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Impure Wilhelmina - Radiation
27/09/2017
( 2827 letture )
Da Ginevra a Bran, via Dublino… no, non è una rotta schizofrenicamente disegnata da qualche compagnia low cost in vena di magheggi latitudi/longitudinali per proporre un accattivante saldo last minute, ma solo l’ideale trasposizione geografica del percorso che vent’anni fa ha portato un giovane concittadino di Rousseau a scegliere per la sua band un nome oltremodo originale, se non del tutto eccentrico. Dietro il moniker Impure Wilhelmina, in realtà, si celano nobili spunti a sfondo letterario, facendo riferimento a quella Wilhelmina “Mina” Murray celebre protagonista del romanzo per cui è famoso nel mondo Bram Stoker, l’irlandese che ha trasfigurato e diffuso il mito di Vlad III di Valacchia, diventato dopo il suo lavoro ormai per tutti, semplicemente, Dracula. A dispetto delle ascendenze gothic/horror formalmente ostentate, però, il combo svizzero si è orientato artisticamente su tutt’altre coordinate, calpestando un infido suolo post hardcore ad alto tasso di potabilità con annessi sconfinamenti nell’ancor più sdrucciolevole palude alternative metal.
Un singolo, un EP, uno split e, finora, cinque full-length, il palmares dei Nostri (passati nel frattempo sotto le forche caudine di frequenti cambiamenti di line-up) non si può certo definire quantitativamente di secondo piano, ma l’eco dei loro lavori non ha mai davvero varcato i contrafforti alpini rossocrociati, pur in presenza di una nicchia di tenaci devoti che non ha smesso di apprezzare i lampi di qualità innegabilmente apparsi qua e là a illuminare il percorso (Prayers and Arsons è un album di tutto rispetto, oltretutto con una hit potenzialmente devastante come Poisons and Blades a guidare la pattuglia).

Rimasti a mezza via tra una declinazione un po’ troppo standard della materia core “easy listening” e una serie di spinte non coerentemente sviluppate verso lidi avvolti da atmosfere più dense e oscure, a distanza di vent’anni dal debutto sembrava francamente improbabile che gli Impure Wilhelmina riuscissero a tirare fuori dal cilindro IL grande platter con cui lasciare un marchio indelebile in qualche metal rivolo, ma ecco che, all’improvviso, il demone dell’ispirazione si impadronisce della scena scompaginando le carte della prevedibilità e regalando al quartetto l’occasione a lungo attesa. Che qualcosa di significativo stesse gorgogliando sotto la superficie lo si era intuito dall’approdo dei ragazzi alla scuderia Season of Mist, label francese nel cui recinto pascolano ormai diversi grandi nomi dal profilo internazionale, ma la prova sul campo supera ogni più rosea aspettativa e questo Radiation si ritaglia un posto di primissimo piano tra le uscite dell’anno, a dispetto di (o forse proprio grazie a..) una collocazione quanto mai problematica sullo scacchiere delle classificazioni di genere. Ma, ancora prima di affrontare i problemi di identità, va detto in premessa che a far girare la testa è la “chimica” che anima l’intera tracklist, riconducibile a quella freschezza e incoscienza che contraddistingue generalmente le opere prime più che a una presunta maturità acquisita a forza di tentativi.

