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Mastercastle - Wine of Heaven
30/06/2017
( 1829 letture )
A circa tre anni di distanza dal precedente Enfer (De La Bibliothèque Nationale), tornano sotto le luci della ribalta i Mastercastle di Pier Gonella. La band del noto chitarrista gode da tempo di un certo status tra gli appassionati e nel corso degli anni si è sempre dimostrata affidabile. Preso atto della sopravvenuta necessità di sostituire il batterista Francesco La Rosa, ormai non più in grado di garantire la necessaria continuità nelle prestazioni a causa dei suoi molteplici impegni e provveduto all’incombenza con l’inserimento di Alessio Spallarossa (Sadist), i Mastercastle producono con Wine of Heaven un lavoro che apparentemente si muove solo nel solco della continuità, ma a ben guardare presenta anche delle novità interessanti. Non tanto nel modo di scrivere, quanto come produzione.

Partiti da un’idea di Giorgia Gueglio che mirava a raccontare un concept sul vino, con tanto di canzoni dai titoli riguardanti appunto vini e vitigni (suo anche lo spunto per la cover, realizzata da Massimiliano Mendolia degli Ancestral), i Mastercastle hanno poi deciso di ripiegare su una soluzione più tradizionale, mantenendo i riferimenti al vino nel titolo e passando ad un concetto di Nettare degli Dei più mistico, bevanda capace di svincolarci dalla realtà se troppo negativa e “per viaggiare tra i meandri della mente”. Almeno altrettanto interessante, comunque, analizzare il lavoro svolto in fase di registrazione con un prima ed un dopo dai precisi connotati stilistici. Muovendo dal presupposto che Wine of Heaven doveva suonare in modo un po’ diverso e/o moderno rispetto al passato, le chitarre risultano qui notevolmente ed organicamente ribassate, dando alla maggior parte dei brani tinte maggiormente oscure ed efficaci, in particolare in quelli basati su tempi medi. Ciò ha consentito di valorizzare in modo molto più evidente e per sottrazione le parti vocali, decisamente più in primo piano che in passato. Interessante anche la scelta di evitare il passaggio della pre-produzione, in modo da conferire un’attitudine molto immediata alla scaletta, ma di lavorare più del solito sull’elettronica in post-produzione. Le canzoni risultano adesso più snelle, dirette ed eleganti, con il cantato della Gueglio che si amalgama ottimamente alla cifra stilistica dell’album, risultando meno aggressiva e più levigata del solito. Tuttavia, al di là della estrema scorrevolezza della scrittura e della sicurezza delle esecuzioni, con la voce posta volontariamente davanti al resto e gli assoli di Gonella -il quale si occupa anche delle tastiere- di gran gusto e molto adeguati al mood dei brani, con gli altri strumenti leggermente sullo sfondo (specialmente la batteria, non troppo incisiva), non ci sono pezzi di qualità superiore all’interno di una scaletta caratterizzata anche dalla presenza di due cover. Tutto fluisce senza inciampi, con perizia, con tratti talvolta sognanti, come nel mid iniziale Drink of Me, o in modo diverso nella drammatica ballad firmata Vawamas Black Tree’s Heart, talaltra aggressivi (Space of Variations, Hot As Blood, Wine of Heaven, Enlightenment), altre volte in modo da valorizzare ancor di più le linee vocali della Gueglio (Shine on Me) ed in ogni caso sempre in modo almeno gradevole, ma senza mai piazzare il colpo del knock out. In coda sono posizionate le due cover, molto diverse l’una dall’altra: Castle in the Sky metallizza in modo ricercato la composizione originale di Joe Hisaishi per la colonna sonora de Laputa - Castello nel cielo / Tenku no shiro Rapyuta del maestro Hayao Miyazaki; Making Love è invece la riproposizione in chiave Mastercastle del brano di Malmsteen del ’90.

Wine of Heaven è un album ricercato, addirittura chic (anche la scelta di aprire con un pezzo come Drink of Me risponde a questa logica), potente nei suoni delle chitarre, fresco, maturo, sincero ed addirittura intimo in vari passaggi, in linea con alcune delle tematiche trattate che si rifanno ai sentimenti umani. Da rispettare anche perché evita di cadere nella trappola del dover sbrodolare note e canzoni oltre il necessario, contenendo tutto in circa quaranta minuti distribuiti in nove canzoni. Mancano però quei due o tre pezzi in grado di colpire oltre la forma e la capacità di costruirla, quelli che ti fanno venire voglia di risentirli subito, trascinando anche i brani “normali”. Il tutto anche a causa della ripetitività di alcuni schemi base nella costruzione delle canzoni più tirate in particolare, che abbassa inevitabilmente l’impatto emotivo dell’opera nel suo complesso. Persino il fade out finale di Making Love trasmette una sensazione di sospeso, di non perfettamente messo a fuoco che lascia un po’ di amaro in bocca. Album che basa la sua forza sul controllo della stessa, tanto che è complessivamente meno aggressivo della media dei precedenti, Wine of Heaven è un CD godibile e ben costruito, ma senza quella scintilla compositiva che fa la differenza tra un buon disco ed uno che ti rimane dentro.



VOTO RECENSORE
70
VOTO LETTORI
75.75 su 4 voti [ VOTA]
Ingo
Giovedì 27 Luglio 2017, 20.16.59
3
A me questo disco piace, anche se è meno tirato rispetto ai precedenti... ascoltato su spotify
Raven
Martedì 4 Luglio 2017, 18.49.11
2
Non credo, è un lavoro molto curato in ogni aspetto della produzione, non è certo tirato a correre per obbligo. Semplicemente, manca il guizzo. Forse la troppa ricerca della cura del particolare ha un po' depresso la verve, può capitare.
Le Marquis de Fremont
Martedì 4 Luglio 2017, 18.12.11
1
Va naturalmente sottolineato che tutto quello che parla di vino è interessante a prescindere, da qualsiasi angolazione lo si proponga. Quindi chapeau all'idea. Poi, sono d'accordo con le conclusioni del sempre eccellente Monsieur Raven. In effetti, mancano quei due o tre pezzi che elevano il disco e che ti danno la voglia di riascoltare. Siamo sempre su ottimi livelli. Questa band sa fare ottima musica e sono molto piacevoli da sentire. Ma qui, sono meno coinvolgenti degli album precedenti. Forse hanno voluto produrre questo lavoro, magari anche per questioni di contratto. Trovo la parola "sospeso" la più azzeccata per definire Wine of Heaven. Just in between. Au revoir.
INFORMAZIONI
2017
Scarlet Records
Neoclassico
Tracklist
1. Drink of Me
2. Space of Variations
3. Wine of Heaven
4. Hot As Blood
5. Shine on Me
6. Black Three’s Heart
7. Enlightenment
8. Castle in the Sky
9. Making Love
Line Up
Giorgia Gueglio (Voce)
Pier Gonella (Chitarre, Tastiere, Programming)
Steve Vawamas (Basso)
Alessio Spallarossa (Batteria)

Musicisti Ospiti:
Davide Dell’Orto (Cori)
Claudio Galbiato (Cori)
Andrea Ranfa (Cori)
Andrea Vulpani (Piano nella traccia 6)
Francesco La Rosa (Batteria nella traccia 9)
 
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