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Bob Seger - Beautiful Loser
27/06/2017
( 1703 letture )
Imported from Detroit

Così recitava lo slogan conclusivo di uno degli spot più celebri andati in onda durante l’intervallo di un Super Bowl di qualche anno fa, il cui protagonista uno dei tre marchi della Motor City che in un momento di disgrazia per l’intera industria automobilistica sottolineava con orgoglio i natali dei suoi prodotti. Nel mondo della musica, se si pensa a prodotti “importati da Detroit”, viene subito in mente la leggendaria scena degli anni sessanta raccolta intorno ad un nome altrettanto leggendario: Motown Records, negli anni settanta si affacciano gli orrorifici sogni glam di Alice Cooper, l’istrionismo chitarristico di Ted Nugent e riceve la definitiva consacrazione Bob Seger.

Arrivato a metà seventies con ben sette album in studio e una notorietà straripante incredibilmente limitata ai precisi confini del Michigan, il singer ritorna in casa Capitol e nel 1975 sforna il primo disco che avrà un grosso successo commerciale: Beautiful Loser. Il platter contiene tutti gli ingredienti del grande rock a stelle e strisce di quella gloriosa epoca: un gusto melodico raffinato, arrangiamenti concreti e mai banali, la giusta dose di impegno sociale legato a doppia mandata con i racconti di un’America quotidiana, semplice e genuina. Niente luci di Hollywood o lo chic Newyorkese, ma storie di persone ordinarie e autentiche in cerca di quel sogno americano che iniziava a sgretolarsi di fronte alla cruda verità di un’epoca di lotte dure e grandi delusioni. Come Dylan e Springsteen, Bob Seger racconta tutto questo in modo disincantato, ma con un vigoroso messaggio di speranza che si fa comunque strada fra le note. Beautiful Loser è un disco importante anche perché è il primo lavoro che vede la partecipazione di un gruppo di musicisti destinato ad entrare nella leggenda insieme al “capo branco”: la Silver Bullet Band, la versione di Detroit dei ragazzacci della E Street di Asbury Park. Anche se presenti singolarmente in altre tracce i quattro proiettili d’argento impreziosiscono tutti insieme il singolo Nutbush City Limits cover che obiettivamente fa concorrenza sleale all'originale di Ike & Tina Turner: il roco e aggressivo tono di Bob viene perfettamente sostenuto dal riffing tirato di Drew Abbott che si lancia anche in virtuose incursioni solistiche insieme all’organo, tutto viene egregiamente guidato dalla solida sezione ritmica in un crescendo francamente irresistibile. Il resto del disco, suonato in modo impeccabile dalla Muscle Shoals Rhythm Section alterna momenti più intimisti legati al mood delle precedenti uscite e rock’n’roll più sprezzanti e sfrenati. Della seconda categoria fa parte il singolo di maggior successo del disco la scatenata Katmandu con un piano boogie, linee vocali che più rock non si può così come lo stacco centrale di chitarra in pieno stile Chuck Berry a cui segue un terremotante solo di armonica e di sax. Si aggiunge con orgoglio a questo duo la funkeggiante Black Night in cui a farla da padroni sono una sezione ritmica che porta il groove al massimo, supportata dai fiati e dal piano rendendo quasi impossibile non tenere il tempo con un piede mentre la si ascolta. Il lato più morbido e riflessivo di Bob Seger si manifesta nelle restanti tracce che perdono l’irruenza energetica in favore di un maggiore impatto emotivo, supportate da arrangiamenti leggeri, ma sofisticati, sullo stile degli immortali Eagles: la Title track è una piccola perla di rock americano in cui si staglia l’ugola graffiante del nostro; il folk prende spazio nella dolce Jody Girl accompagnata da una leggera chitarra acustica e dal piano. Altro momento memorabile è Travelin' Man impregnata fino all’osso di poetica della frontiera dell’America autentica, con il viaggio come stile di vita e non come mezzo per andare in un luogo preciso; un immancabile inno alla figura materna Momma, ha il pregio dei sentimenti più veri ed è impreziosita da un grandissimo assolo di chitarra. Chiudono il disco la struggente Sailing Nights con una prova da antologia di Bob e la delicata Fine Memory.

Beautiful Loser fece conoscere all’America intera il talento di Bob Seger fino a quel momento gelosamente custodito nella Motor City, spalancando le porte di un successo che arriverà in modo prorompente con i capolavori Night Moves e Stranger in Town. Lo spessore qualitativo di questo disco è innegabile grazie al perfetto equilibrio tra l’anima più rock e quella più intimista, come scrisse Rolling Stone, Bob canta come Rod Stewart e scrive come Bruce Springsteen a cui aggiunge il supporto di una serie di musicisti di altissimo livello.
Un pezzo imprescindibile del rock a stelle e strisce orgogliosamente importato da Detroit.



VOTO RECENSORE
85
VOTO LETTORI
90 su 1 voti [ VOTA]
Eagle Nest
Mercoledì 28 Giugno 2017, 12.14.18
1
Dispiace sempre che un grande artista come Seger non abbia un forte riscontro in ambito metal, nonostante la grande pubblicità fatta a suo tempo dai Metallica. Springsteen lo conoscono tutti, Seger a quanto pare nessuno. Il che la dice lunga anche sulla presunta "diversità" del pubblico metal rispetto al così detto mainstream.
INFORMAZIONI
1975
Capitol Records
Rock
Tracklist
1. Beautiful Loser
2. Black Night
3. Katmandu
4. Jody Girl
5. Travelin' Man
6. Momma
7. Nutbush City Limits
8. Sailing Nights
9. Fine Memory
Line Up
Bob Seger (Voce, Chitarra, Armonica)

Muscle Shoals Rhythm Section
Jimmy Johnson (Chitarra)
Pete Carr (Chitarra)
Barry Beckett (Tastiere, pianoforte)
David Hood (Basso)
Roger Hawkins (Batteria)
Spooner Oldham (Organo)

Muscle Shoals Horns Section (Nella traccia 3)
Harrison Calloway (Tromba)
Ron Eades (Sassofono)
Charles Rose (Trombone)
Harvey Thompson (Sassofono)

Silver Bullet Band (Nella traccia 7)
Drew Abbott (Chitarra)
Chris Campbell (Basso)
Charlie Martin (Batteria)
Robin Robbins (Organo)

Musicisti ospiti
Drew Abbott (Chitarra nelle tracce 2 e 3)
Kenny Bell (Chitarra nella traccia 3)
Tom Cartmell (Sassofono nella traccia 7)
Paul Kingery (Assolo di chitarra nella traccia 7)
Robyn Robbins (Mellotron nella traccia 4)
Stoney & Rocky (Backing vocals nella traccia 3)
 
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