Fin dalle prime note, infatti, Radiation rivela la sua natura di gigantesco imbuto in cui Michael Schindl e soci riversano apparentemente alla rinfusa suggestioni e componenti in arrivo da un ampio spettro di sensibilità e da una altrettanto sterminata platea di rimandi, senza che nessuno prenda davvero il sopravvento e contribuendo così, in un quadro in cui gli autori stessi non pretendono l’originalità assoluta, ad annullare indirettamente ogni rischio di derivatività, in una sorta di “assomigliare a tanti per non copiare nessuno” che funziona sia a livello di singole tracce che di resa complessiva. D’altro canto, è innegabile che si possano individuare alcune prevalenze che danno, per così dire, il colore di fondo all’impianto, ma la sensazione è che gli Impure Wilhelmina abbiano scelto di disporre semplicemente la materia su un canovaccio, lasciando a chi ascolta il compito di avventurarsi in una delle possibili letture sulla base della propria sensibilità e formazione.
Ecco allora, fra i trait d’union delle fermate dell’intero viaggio, i riflessi sincopati di classica marca System of a Down in cui affiorano le antiche radici alternative della band, o le sporcature malinconicamente ma anche muscolarmente dark di scuola Katatonia, o, ancora, le eteree rarefazioni degli ultimi Anathema (finalmente, verrebbe da dire, le atmosfere eccessivamente sterilizzate dei lavori precedenti si popolano almeno di ombre e sospiri, se non proprio di spettri). Aperti i cancelli della contaminazione, c’è però spazio anche per contributi ben più che discretamente inattesi, che si tratti del post metal tra l’onirico e l’allucinato degli Year of no Light di Tocsin, degli spunti progressive di una Fairy in casa Shaman o addirittura di qualche respiro Ne Obliviscaris, ovviamente al netto della carica abrasiva perennemente innescata, a Melbourne.
Il quartetto, poi, sfodera prestazioni individuali ragguardevoli, a cominciare da una sezione ritmica devastante per impatto (con nota di merito particolare per il lavoro alle pelli di Mario Togni e forse qualche rammarico per una scelta di produzione che sacrifica parzialmente le quattro corde di Sebastien Dutruel), passando ai ricami della coppia di chitarre (qui trionfa la lezione alternative metal generalmente allergica a riff e assoli troppo in primo piano, ma che compensazione, sul versante melodico!), per finire alla prova al microfono di Schindl, su cui vale la pena soffermarsi nel dettaglio. In più di un occasione, infatti, nelle precedenti release, al singer era stato rimproverato lo sfoggio di uno scream complessivamente poco entusiasmante, stavolta invece la scelta cade su un clean quasi cantilenato che si rivela del tutto nelle corde del ginevrino e, anzi, diventa uno dei punti di forza del platter, stendendo sulle tracce una sorta di velo grunge che, nei momenti migliori, avvicina i Ghost Brigade di sua maestà Manne Ikonen.

Itinerario di poco meno di un'ora per dieci tappe complessive, Radiation schiera subito l'artiglieria pesante con l'opener Great Falls Beyond Death (magnifica immersione di cavalcate System of a Down in un habitat indie rock dal retrogusto ottantiano vagamente decadente) e con la successiva Sacred Fire, alternative fino al midollo per metà percorso prima che un'inattesa cesura prepari la sorpresa di un finale ad altissima resa gothic, dietro cui si staglia chiarissima la sagoma degli ultimi Tiamat. Se c'è decisamente meno potenza tra le righe di Child (a lungo sospesa in uno stato di appena accennata claustrofobia), i giri del motore si alzano subito con Torn, a sua volta con una classica struttura bipartita tra il tripudio grunge dell'avvio e una chiusura nervosamente core che sfiora esiti post punk. C'è assolutamente bisogno, a questo punto, di una pausa e il quartetto accetta la sfida di una semi-ballad apparecchiando con We Need a New Sun un altro piatto sontuoso: chitarra classica percorsa da fremiti folk/medievaleggianti, una doppia linea vocale e un epilogo morbidamente avvolgente, Mick Moss l'avrebbe probabilmente servita così, la stessa portata, in un menu Antimatter. Mentre Meaningless Memories gioca per larghi tratti ad opportuna distanza con evidenti influenze Katatonia, Bones and Heart torna ad esaltare il gusto ottantiano della band, che affiora stavolta con un tocco quasi new wave sottolineato da un ritornello tanto ruffiano quanto pronto a penetrare sottopelle, con la ferma intenzione di rimanerci a lungo.
Dopo una cotale parata di centri pieni era forse pressoché inevitabile un piccolo calo e in effetti, pur senza finire del tutto fuori bersaglio, By Ravens and Flies non riesce a coinvolgere come i precedenti episodi, sfilando via abbastanza “ordinariamente”, ma rimette subito le cose a posto Murderers, con la sua andatura da racconto epico su cui Schindl stampa l'unica deroga alla sua prova in clean concedendosi una sabbiosa divagazione scream, che funziona alla perfezione in modalità controcanto su una base dai ritmi così dilatati. Mancava ancora la zampata finale, per chiudere pirotecnicamente la tracklist ed eccolo, l'ultimo fuoco d'artificio, affidato a una Race with You che distilla atmosfere prima rarefatte, poi languidamente avvolgenti e infine sontuosamente orchestrali, mentre al di sotto della linea di galleggiamento Schindl ricama una poetica nenia su cui si spengono le luci.

Spettacolare patchwork di generi e ispirazioni tenute insieme da forze misteriose, arcobaleno di luci e colori che si ricompongono in riflessi sempre nuovi, fabbrica di emozioni in produzione permanente, Radiation è una clamorosa prova di forza in una carriera fin qui complessivamente non trascendentale. Nell'attesa di capire se si tratti di un fortunato unicum o dell'alba di un nuovo, esplosivo inizio, gli Impure Wilhelmina stavolta se li meritano tutti, elogi ed applausi in standing ovation.



