esse, mettendo alla luce una serie di tracce unite dal saliscendi emotivo che si crea di conseguenza; percepiamo malinconia, oscurità, alle volte qualche ombra di speranza, subito affievolita da armonie sinistre. La sensazione che si prova ascoltandolo è quella di una vera e propria esperienza, un viaggio all’interno di un’unica grande canzone. Ed è questo, forse, il difetto del disco: l’essere concettualmente ripetitivo. Il continuo alternarsi di suggestioni classiche e accelerazioni metal, che ricorrono durante tutta la sua durata, lo rendono troppo uguale a sé stesso, anche se sempre ricercato e raramente banale. Non mancano i pezzi di alto livello: What Beauty Is? e Theory of Relativity riescono a emozionare ma creano aspettative alte, che vengono parzialmente deluse ad ascolto ultimato. Già Visions of Perfection non appaga quanto le due tracce d’apertura: Eikind (basso e voce) non è sempre efficace nel canto, e nonostante un intermezzo agli archi molto cinematografico e intenso e un chitarrista come Carl August Tidemann sugli scudi (qui come in tutta l’opera), già si nota un lieve calo. Proseguendo abbiamo sì dei momenti piacevoli ed anche emozionanti, ma nel complesso i brani risultano sempre meno riusciti di quanto potrebbero essere. Rischia così di diventare noioso da ascoltare tutto d’un fiato, sebbene i musicisti siano sempre impeccabili nei loro ruoli: Andy Winter al piano e alla tastiera regala alcune delle melodie più belle di questi 48 minuti di musica, mentre Hellhammer non è mai protagonista quando non necessario, ma sempre funzionale; si arriva comunque al termine di A Moment for Reflection, o di Beyond Fate, con la sensazione che non ti abbiano lasciato nulla addosso. La formula è sempre la stessa, e quasi si perde fiducia nel valore di questo secondo disco dei WindsWinds. Silence in Despair (ultima traccia prima della strumentale Infinity) rialza l’asticella e fa tornare la sensazione di coinvolgimento emotivo provata ad inizio album: una lentezza sognante che apre a cambi di tempo azzeccati (quasi dal sapore a là Dream Theater), arpeggi acustici, e ad alcune delle linee vocali più belle dell’intera opera. E pare quasi finire troppo presto quando lascia spazio alla succitata Infinity, chiosa simbolica del disco in cui un silenzio di quasi tre minuti spezza centralmente le note del pianoforte di Winter.
Non crediate che voglia dare un giudizio negativo a questo lavoro, che è bello, più di quanto le mie parole abbiano lasciato a intendere. E’ interessante, piacevole, richiama tantissimo la musica classica, citandone vari generi; ma in conclusione sembra un’occasione sprecata, considerando gli artisti che vi hanno preso parte e i tanti momenti degni di nota che, purtroppo, rimangono solo momenti. Ci vuole di più per far innamorare uno che, come me, ama molto alcuni pezzi di musica classica ma non ama tutta la musica classica; difetto che per altri sarà forse punto di partenza per apprezzare questo The Imaginary Direction of Time.
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Il primo album "reflection of the I" per me è stato un vero capolavoro ed è un peccato che non sia stato recensito. "TIDOT" è tecnicamente più elaborato, di più difficile assimilazione ma regala splendide emozioni. |
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Trovato ieri ad una fiera a 5 €, preso al volo apprezzando i vari progetti dei membri: un lavoro di gran classe ed eleganza, alcuni passaggi sono veramente molto belli soprattutto nella parte centrale dell'album, ricordando abbastanza da vicino le sonorità degli Age Of Silence nelle parti cantate. Inoltre lo preferisco e di molto a Reflections Of The I, che trovo un pò troppo forzato. Un disco non per tutte le stagioni ma di pregevole fattura, per me voto 80. |
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INFORMAZIONI |
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Tracklist
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1. What is Beauty? 2. Sounds Like Desolation 3. Theory of Relativity 4. Visions of Perfection 5. The Fireworks of Genesis 6. Under the Stars 7. A Moment for Reflection 8. Time Without End 9. The Final End 10. Beyond Fate 11. Silence in Despair 12. Infinity
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Line Up
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Lars Eric Si (Voce, Basso) Carl August Tidemann (Chitarra) Andy Winter (Tastiera) Jan Axel von Blomberg (Batteria)
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RECENSIONI |
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