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Riverdogs - California
08/07/2017
( 1544 letture )
Abbiamo più volte sottolineato come l’assenza di nuove superstar in ambito metal, salvo poche eccezioni e neanche da tutti condivise -leggi Alter Bridge-, ha da tempo scatenato una feroce corsa all’indietro, come in un replay disperato che pretende di ripercorrere la pellicola al contrario, per andare a ritrovare quelle emozioni, quell’atmosfera, quel tempo magico che per molti sono stati gli anni Ottanta o, al limite, i primi anni Novanta. Una nostalgia di un tempo per alcuni neanche vissuto, che giustifica ogni ripescaggio e ogni reunion, da band ultrafamose scomparse nel nulla per mille motivi, a band che anche all’epoca restavano nell’underground e che possono vantare l’unico merito di "esserci stati", in questa mitica Epoca dell’Oro, quando i dischi si vendevano in milioni di copie e diventare una rockstar era un sogno difficile, difficilissimo, ma possibile e, spesso, significava raggiungere davvero la cima del mondo. Tra i tanti inascoltabili album che arrivano oggi, 2017, al vaglio della critica -sempre più nutrita- e del pubblico -sempre più ridotto-, la Frontiers Music, vera e propria istituzione del "hard rock/metal che fu", ha deciso di ridare fiducia ad una band che riuscì ad attirare diverse attenzioni, nell’ormai lontano 1990 col suo album di debutto: parliamo dei Riverdogs. Il gruppo nasce attorno a Rob Lamothe e Nick Brophy, i quali, fondata la band a fine degli anni Ottanta, arrivarono ad incidere il primo album. Si trattava di musica così convincente che il produttore, un certo Vivian Campbell (per i più distratti, chitarrista di Sweet Savage, Dio, Whitesnake, Shadowking, Def Leppard e Stand in Line), decise seduta stante di entrare in pianta stabile nella band fornendo i propri servigi di solista di lusso. Nonostante il buon responso di critica e pubblico, il gruppo dopo l’uscita dell’album si ritrovò senza contratto e si sciolse, salvo poi tornare con il secondo album, Bone, nel 1993, a cui seguì Absolutely Live nello stesso anno. Il silenzio accolse nuovamente i Riverdogs fino al 2011 quando un nuovo album World Gone Mad tornò a far circolare il nome della band. Evidentemente, i quattro si divertono e molto a suonare insieme, ma non hanno modo di dare alla band una continuità più regolare oppure aspettano semplicemente di avere del materiale di cui siano davvero soddisfatti. Fatto sta che dopo altri sei anni, ecco qua che questi "ragazzi" tornano alla carica con California, quinto album ufficiale e nuovo tassello nella loro particolare storia.

Chi conosce la band sa che rispetto alla musica che circolava all’epoca, i Riverdogs snobbarono totalmente il versante glam dell’hard rock, per andare piuttosto a ricercare nella vena blues rock e nell’hard inglese il proprio habitat naturale. Una scelta sicuramente meno premiante da un punto di vista di successo immediato, ma che alla lunga dimostra la sincerità e anche l’ottima ispirazione che ancora scorre nei solchi dei loro album. Fa ancora molto piacere sentire la bella voce di Rob Lamothe ergersi calda e pulita come un tempo in mezzo a questi brani di infuocato hard rock. Un cantante di gran valore, con la sua timbrica caratteristica e fortemente interpretativa, al servizio dei brani, ma capace di intessere una robusta tela che avvolge l’ascoltatore e lo rende partecipe della musica. California non è però uno one-show per Lamothe: il calore che queste canzoni sprigionano è ancora una volta benefico e senza alcun fuoco d’artificio a coprire mancanze di ispirazione e songwriting. Qua tutto gira a meraviglia, la musica si fa strada nel cuore senza ricercare colpi ad effetto che non siano belle melodie, arrangiamenti semplici ma studiati, bei riff e assoli di alto livello. Una formula semplicissima, niente di innovativo, eppure con una personalità talmente evidente che è impossibile non riconoscere subito la band dietro allo spartito. La partenza di American Dream è scoppiettante e piace soprattutto la buona melodia del ritornello, mentre piano piano il gruppo sembra scaldarsi. Già The Revolution Starts Tonight alza decisamente il livello, confermando la capacità dei Riverdogs di scrivere canzoni ammalianti, quasi magiche, con pochi semplici accorgimenti se non una ottima linea melodica, un riffing efficace e il solismo splendido di Campbell; gran pezzo, da ascoltare a ripetizione. Something Inside è un bluesaccio lento e sornione, nel quale a dominare è ovviamente Lamothe, in pieno stato di grazia. Se pensate che questa estate sia bollente, non avete ancora sentito cosa può diventare con questa canzone. Golden Glow si apre su un nuovo arpeggio sognante e acquista in elettricità nel proseguo, mantenendo sempre un andamento rallentato e languido, da pomeriggio assolato passato in veranda a sorseggiare limonata. Un mood che anche You’re Too Rock’n’Roll sembrerebbe voler mantenere, ma con una tensione e una leggera oscurità che emerge qua e là, con un controllo della dinamica esemplare e il consueto refrain perfetto condito dal solito ottimo assolo. Cosa chiedere di più? Forse un dinamismo più insistito non avrebbe guastato, visto che la successiva e ottima The Heart Is a Mindless Bird mantiene di fatto le stesse caratteristiche nella prima parte, per poi lasciare briglia sciolta a Campbell nella finalmente indiavolata parte finale. Come a leggere che il pubblico ha ora fame di velocità, ecco arrivare Searching for a Signal, brano decisamente più ritmato dei precedenti, pur sempre mantenendo l’impronta tipica del disco, con tanto di rallentamento centrale. Tempo per calare un colpo vincente e Welcome to the New Disaster arriva puntuale, con una vena leggermente epica che ne esalta la riuscita e piacevole melodia. Ten Thousand Reasons è ancora una bella canzone, costruita ad arte, tra accelerazioni e rallentamenti nei quali si mette in luce anche la sezione ritmica e un bridge che fa venire i brividi. Sempre tutto apparentemente semplice e lineare, ma che classe enorme. Catalina torna a rockeggiare amabilmente con ottimi risultati, ma è la successiva Don’t Know Anything a lasciare ancora una volta il segno, mettendo in luce tutto il meglio della musica dei Riverdogs, a partire dalla suadente voce di Lamothe, per arrivare ai soli fiammanti di Campbell e alla elegante sezione ritmica di Brophy e Danzeisen, al servizio di una canzone perfetta nella sua semplicità drammatica e carica di pathos.

