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26/04/24
KARMA
CSA RIVOLTA, VIA FRATELLI BANDIERA 45 - VENEZIA
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Theatre of Tragedy - Musique
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26/05/2017
( 2066 letture )
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I'm gonna make a perfect line Gonna make it stick to your mind I won't give up that magic rhyme Got to hear it just one more time
Dichiarazioni d'intenti chiare e alla luce del sole. Non tradimenti, non improvvise -ed inopportune- richieste del mercato discografico, ma una normale e comprensibile voglia di cambiare. Un desiderio -a quanto pare- abbastanza diffuso nella scena gothic di fine millennio. Non furono infatti solo i Paradise Lost a cambiare strada, dirigendosi verso un inaspettato uso della musica elettronica (a partire da One Second), ma anche i Theatre of Tragedy seguirono un percorso analogo. Due band, tra le più importanti per la nascita del gothic metal come lo conosciamo oggi, che abbracciarono quell'approccio elettronico che da anni mieteva successi a livello mondiale in tutte le sue più svariate ibridazioni. Se però la band inglese utilizzò un approccio un po' più graduale al nuovo strumento, i Theatre of Tragedy calcarono invece parecchio la mano, rivoluzionando non solo il loro stile ma anche la formazione, che rispetto ad Aégis perse il secondo chitarrista e addirittura il bassista. Ovviamente non si trattò di una scelta casuale, visto che la semplificazione del lato metal del sound fu pressoché totale. Musique si potrebbe dunque definire come un disco di rock elettronico che in alcuni brani strizza quasi l'occhio al synth pop e sono loro stessi a dirlo all'interno di testi decisamente più essenziali rispetto al passato.
Timbre and tone, I want it synthetic Knobs and sliders, no button pushing matrix Dadaistic, nothing too profound Electric music resounding all around
È importante notare come il termine “elettronico” in questo caso riassuma al suo interno diverse sfumature e significati. L'album è sì orientato e costruito su ritmi e melodie programmati dalla coppia Raymond I. Rohonyi/Lorentz Aspen, ma ha al suo interno brani con caratteristiche molto diverse tra di loro. Se l'apertura con Machine chiarisce fin da subito che la chitarra di Frank Claussen si limiterà ad un riffing abbastanza lineare e a mero scopo di accompagnamento, scopriremo poi che quest'ultimo avrà però diverse intensità, come esemplificato da Crash/Concrete (il brano più rock del disco) o da Reverie, dove verranno abbozzate anche delle piccole parti soliste proprio della sei corde. Se brani come Radio presentano una struttura “quadrata” e dei suoni al limite della musica dance, altri come i due conclusivi Reverie e Space Age, dischiudono una dimensione quasi psichedelica che un po' contrasta con l'atmosfera più diretta del resto dell'album. L'elemento forse più sacrificato -in termini di arrangiamento- è probabilmente invece la batteria, incisa dall'immancabile Hein Frode Hansen, che deve condividere il suo ruolo con le ritmiche programmate da Rohonyi, senza chiaramente mai poter elaborare parti troppo complesse che avrebbero altrimenti scombinato delle strutture così definite. Grandissima importanza hanno invece i sintetizzatori e in questo senso Lorentz Aspen si è sbizzarrito, da un lato mantenendo tutti quegli elementi più d'atmosfera che caratterizzavano da sempre le sue composizioni (archi in particolare), ma da un altro iniziando ad approfondire maggiormente le potenzialità dell'uso di suoni meno convenzionali, perdendosi tra oscillatori e sample vari. La maggior definizione della struttura dei brani ha tra l'altro anche portato ad una maggior separazione nei ruoli delle voci di Rohonyi e Liv Kristine. Se il primo con Musique completa totalmente l'abbandono delle harsh vocals (già iniziato in Aégis), la seconda si concentra perlopiù sui ritornelli, cercando di costruire ogni volta la linea vocale più catchy possibile, senza però mai sacrificare il timbro squillante ed etereo che è sempre stato il suo marchio di fabbrica (e che ha mantenuto anche nei dischi pop da lei prodotti nel resto della sua carriera). Rohony invece si limita a delle parti narrate volutamente “piatte” nelle armonie ma interpretate in modo sicuramente adeguato al contesto, anche grazie ad uso puntuale, ma non troppo spinto, di vari filtri.
L'approccio alla registrazione di Musique fu per forza di cose molto diverso da quanto fatto in precedenza dalla band di Stavanger. La componente elettronica del sound è infatti piuttosto preponderante, sia per quanto riguarda l'impiego più classico dei synth (choirs ed archi) che per quello più sperimentale, con lead più “sintetici” che però finiscono spesso per andare in conflitto con le frequenze di una chitarra già molto contenuta negli arrangiamenti. C'è poi da considerare la difficile integrazione tra la componente ritmica sintetica e quella reale: si trova qualche difficoltà nel distinguere cosa del basso sia sintetizzato e cosa sia stato magari inciso da un membro della band non creditato (come può sembrare in City of Light). La batteria vera appare peraltro parecchio penalizzata in questo senso, non tanto per “presenza”, quanto per una compressione veramente pesante di tutti i suoi componenti (probabilmente per coerenza accanto ai beat elettronici) e sia per dei suoni non perfetti, tra cui un rullante particolarmente vuoto e spento.
