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19/02/21
THE DEAD DAISIES
LIVE CLUB - TREZZO SULL'ADDA (MI)
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Ulcerate - Of Fracture And Failure
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23/09/2017
( 1038 letture )
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Anno del Signore 2007. Auckland, Nuova Zelanda. Cinque ragazzi alle prese con la musica dall’inizio del nuovo millennio. Cinque ragazzi con tecnica, tanta tecnica, ancora solo in potenza, giusto per usare termini aristotelici, ma pronta a sconvolgere il mondo del death/brutal, già ben consolidato e diffuso in quegli anni. Cinque ragazzi con tanta rabbia dentro, tutta da comunicare al mondo. Cinque ragazzi che poi diventeranno solo tre per tutti gli anni successivi, entrando nella storia. Partiamo subito, senza troppi giri di parole, analizzando così come appare questo loro debutto: Of Fracture And Failure è un concentrato di violenza e cattiveria che appare dinnanzi ai nostri occhi come un incubo. Un incubo che però deve ancora prendere forma, cosa che avverrà, anche abbastanza velocemente, negli anni attraverso le release successive, le quali saranno in grado di tenere sotto tortura chi ascolta come mai era accaduto in precedenza. Lavorando a ritroso, cos’è che questo Of Fracture And Failure non ha rispetto ai suoi successori? Ciò che salta subito all’orecchio è la voce: ancora non troviamo il bassista Paul Kelland a vomitare sul microfono tutto il suo odio nelle nostre orecchie, ma bensì Ben Read, il quale utilizza uno scream ancora immaturo e in parte poco personale, ma che riesce in qualche momento a variare prendendo un po’ di personalità, ma senza mai raggiungere il growl disturbante e opprimente del successore. Passando ora alla produzione, essa presenta ancora quel tocco di “lercio” tipico del death, che in certe occasioni risulta quasi una prerogativa, ma diventa un fattore negativizzante quando si sfiorano i lidi più tecnici. I nostri infatti si rivelano dei maestri da un punto di vista totalmente strumentale. Basta ascoltare l’opener Praise and Negation per farsene un’idea: un riff cattivo e violento che, seguito da un corposo basso, squarcia il silenzio attraverso un apparente ordine, che preso prenderà la forma del caos più disarmante, lasciando chi ascolta nel totale putiferio strumentale. È un inferno. Per ben tre quarti d’ora l’ascoltatore viene investito da riff talmente brutali -e tutti variegati fra loro- che ci si chiede se quella chitarra non è stata soggetta a violenze, accompagnata da una batteria che sembra suonata da un polpo a di poco adirato con una precisione chirurgica impressionante, la quale ci investe come una valanga dalla quale non abbiamo scampo. I cambi di tempo sono frequenti e tutti azzeccatissimi, nessun colpo sulle pelli si trova al posto sbagliato, e vanno a creare un concentrato di violenza e tecnica degni di nota. Il platter prosegue con tutti questi canoni fra brani dai momenti un po’ più “rallentati”, come ad esempio The Mask of the Satyr, To Fell Goliath e The Coming of Genocide (che strizza l’occhio ai primi Dying Fetus), le quali, appunto, rallentano solo in certi momenti ma per poi sguinzagliare come prima tutta la brutalità in loro racchiusa; a brani in grado di dimostrare la grandissima perizia dei due chitarristi alle prese con le sei corde, come Becoming the Lycanthrope e Martyr of the Soil, dove in quest’ultima troviamo un cantato più chiuso, quasi a voler accennare ai lavori futuri; per poi passare da brani che sfiorano i tre minuti, come Failure, a composizioni oltre gli otto, come Defaeco, la quale chiude questa mostruosa opera con le chitarre in dissolvenza, quasi a voler rappresentare la quiete dopo la tempesta. Una tempesta che, nonostante la sua complessità, si presenta veloce, mai noiosa e prosegue dritta senza interruzioni e senza mai abbassare i toni, presentando una varia omogeneità quasi prepotente.
Nulla di nuovo fino ad ora nel mondo del death comunque, gli Ulcerate saranno in grado di distinguersi negli anni successivi, diventando una terribile realtà, dimostrandosi un gruppo capace di evolversi e maturare come pochi. Infatti siamo ancora lontani -anche se di poco- dagli Ulcerate che siamo abituati ad ascoltare, ma ciò non toglie nulla a questo debutto, senza il quale il terrore neozelandese -no, non Jonah Lomu- non avrebbe mai iniziato a tormentare la nostra anima. Magari non da amare alla follia, ma sicuramente da conoscere, per capire da dove tutto ha avuto inizio.
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2
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Come giustamente recita la recensione "gli Ulcerate saranno in grado di distinguersi negli anni successivi, diventando una terribile realtà, dimostrandosi un gruppo capace di evolversi e maturare come pochi": un album che contiene i germi del sound che la band svilupperà in seguito, ma che non raggiunge i picchi qualitativi dei successori, soprattutto di TDOA e SOP che secondo me sono i loro lavori migliori e due tra i migliori album death degli ultimi 10 anni. |
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1
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Curioso il sistema di votazione degli album, 79 a questo e 80 all'ultimo. Con tutto il rispetto per il loro esordio siamo lontani anni luce da tutto quello che hanno fatto in seguito e soprattutto con Shrine of Paralysis. Mi sembra un po' una cagata valutare numericamente i 2 album nello stesso modo |
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INFORMAZIONI |
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Tracklist
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1. Praise and Negation 2. Ad Nauseam 3. The Mask of the Satyr 4. Becoming the Lycanthrope 5. To Fell Goliath 6. Martyr of the Soil 7. Failure 8. The Coming of Genocide 9. Defaeco
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Line Up
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Ben Read (Voce) Michael Hoggard (Chitarra) Michael Rothwell (Chitarra) Paul Kelland (Basso) Jamie Saint Merat (Batteria)
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