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19/04/24
DESPITE EXILE + LACERHATE + SLOWCHAMBER
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Bongripper - Hippie Killer
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09/09/2017
( 1426 letture )
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Un misto di sludge, post, doom e psichedelia malsana: la musica dei Bongripper è un omicidio. Forse non è un caso che la band sia originaria di Chicago, la città con il più alto tasso di omicidi in tutti gli Stati Uniti d’America. I Bongripper sono pericolosi. Quattro musicisti capaci di creare atmosfere feroci e terrificanti, di un’inaudita violenza claustrofobica. Un altro elemento certamente non casuale sono i titoli che definiscono la loro musica (quasi) prettamente strumentale. Hippie Killer, ad esempio, è un nome che esprime perfettamente il sound della band, catturato dall’incredibile lavoro di registrazione del chitarrista Dennis Pleckham: 80 minuti che contengono, a conti fatti, solamente cinque pezzi veri e propri, raccordati da intermezzi di varia natura; un’esperienza all’interno di alcune delle più tremende emozioni che la vita predispone, messe in musica dai Bongripper.
Tranny Ride, un intro ai limiti dell’onirico, apre le porte al riffone sludge di Reefer Sutherland, forse il pezzo più bello di tutto il disco; sicuramente il più esemplificativo. C’è tutto, dalle divagazioni delle chitarre sulla base ritmica di basso e batteria, al doom tirato, (come detto sopra) allo sludge sporco, marcio. La prima metà è molto dinamica, ricca di variazioni ispirate, da puro headbanging; la seconda si sviluppa tutta su un giro di basso à la Isis, sul quale i due chitarristi giocano con la propria effettistica, creando atmosfere che spaziano dallo psych al post rock. Sul finale la tensione sale e i Bongripper sfogano tutto il loro male di vivere in un saliscendi molto reminescente dello stile dei primi Mogwai. L’album prosegue con l’ambient malato di Osaria, breve preambolo della sfuriata Terrible Bear Attack, unico pezzo del lotto (per modo di dire) cantato. Il testo stringato dà ulteriore senso al titolo dell’opera, ma è il pezzo in sè a trasmettere una cattiveria inaudita, con una manciata di riff spaccaossa che sembrano voler distruggere tutto ciò che li circonda. L’inquietante e disagiante Je M’appelle conduce a The People Mover, splendida traccia che si regge su un’altra fantastica linea di basso del fondamentale Ronald Petzke. Dopo la scarica d’adrenalina di partenza, Pleckham e Dellacroce cominciano a evocare nuovi scenari musicali, seguendo la scia dello space rock oscuro degli Hawkwind. L’incredibile lavoro sull’atmosfera attuato di ogni membro del gruppo è sempre più tangibile, anche nell’outro puramente sludge del brano, che pare traghettare l’ascoltatore verso gli abissi più profondi dell’inferno. Ancora un intermezzo, Droid Developer, suggestivamente futuristico (quasi bladerunneriano), anticipa Charlie, Burt Reynolds Has Got Shit on You, per comodità abbreviata in Charlie. Diciassette minuti in cui i quattro si giostrano sullo stesso giro di accordi senza essere in alcun modo ripetitivi: lavorano senza sosta su dilatazioni d’improvvisazione di matrice psichedelica, in un pezzo privo di ogni briciolo di speranza. Le trame delle chitarre raggiungono forse l’apice, tramite arpeggi incrociati, distorsioni riverberate e dissonanze sparse qua e là. I Bongripper tirano fuori tutto il possibile da un paio di accordi, scavando profondamente nell’essenza dell’idea di musica, distrutta ma allo stesso tempo paradossalmente riportata al suo stato primordiale. Charlie è il pezzo più emotivo e malinconico di Hippie Killer, un trattato musicale sulla triste e angosciosa condizione dell’essere umano. La premessa del pezzo di chiusura è Thanks for Sticking Around, una traccia drone di otto minuti, ostica e autoindulgente. Her Highness invece è una folle cavalcata doom su un tempo mai domo, in continuo mutamento. L’unico accompagnamento all’indecifrabile raffica di tempi dispari è la lap steel del chitarrista Mike Hayden, che fa del noise il suo punto di forza. Difficile quanto l’intermezzo che la precedeva, la chiosa dell’album è di un’ossessività estenuante, ma incredibilmente magnetica. Dopotutto, dopo la prima ora e dieci dell’opera, chi ascolta è ormai pronto a tutto. La dissolvenza finale è brevissima e, seppur siano passati 13 minuti dall’inizio del brano, improvvisa, come fosse una sfida all’ascoltatore a far ripartire immediatamente il disco, dal principio.
Hippie Killer è un lavoro impressionante, mastodontico nel senso migliore del termine. La band di Chicago riesce nel non facile compito di creare qualcosa di inventivo e originale, a volte con una freddezza quasi glaciale, altre volte con un rassegnato calore. Non cessa mai di stupire; lascia qualcosa a chi le si avvicina, una serie di sensazioni astratte che si fanno concrete mano a mano che i brani si prolungano per minuti e minuti. A questo punto è bene ripeterlo: la musica dei Bongripper è pericolosa.
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Meritevoli i Bongripper, con canzoni lunghe e incessanti con uno stoner eclettico: nel sottosuolo di varie melodie cupe di decadimento, pesanti, infestate a dar emozioni forti disperate all'ascoltatore più intransigente altalenando alle più calme. Psichedelia, canzoni lunghe, ma come se fossero tante, pura musica emozionale da musicisti che sanno mettere su disco gradimento...e non come certe realtà nuove...come un cane che si mordono la coda. Qua la longevità è tanta e a me fa un effetto di tornare all'ascolto ancora del disco. Da quando li connobbi non li ho più lasciati. Una delle migliori realtà sludge/doom metal del duemila che mi ha incuriosito maggiormente, che possono sfidare gli alfieri del genere. Il logo oltretutto è troppo figo. Per un disco autoprodotto di tale qualità può essere solo un vanto per una band, ristampato solo sei anni dopo dalla loro futura casa discografica la The Great Barrier Records, come tutti i primi dischi, a suon di note positive dalla critica. Valutazione corretta, 87. Al prossimo viaggio distorto amici miei |
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INFORMAZIONI |
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Tracklist
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1. Tranny Ride 2. Reefer Sutherland 3. Osaria 4. Terrible Bear Attack 5. Je M’appelle 6. The People Mover 7. Droid Developer 8. Charlie, Burt Reynolds Has Got Shit on You 9. Thanks for Sticking Around 10. Her Highness
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Line Up
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Dennis Pleckham (Chitarra) Nick Dellacroce (Chitarra) Ronald Petzke (Basso) Daniel O’Connor (Batteria)
Musicisti Ospiti: Mike Hayden (Lap steel nella traccia 10)
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RECENSIONI |
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