VOTO RECENSORE
86
VOTO LETTORI
94.33 su 3 voti [ VOTA]
Stefano
Lunedì 5 Aprile 2021, 14.52.26
10
Li seguo fin dai tempi dei primi album come "L'amour, la mort et l'enfence perdu", quando erano ancora sconosciuti... LI AMO. Li ho sempre amati. Sono felice che ora siano passati a un'etichetta seria come la Season of Mist e che inizino ad essere più conosciuti, perché se lo meritano. Sono davvero una band straordinaria e soprattutto UNICA, nessuno suona come loro. Anche il nuovo album "Antidote" sembrà sarà figo, speriamo tornino in Italia quando questa maledetta pandemia sarà finita...
Red Rainbow
Lunedì 2 Ottobre 2017, 14.33.41
9
Esatto, @angus71... purtroppo Trieste per me è un po' fuori portata, ma se qualcuno riuscisse a vederli mi piacerebbe un commento anche di poche righe, giusto per capire se dal vivo confermano il salto di qualità...
angus71
Lunedì 2 Ottobre 2017, 14.14.52
8
tra l'altro, il 28, suonano a trieste se qualcuno è della zona..
Pink christ
Domenica 1 Ottobre 2017, 16.35.22
7
Bellissima recensione, devo ascoltarmi l'album. Da quel che scrivi sembra pane per i miei denti.
Luky
Venerdì 29 Settembre 2017, 8.36.59
6
Veramente un ottimo album
Tatore
Giovedì 28 Settembre 2017, 11.25.23
5
Che bel comment, bravo/a AdeL! La recensione mi ha incuriosito, lo ascolterò presto.
AdeL
Mercoledì 27 Settembre 2017, 23.07.18
4
Ahhh ma è davvero incredibile! Ritengo di ascoltare generi musicali di nicchia, anzi... di estrema nicchia. Tendenzialmente non amo leggere recensioni prima dell’ascolto e se lo faccio é per approfondire e trovare informazioni che spesso, per questi generi, scarseggiano. Credo inoltre che scrivere recensioni sia un vero e proprio lavoro, sostenibile solo se sei profondamente coinvolto e se lo fai con geande passione e competenza. Ogni cosa fatta con passione e competenza deve scatenare emozioni. Insomma nell’epoca in cui tutti andiamo di fretta è tramontata la letteratura e si cerca la sintesi, o meglio lo slogan ovunque. In questo disperato contesto ci dimentichiamo di ringraziare chi ha speso tempo e professionalità a beneficio di perfetti sconosciuti. Per intenderci mi incuriosiva leggere i commenti su questa band e non la recensione della recensione. Comunque grazie davvero Red!
Red Rainbow
Mercoledì 27 Settembre 2017, 15.13.41
3
@naoto: as usual, massimo rispetto per le obiezioni che poni premesso che, come ti ho già scritto in altre occasioni, appartengo alla scuola delle rece "meglio poter scartare info & spunti per il dibattito piuttosto che doverli cercare altrove", consentimi però qualche precisazione: 1) non avevamo questa band in archivio ed era difficile sorvolare su 20 anni di carriera precedentemente passati sotto silenzio (e se ne vanno così i primi due capoversi), 2) la carne messa al fuoco dalla band è davvero tanta e ritengo che un "inclassificabile" vada più che congruamente motivato (e se ne va l'intero corpo centrale), 3) l'enfasi, ebbene sì, di alcuni passaggi, è figlia di un 86 che, direi fisiologicamente, comporta anche la trasmissione della componente emozionale (capitolo track by track). Rimane quella che chiami "la voglia di stupire", ma francamente, a 50 anni suonati e al centoventitreesimo testo per Metallized, direi che no, proprio non è nelle mie corde...
naoto
Mercoledì 27 Settembre 2017, 14.28.58
2
Recensione troppo lunga e stile sopra le righe. Non è stato semplice arrivare al voto. Maggior concisione e contenimento della voglia di stupire,forse, gioverebbero a tutti. In fondo, credo si tratta di recensire un disco e consigliarne o meno l'ascolto.
d.r.i.
Mercoledì 27 Settembre 2017, 13.20.39
1
Mi incuriosisce, corro ad ascoltare
INFORMAZIONI
2017
Season of Mist
Inclassificabile
Tracklist
1. Great Falls Beyond Death
2. Sacred Fire
3. Child
4. Torn
5. We Need a New Sun
6. Meaningless Memories
7. Bones and Heart
8. By Ravens and Flies
9. Murderers
10. Race with You
Line Up
Michael Schindl (Voce, Chitarra)
Diogo Almeida (Chitarra)
Sebastien Dutruel (Basso)
Mario Togni (Batteria)
 
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