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ALCHEMICA MUSIC CLUB, VIA DEI LAPIDARI 8B - BOLOGNA

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Holy Martyr - Still at War
23/09/2017
( 2014 letture )
Riassumere in poche righe il susseguirsi delle vicende che dal 1994, anno di fondazione, hanno portato i conterranei Holy Martyr al sospirato esordio discografico non è compito facile. Tortuoso e colmo di insidie, infatti, è stato il cammino iniziale della creatura del chitarrista Ivano Spiga, i primi anni impegnato anima e corpo nella ricerca di componenti stabili che consentissero di portare avanti il progetto con continuità. Emblema di questa vacillante situazione fu il primo demo del 1998, rimasto parzialmente incompleto a causa di un organico ancora orfano di un cantante. Il ruolo verrà non tardi rivestito dal fido Alex Mereu, ad oggi unico superstite, assieme allo stesso Spiga, della line-up che incise il primo EP Hatred and Warlust, datato 2002.
Frattanto, le scure nubi dello scioglimento persistevano nell’incombere sui nostri per via di problemi economici e logistici, posteriori alle ultime sessioni di registrazione, che hanno seriamente minato un futuro ora più che mai incerto. Ciononostante, il verbo del Sacro Martire aveva già iniziato a diffondersi nell’underground europeo, incontrando l’entusiastico favore di una nutrita schiera di fan, gli stessi che si renderanno protagonisti di un episodio che solo in tempi recenti è divenuta una prassi collaudata: l’organizzazione di una raccolta fondi collettiva per supportare e finanziare la pubblicazione di nuovo materiale. Tali brani andranno a costituire la tracklist del secondo EP Hail to Hellas, cui fa seguito un terzo, Vis et Honor, che valgono le attenzioni della Dragonheart, etichetta di proprietà di Enrico Paoli, mastermind dei Domine, e la meritata firma del contratto per le stampe del primo full-length.
Dunque, nel 2007 vede finalmente la luce Still at War, un titolo più che mai significativo, la dichiarazione di una band che, a scapito di un tumultuoso e difficile passato, è ancora sul campo, pronta a dare battaglia con otto tracce, la maggior parte delle quali già inserite nei demo precedenti, musicalmente improntate sull’heavy metal epico ed ottantiano di act quali Iron Maiden, primi Manowar, Omen e b>Manilla Road.

Anticipato dall’esplicativa grafica di copertina, si entra nel vivo di questo immaginario guerresco con Legion’s Oath (March of the Legionaries), introduzione dal sapore cinematografico che fa da preambolo a Vis et Honor. Caratterizzato da un riffing di evidente matrice old school e da un incedere potente come una cavalcata, il pezzo si sviluppa secondo gli ottimi fraseggi dei compagni d’ascia Spiga ed Eros Melis, ed abilmente interpretato da Mereu, con il suo approccio vocale aggressivo e mai troppo alto nelle frequenze che un orecchio attento può facilmente accostare a quello di Mark Shelton, storica ugola degli americani Manilla Road. Un vero e proprio inno a Roma, presto divenuto uno dei più conclamati successi per il suo coro epico e trascinante. La successiva Ares Guide My Spear ribalta invece il registro stilistico, in questo caso prevalentemente impostato su velocità contenute nelle quali il mai celato apprezzamento per la Vergine di Ferro costituisce una ricorrente fonte d’ispirazione. Per di più, le linee di voce si sposano perfettamente con i pattern disegnati dalle sei corde, determinando un progressivo crescendo che culmina nel trascinante ritornello.
Tale moderazione nelle ritmiche viene parzialmente accantonata nella bellicosa Warmonger, costruita su partiture thrashy sostenute dal poderoso drumming di Daniele Ferru, che percuote i suoi tamburi con veemenza, concedendo tregua solamente nello spazio dedicato all’immancabile inserto solistico. Non solamente avvezzi a componimenti diretti e lineari, gli Holy Martyr mostrano audacia nel cimentarsi anche nella riuscitissima suite Hatred is My Strenght, che in quanto tale si configura come una composizione eterogenea e di consistente minutaggio. Sempre sugli scudi, Spiga e Melis macinano una quantità considerevole di riff, combinati fra loro con logica e creatività in un lungo viaggio sonoro nel metallo vecchio stampo. Speciale menzione per Mereu, bravissimo nel modulare adeguatamente il proprio spettro vocale contestualmente alla variazione della tensione emotiva. La seguente From The North Comes the War sottolinea la particolare predilezione per i lidi melodici, distinguendosi per la bellezza e il coinvolgimento del refrain. Nel momento centrale, delicati arpeggi e l’elegante basso di Rob Frau impreziosiscono con classe una parentesi ricca di atmosfera e pathos, prima della repentina accelerazione che da vita ad un solo di grande gusto.
L’inaspettata influenza della musica progressive, rimasta finora evidentemente latente, si manifesta con vigore in Hadding Garmsson (Son of a King), dimostrando che la via per l’epica musicale può essere percorsa in maniera tutt’altro che univoca, studiando schemi compositivi differenti, non mancando di strizzare l’occhio a certe soluzioni tanto care alla compagine di Steve Harris. Dal mid-tempo iniziale, la canzone si articola in corposi momenti strumentali, durante i quali i due chitarristi danno sfoggio della propria perizia tecnica nella messa su pentagramma di assoli dalle mutevoli sfumature stilistiche.
In contrapposizione a siffatta complessità, Ave Atque Vale racchiude nella sua struttura lineare tutti i temi peculiari dell’Holy Martyr sound, concludendo il disco sugli echi di un chorus ancora una volta glorioso e magniloquente.

