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19/04/24
DESPITE EXILE + LACERHATE + SLOWCHAMBER
BLOOM, VIA CURIEL 39 - MEZZAGO (MB)
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My Dying Bride - Turn Loose the Swans
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07/10/2017
( 4515 letture )
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No! I can't bear all this pain. I had watched the snow all day. Falling. It never lets up. All day falling. I lifted my voice and wept out loud, "So this is life?"
La vita è talvolta un dramma. Come se non bastasse spesso, pur essendone i protagonisti, non possiamo comunque far altro che assistere passivamente al suo tragico svolgimento, rimanendo impauriti e rassegnati a fissare -metaforicamente- quei fiocchi di neve che cadono senza sosta, accumulandosi sulla strada che dovremo percorrere l'indomani. Chiaramente, ci anche sono quei momenti che ce la fanno apprezzare, o altri -più rari- che la rendono veramente degna di essere vissuta. Sovente però, in tutto questo turbinio di alti e bassi, riusciamo appena a trovare un accettabile fulcro dove rimanere in equilibrio, decidendo poi di annidarci lì, godendoci quel poco di cui possiamo godere e costruendoci un rifugio che speriamo abbastanza resistente per “parare il prossimo colpo”. In fondo, persone come Shakespeare, Sofocle, Euripide o Eschilo non si inventavano nulla. Non è la vita ad ispirarsi ai grandi drammi raccontati nel teatro tragico, è quest'ultimo ad ispirarsi alla prima provando ad imitarla.
Raccontare tragedie (o drammi, se non siete troppo fissati con la terminologia tecnica del teatro), è sempre stato una caratteristica piuttosto identificativa dei My Dying Bride. Fateci caso: tra le band della ”Unholy Trinity” del doom/death britannico sono proprio i My Dying Bride a prestare maggior attenzione alla componente testuale e all'evoluzione delle storie attraverso i capitoli del loro dischi, e in questo senso Turn Loose the Swans non fa eccezione. L'opera seconda della band di Halifax (perifrasi che condividono con i Paradise Lost) arrivava ad esattamente un anno di distanza dal seminale As the Flowers Withers, tanto acerbo quanto importante nel definire le coordinate stilistiche del gruppo all'interno di una scena allora ricca come quella albionica. A differenza di quest'ultimo però, Turn Loose the Swans era la prova delle capacità dei My Dying Bride di produrre qualcosa che potesse fondere l'approccio più aggressivo che caratterizzava l'esordio, con delle atmosfere più eteree e riflessive. L'importanza di queste ultime viene chiarita sin dalla opener, Sear Me MCMXCIII, aperta da tombali accordi di pianoforte che riverberano a lungo, come smarriti in una stanza vuota ed umida, mentre un violino malinconico tesse delle linee lente e struggenti. Su questo sottofondo Aaron Stainthorpe declama narrando -con voce volontariamente incerta- della passione che ha colto due amanti:
Romantic in our tastes. We are without excuse. We burn in our lust. We die in our eyes and drown in our arms.
Il sottofondo piano/violino di Martin Powell (da questo disco ufficialmente membro del gruppo) è l'unico accompagnamento per i quasi otto minuti di canzone e non lascia presagire nulla di buono per i protagonisti. L'apertura di Your River non cambia registro, ma questa volta è una chitarra clean (con tanto di delay e riverbero) a ripetere, ad un ritmo quasi ipnotico, una melodia ammaliante. Quest'attimo di pace però dura poco: le chitarre si trasformano improvvisamente in distorte, con Andrew Craighan e Calvin Robertshaw che sfogano nel riffing -lento ma serrato- tutta la cattiveria di cui sono capaci, mentre Rick Miah alla batteria scandisce il tempo con veloci passaggi di rullante che "bucano" prepotentemente lo scheletro doom del pezzo e si intrecciano all'arpeggiare ossessivo che nel frattempo si è aggiunto ai riff. La canzone è un crescendo di tensione che culmina nel passaggio di Aaron ad un growling secco, reso ancora più sinistro dai lancinanti armonici naturali delle chitarre distorte lasciati correre -in sottofondo- fino a spegnersi, esattamente come la vita dell'amata del protagonista. Un evento che lo lascia -inevitabilmente- distrutto:
Where now? Which way? Dear god, show me. Take your own. Struggle free! Arise! You're Ruined! Stand down! Your kin, piled thick around you. Save yourself!
Songless Bird si apre con dei passaggi di tastiera (sempre opera di Powell), decisamente inquietanti, costruiti con un lead acuto (talvolta tremolante) accompagnato da un ensemble grave di archi che lo avviluppa. L'accelerazione in questo caso è molto più repentina e le chitarre elettriche lasciate "fischiare" introducono rapidamente la strofa principale, in cui Miah toglie la sicura al doppio pedale (non prima di un paio di filler piuttosto ben riusciti) accentando poi prepotentemente ogni passaggio sui piatti, lasciando così intravedere le radici non solo doom del gruppo. Un lento passaggio centrale richiama le chitarre clean e il violino, lasciando trasparire anche le linee di un penalizzatissimo Adrian "Ade" Jackson al basso, ma è la quiete prima della tempesta finale, che include alcuni dei passaggi più estremi del disco, sia da parte della batteria che della voce di Aaron. D'altronde chi non reagirebbe così di fronte all'amata morta di parto?