Tra i tanti ritorni di dubbio spessore, probabilmente quello dei Riverdogs non è certo uno dei più eclatanti. Il nome non è di quelli da prima pagina e quel primo disco di discreto successo uscito ventisette anni fa probabilmente è stato dimenticato dai più. Eppure, se si lascia parlare la musica, California è un album che farà la felicità dei molti che all’apparenza preferiscono la sostanza. Rock di grande spessore, fatto da interpreti di livello, pochissimo fumo e tanta concretezza. Colpisce in particolare l’atmosfera tutto sommato rilassata e languida del disco, che riflette benissimo il calore californiano, con quelle necessarie incursioni nel blues a completare il quadro di un hard rock elegante e sentito, interpretato col cuore di chi sa come scrive una grande canzone e la sa poi rendere attraverso quelle intangibili qualità che sono la classe e il mestiere. Non è il disco dell’anno e come detto manca appena di dinamismo, pur senza mai annoiare, ma California è davvero un gran bel ritorno, molto consigliato. Per chi volesse avere notizie sullo stato di salute di Vivian Campbell, dopo l’annuncio shock del tumore che lo ha colpito qualche anno fa, questo disco non può che essere la miglior risposta possibile da parte di un grande artista, che merita tutto il rispetto possibile.



VOTO RECENSORE
79
VOTO LETTORI
0 su 0 voti [ VOTA]
AndreA
Mercoledì 12 Luglio 2017, 11.32.28
4
Scoperti all'interno di un pub irlandere dopo l'uscita di Bone. Erano nel pub a suonare live ed in versione acustica. E mi dissi dentro di me: Bravi questi quà, mi comprerò un loro cd. Confermo, Bravi.
Graziano
Sabato 8 Luglio 2017, 10.46.51
3
Primo album ristampato di recente dalla grande Rock Candy con parecchie bonus. Piccolo capolavoro per chi ascolta hard rock e secondo me non così dimenticato. Questo nuovo album non vedo l'ora che mi arrivi.
lux chaos
Sabato 8 Luglio 2017, 9.23.16
2
Primo album eccezionale, ascolterò questo appena riesco!
Metal Shock
Sabato 8 Luglio 2017, 9.03.27
1
Il primo omonimo album è un piccolo gioiello passato incredibilmente inosservato ad inizio anni 90' con un grandissimo Campbell. Questo lo devo ascoltare ancora ma già i brani sentiti in anteprima e la recensione del buon Lizard mi fanno ben sperare in un'ottimo album. Ripasso, a presto.
INFORMAZIONI
2017
Frontiers Music
Hard Rock
Tracklist
1. American Dream
2. The Revolution Starts Tonight
3. Something Inside
4. Golden Glow
5. You're Too Rock'n'Roll
6. The Heart Is a Mindless Bird
7. Searching for a Signal
8. Welcome to the New Disaster
9. Ten Thousand Reasons
10. Catalina
11. Don't Know Anything
Line Up
Rob Lamothe (Voce, Chitarra)
Vivian Campbell (Chitarra, Cori)
Nick Brophy (Basso, Tastiera, Cori)
Marc Danzeisen (Batteria, Cori)
 
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