Molte sono le cose che si potranno dire su Musique, ma -contestualizzando- è probabile immaginare che ascoltarlo ai tempi dell'uscita e con le orecchie di un fan dei Theatre of Tragedy reduce dal trittico Theatre of Tragedy, Velvet Darkness They Fear e Aégis, non sia stata un'esperienza facile. Il cambiamento fu profondo, repentino e le avvisaglie poche se non nulle. Sarebbe però sbagliato declassare Musique ad esperimento fallito o a volgare tradimento della propria fanbase. Il disco infatti di per sé funziona e -considerato nel suo genere e non rispetto al passato- risulta piacevole all'ascolto, oltre che valido nell'ossessiva ricerca della melodia, in quella dei suoni elettronici e soprattutto nella varietà delle canzoni che lo compongono. Non si tratta quindi probabilmente di un lavoro all'altezza dei dischi più “classici” dei Theatre of Tragedy, ma ci troviamo davanti ad uno di quei casi in cui qualche anno di “prospettiva” ha aiutato, contribuendo a far apprezzare maggiormente i punti positivi di quella che resta comunque la legittima scelta stilistica di una band che ha fatto la storia di un genere.
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7
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Bel disco, coraggioso ed ancora suona fresco. Preferisco però il successivo Aasembly. 80 |
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6
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Eeeeeeee questo misto di gotico e elettghonica eeeeeeee mi ghicoghda il pghimo album dei Curve, Doppleganger ! Anche li, eeeeeeee vi egha un sound eeeeee oscugho mischiato ad un eeeeeeee atmosfegha elletghonica ! Tale band, influenzeghà i Garbage. Scerto, eeeeee non è paghagonabile ad un quadgho dalle tinte ghottesche di un Squillantini, scerto eeeeeeeeeeeeeeee non è paghagonabile ad una dipinto ghomantico/oscugho come un Hayez. Quei lavoghi li, quelle opeghe, sono di un altgho livello ! Eeeeeeee ma davvegho cghedete che acquistando tale album, potghete gheallizaghe un patghimonio da gheghalaghe ai vostghi eghedi ? Ma davvegho pensate che un Gastone Biggi o un Renato Mambor siano paghagonabili a tali album ? EEEEEEEEE non fatemi ghideghe ! |
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5
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Lo presi ai tempi dopo aver visto da qualche parte il video di "Image". Non avevo ascoltato i dischi precedenti del gruppo, l'album in sè mi piaceva ma ricordo come tremenda la voce maschile. Non lo ascolto più da anni ormai, dovrei ripescarlo. Ricordo che però trovai più convincente il successivo "Assembly". |
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4
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Tutt'ora non saprei dare un giudizio a questo disco. Quando l'ho ascoltato per la prima volta (abituata ad A Hamlet for a Slothful Vassal e Der Tanz der Schatten) ho detto "ma che ...?", però poi, ascoltandolo bene, qualche pregio mi è saltato fuori: melodie accattivanti, brani ben strutturati e il coraggio di mettersi in gioco facendo una cosa inaspettata. Crash/Concrete è una di quelle che mi piaceva di più. Nel complesso non mi fa impazzire e ho smesso di ascoltarlo dopo pochi mesi, ma si tratta di gusti personali. Non mi sento di dare un voto, ma penso che i ToT abbiano saputo fare un buon lavoro anche su melodie totalmente diverse dal gothic. E non è da tutti. |
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3
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disco di rottura come un Host o Deep kind of slumber e come nella maggior parte dei casi il suo valore esce fuori con il passare degli anni. Voto 80 |
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2
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Per me un disco pazzesco e coraggioso. 80 senza dubbio |
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1
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La metamorfosi è completa. Aegis resterà, a mio avviso, insuperato, ma anche questo disco ha svariate frecce al suo arco: su tutte Image e l'oscura e bellissima Retrospective. 75 |
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INFORMAZIONI |
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Tracklist
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1. Machine 2. City of Light 3. Fragment 4. Musique 5. Commute 6. Radio 7. Image 8. Crash/Concrete 9. Retrospect 10. Reverie 11. Space Age
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Line Up
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Liv Kristine Espenæs (Voce) Raymond I. Rohonyi (Voce, Programming) Frank Claussen (Chitarra) Lorentz Aspen (Sintetizzatore) Hein Frode Hansen (Batteria)
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RECENSIONI |
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