The uterine murderess dies herself. Let me show you all my pain. Sardonyx lays waste to your eyes and leaves you blind. Gone is the day.
Snow in My Hand (da cui la citazione in apertura), inizia subito con una riuscita serie di arpeggi ben armonizzati, che si vanno però subito ad adagiare su un andamento questa volta più lento e apparentemente costante. Sorprende quindi che venga spezzato da un passaggio improvvisamente veloce con addirittura l'impiego del tremolo picking da parte di Craighan e Robertshaw, che muta poi, dopo un'altra incursione del violino, in un riffing più ossessivo e ripetitivo, che martella l'ascoltatore esattamente come l'incessante caduta della neve che il protagonista continua a fissare inerme. Si arriva poi ai dodici minuti di Crown of Sympathy, pezzo (tra i migliori del lotto) che riassume al suo interno tutte le caratteristiche fondamentali del sound di Turn Loose the Swans e che viene valorizzato dalle bellissime linee di violino, dai passaggi solisti delle chitarre e dall'interpretazione magistrale di Aaron (qui con voce pulita), oltre che più in generale dalla grande varietà di momenti diversi che vi si susseguono. Il classico caso di brano che con il solo contenuto in riff avrebbe permesso ad un gruppo meno creativo di scrivere un album intero. Il protagonista non riesce più a sopportare il dolore della perdita e -con l'egoismo proprio soltanto di chi è sopravvissuto- non riesce a spiegarsi perché tutto questo sia capitato proprio a lui. Come un novello Cristo in croce, sta senza colpa davanti a Dio e vorrebbe tolta la sua corona, in questo caso non di spine:
I'd fallen before but it never hurt like this Don't leave me here to crawl through the mire I'm without fault before the throne of god Take from me the crown of sympathy.
Ci si avvia verso la conclusione con la titletrack, un monolite di dieci minuti imperniato su un riffing insistente (talvolta poco vario) che viene però intervallato da brevi e riusciti arpeggi armonizzati e reso vario dall'impiego di tutta la palette vocale di Aaron, che tira fuori dal cilindro l'ultimo growling del disco e successivamente un pulito che ricorda a tutti gli effetti una mesta nenia funebre. Questa volta sono i bei ricordi a venire a galla, quelli così piacevoli da fare ancora più male, ma gli unici che rendano davvero giustizia al ricordo di chi se ne è andato. L'ultimo atto viene affidato a Black God e si tratta nuovamente -come per l'apertura- di un brano totalmente monopolizzato dal pianoforte e dal violino di Powell, che si fondono nell'articolare le ultime meste melodie dell'opera. Aaron, che qui declama i versi della poesia Ah the Shepherd's Mournful Fate (opera del misconosciuto William Hamilton, poeta scozzese del diciottesimo secolo), non è da solo: compare anche una voce femminile a doppiare il suo narrato, ma è un'ugola voce distante, monocorde e catatonica, come proveniente da un mondo al di là del nostro:
Thy every look and every grace so charm whenever I view thee, 'til death overtake me in the chase still will my hopes pursue thee
Then when my tedious hours have past, be this my last blessing given low at thy feet to breathe my last and die in sight of heaven.
La produzione di Turn Loose the Swans è quello che ci si aspetterebbe da un disco di questo genere all'inizio degli anni Novanta. Timbri sporchi e poco rifiniti, suoni malvagi, fase ed effetto stereo talvolta incerti, ma nel complesso tutto dotato di un'anima che in qualche modo contribuisce a definire quella personalità che si concretizza poi in atmosfere volutamente insalubri e destabilizzanti. L'unico elemento criticabile è la poca presenza del basso, spazzato via dalle chitarre anche per colpa di un suono troppo medioso e poco grave del primo, un peccato anche perché il grosso del sound dell'album si gioca proprio nella parte bassa dello spettro. I suoni nonostante tutto però “respirano”, anche perché l'insieme è ben lontano dalle mega-compressioni odierne e dunque -tutto sommato- va bene così. Sono peraltro innegabili i passi avanti rispetto alla produzione dell'esordio, che invece soffriva di problemi tecnici veri e propri, come risonanze fuori controllo e suoni della batteria terribili.
L'opera seconda dei My Dying Bride è a tutti gli effetti uno dei punti più alti della discografia della band inglese (siamo dietro forse solo a The Angel and the Dark River) e del movimento death/doom (poi gothic) di quell'epoca. Un disco all'apparenza freddo ed ostile, ma che riuscirebbe a rapire chiunque nel momento in cui ci si immergesse dentro, lasciandosi trasportare da testi e note. In italiano quando certi percorsi giungono al loro termine si è soliti parlare di “canto del cigno”, in questo caso invece, alla luce della bellezza di questo album e di molti altri della carriera dei My Dying Bride, mai titolo fu meglio scelto.