Esattamente due lustri sono trascorsi dall’uscita di questo debut, quali sono le considerazioni che possono essere tratte?
Certamente, a fronte dell’evoluzione dei platter a seguire, Still at War può legittimamente risultare un prodotto ancora acerbo. Tuttavia, collocandolo nella propria dimensione temporale e dopo approfonditi ascolti, la quantità di idee presenti, la competenza esecutiva e la cura dei dettagli in fase di songwriting, unitamente all’aspetto prettamente emozionale, divengono prerogative decisamente sopra la media per dei musicisti alla prima esperienza discografica di rilievo. La maggiore pecca risiede nella registrazione, non tanto per una questione di bilanciamento dei suoni quanto per la pulizia e qualità degli stessi. In ogni caso, è doveroso precisarlo, questa non intacca in alcun modo i brani, attribuendo loro, sotto certi punti di vista, un tocco vintage che potrebbe comunque soddisfare chi non ama le produzioni plastificate ed eccessivamente cristalline.
Still at War, inoltre, ha una non trascurabile importanza intrinseca. È il coronamento di anni di sudore e sacrifici, il giusto riconoscimento del duro lavoro di un gruppo di ragazzi che ha sempre creduto alla sua realizzazione, un album sincero e genuino, suonato da veri fan del metal per veri fan del metal. Pertanto, un plauso va rivolto al lungimirante Enrico Paoli per aver dato una chance agli Holy Martyr promuovendo sul mercato questo autentico gioiellino, dando così l’incipit alla carriera di una band che oggi siede di diritto al tavolo dei grandi nomi del metal tricolore.



VOTO RECENSORE
87
VOTO LETTORI
88.33 su 3 voti [ VOTA]
ObscureSolstice
Domenica 24 Settembre 2017, 20.04.31
3
TO FIGHT...TO KILL..FOR HONOUR!!!! Fight and kill tonight for honour....Metal Warmonger the valkyries fly...Screaming for vengeance hear my battle cry!!! Metal warmonger pleasures of the war....Ecstasy of battle slaughterin' 'EM ALL!!!!!
Luky
Domenica 24 Settembre 2017, 15.21.31
2
Bo, andrò controcorrente ma sinceramente questo album non mi è mai piaciuto, sarà che amo poco il genere.
InvictuSteele
Sabato 23 Settembre 2017, 13.03.44
1
Bellissimo disco di epic metal, anche se Hellenic Warrior Spirit sarà anche meglio. Grande band.
INFORMAZIONI
2007
Dragonheart Records
Epic
Tracklist
1. Legion’s Oath (March of the Legionaries)
2. Vis et Honor
3. Ares Guide My Spear (Hellenic Warrior Spirit)
4. Warmonger
5. Hatred is My Strenght
6. From the North Comes the War
7. Hadding Garmsson (Son of a King)
8. Ave Atque Vale
Line Up
Alex Mereu (Voce)
Ivano Spiga (Chitarra, Voce)
Eros Melis (Chitarra, Voce)
Rob Frau (Basso)
Daniele Ferru (Batteria)
 
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