Turn loose the swans that drew my poets craft. I'll dwell in desolate cities. You burned my wings. I leave this ode, splendid victorious through the carnage. I wanted to touch them all. I wanted to touch them all.
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20
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Un macigno. Oscuro e massacrante. |
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19
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Un magnifico album, il primo capolavoro (ne seguiranno vari altri, almeno fino a \"The Dreadful Hours\"), un monolite di puro doom goticheggiante nerissimo come la pece e meravigliosamente heavy e dannato. Poesia macabra e decadente, un lavoro che ti lascia con l\'anima oscura. L\'iniziale \"Sear Me MCMXCIII\" è magniloquenza notturna pura, pezzi come \"Your River\" (folgorante) oppure \"The Songless Bird\", o ancora \"The Crown Of Sympathy\" (la migliore in assoluto) sono perle nere! Un album pieno che omaggia il decadentismo puro, che accompagna perfettamente un\'atmosfera di nebbia o giornate grigie! Favoloso, punto! |
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18
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Album di notevole mestizia che mi ricorderà sempre un periodo particolare della mia adolescenza (avevo 14 anni quando uscì e facevo il quinto ginnasio). Non avevo mai ascoltato nulla di simile fino ad allora, i My Dying Bride sembravano comprendere ed esprimere benissimo tutta la tristezza del mondo. In quel periodo di transizione, con tutti i disagi reltivi all'adolescenza, io mi ritorvavo perfettamente. Se il thrash e death mi davano carica e forza, i My Dying Bride mi consolavano e mi davano rifugio ne momenti difficili quando più ne avevo bisogno... Un periodo difficile ma affascinante, romantico e bellissimo, uno dei più belli della mia vita, e i MDB di TLTS ne erano la colonna sonora perfetta! Evviva! |
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17
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Capolavoro.ma i my dying bride ne farannno tanti altri.mitici! |
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16
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Secondo solo a The Angel And The Dark River |
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15
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Quando la disperazione si fa musica.. eterni MDB |
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14
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Capolavoro, niente da aggiungere. |
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13
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Splendido. Melodie e riff seplici e bellissimi. Una delle colonne sonore della mia (e della vostra) vita. |
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12
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Uno dei migliori dei MDB, il mio preferito assieme a The Angel and the Dark River e The Dreadful Hours |
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10
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un gran disco....mi ricordo quando usci.....ascoltato e riascoltato continuamente melodie pesanti gotico-romantiche che ti prendevano al primo ascolto .....i menestrelli della depressione!grandi! |
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8
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il capolavoro della "mia sposa morente". un capolavoro di tristezza e disperazione senza via di uscita. la colonna sonora della depressione. voto: 95. |
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7
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C'è poco da discutere su questa band. Semplicemente enormi e con una qualità media altissima in tutta la carriera, anche se oggi hanno abbassato il tiro e di molto, anche se dai My Dying Bride mi aspetto sempre il capolavoro. Dopo il grezzo debutto qui c'è il passaggio alla maturità, entrato a pieno diritto nella storia del gothic. Turn loose the swans è splendido, sebbene sia ancora un po' acerbo, ma da qui inizia una lunga serie di capolavori, The angel and the dark river, Loke gods of the sun, lo sperimentale 34.788% Complete, The light at the end of the worl e il loro capolavoro assoluto, il migliore di tutti: The dreadfull hours. Band della madonna. |
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6
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Fantastico. Insieme ad "as the flowers..." e "the angel.." i miei preferiti. |
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5
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Gran disco. Uno dei migliori della band. Assieme a The Angel... un must. |
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4
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Qua ci sono brani che giustificano lo status di fuoriclasse dei MDB. Sear me MCMXCIII è un capolavoro assoluto in grado di riassumere una carriera. Non da me meno The crown of sympathy e Black God. Ma anche gli altri pezzi sono più che buoni, ma per i miei gusti sono "penalizzati" dal growl. Tra le bonus track Le cerf malade in odore di Dead Can Dance è la mia preferita |
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2
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Capolavoro assoluto del genere..anche se loro hanno sempre avuto uno stile proprio. Questo e The Angel sono i loro top. 9,5 |
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1
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capolavoro di atmosfera e teatralità, voto 94 |
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INFORMAZIONI |
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Tracklist
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1. Sear Me MCMXCIII 2. Your River 3. Songless Bird 4. The Snow in My Hand 5. The Crown of Sympathy 6. Turn Loose the Swans 7. Black God
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Line Up
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Aaron Stainthorpe (Voce) Andrew Craighan (Chitarra) Calvin Robertshaw (Chitarra) Martin Powell (Violino, Tastiera) Adrian "Ade" Jackson (Basso) Rick Miah (Batteria)
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