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29/03/24
ENUFF Z’NUFF
BORDERLINE CLUB, VIA GIUSEPPE VERNACCINI 7 - PISA
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20/10/2017
( 3302 letture )
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The one advantage of playing with fire, Lady Caroline, is that one never gets even singed. It is the people who don’t know how to play with it who get burned up.
Volendo addirittura scomodare un mostro sacro come Oscar Wilde, questa citazione da Una donna senza importanza ben riassume quello che più di un appassionato di black metal avrà pensato, nell’interfacciarsi la prima volta con un progetto come la one man band Mork. Questa realtà norvegese, infatti, creata oltre un decennio fa dal suo mastermind Thomas Eriksen, si è fatta strada nell’underground solo nell’ultima manciata di anni, con uscite a tiratura limitatissima, spesso prodotte in maniera indipendente, portatrici di una nera fiamma occulta e di culto, primitiva e cruda, marcatamente ispirata a eccellenze quali Burzum e i Darkthrone della prima metà degli anni Novanta. Se per altro non bastasse solo tale influenza, vale la pena ricordare che in Den vandrende skygge, seconda prova sulla lunga distanza della band uscita l’anno scorso, ha fatto la sua apparizione come ospite alla voce persino il Ted Skjellum nazionale, a.k.a. Nocturno Culto, all’anagrafe dei non addetti ai lavori, dopo che l’altra metà dei Darkthrone, il buon Fenriz, l’aveva già nominata “band of the week” a fine 2015. Giunto al 2017, Eriksen decide di portare alle stampe una nuova fatica, avendo questa volta il privilegio di licenziarla via Peaceville Records, di farsi in parte affiancare da due esponenti storici del black norvegese, Silenoz (Dimmu Borgir) alla voce e Seidemann (1349) al basso e di ricorrere, per un artwork coerente con la proposta musicale rivolta al passato, a Jannicke Wiese-Hansen, artista e tatuatrice di Bergen che già firmò le copertine dei primi lavori di Burzum, Immortal ed Enslaved. Con simili premesse, la riflessione con cui quest’analisi si è aperta torna quanto mai attuale: cosa spinge questo Eriksen a giocare col fuoco di una proposta del genere, andando a plasmare un black primordiale a tinte classiche senza volerlo affatto svecchiare o contaminare, come se 20, 25 anni non fossero affatto trascorsi? È in grado di proporre qualcosa che sappia intrigare l’ascoltatore, o siamo di fronte all’ennesima copia carbone di cui nessuno aveva bisogno, imbellettata da qualche ospite d’eccezione, che finirà per bruciare la mano di chi l’ha composta? Il suo stile è per caso sceso a compromessi rispetto al passato, vista l’attuale presenza di un nome ‘ingombrante’ come la Peaceville Records?
A rispondere a questi ed altri quesiti, sono i 48 minuti che ci guidano nel viaggio lungo La valle dell’eremita. E la verità, come in molti casi, sta nel mezzo. Il disco, cantato come era facile prevedere interamente in norvegese, si configura come un solido e coerente omaggio al black made in Norway di un quarto di secolo fa, con tracce old school dal minutaggio compatto (compreso, con poche eccezioni, tra i quattro e cinque minuti e mezzo) e dalla produzione logicamente (e studiatamente) lo-fi, che suonano più potenti e fulminee di quanto sinora pubblicato a marchio Mork. Eriksen appare avere pieno controllo della propria creatura, sia nei pezzi più taglienti e rapidi, quali la titletrack, che in quelli dove le ritmiche sanno rallentare e lasciare un po’ di fiato all’ascoltatore, come ad esempio in Forsteinet i hat. Densissimo in blast beat e riffing di una chitarra massicciamente ispirata agli album seminali dei Darkthrone (vedasi brani quali Holdere av fortet oppure I hornenes bilde) e con vocals à la Nocturno Culto che ci fanno per un attimo considerare l’ipotesi d’essere tornati al 1992, Eremittens Dal si snoda fluentemente tra composizioni non particolarmente complesse per sé, ma che sanno progredire fluide e mantenersi sufficientemente variegate da riuscire a tenere lontano chi ascolta da facili noie e sbadigli, fattore che dimostra come il talento a questo progetto certo non manchi. Ciò emerge anche nella traccia che più si distingue, per la sua diversa anima, all’interno del lotto: Et rike i nord, infatti, si stacca per un momento dall’atmosfera ‘retrò’ del platter, mostrando in maniera definita (anche attraverso inaspettati inserti di flauto, ritmiche cadenzate e malvagi sussurrii) come questa realtà possa dimostrare una sua propria personalità e la capacità di variare staccandosi dal copione, e non si limiti solamente a saper plasmare con maestria una materia di cui si conosce già quasi tutto.
Eremittens Dal non vincerà dunque alcun premio per la sperimentazione o l’innovazione, ma non è aspetto che gli si deve rimproverare, perché ciò non è affatto nella sua natura. Al contrario, questa produzione saprà intercettare l’attenzione dei nostalgici e di coloro a cui certe atmosfere mancano e vorrebbero riviverle senza dover necessariamente rispolverare certi classici vinili dalla propria collezione, poiché quanto creato da casa Mork, nel non nascondere in alcun modo le proprie fonti di ispirazione, sa forgiarle e modellarle con competenza e freschezza, lungi dal diventarne sbiadita brutta copia, dando invece vita ad un’uscita ben confezionata, rispettosa dei maestri e come loro intransigente e primigenia, nel bene o nel male.
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5
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Mi piace un sacco!! Norwegian old school , i testi norvegesi come ai vecchi tempi..quello che fa per me! Bella scoperta questa band! |
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4
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Nessuna sperimentazione. Nessuna innovazione. Solo black metal. |
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3
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L'ho ordinato a scatola chiusa..mi aveva gia' convinto la copertina, mi piacerà' senz'altro, non ne dubito! |
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2
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Molto bello. Sporco, cupo e cattivo. Come piace a me. |
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1
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So che hanno fatto anche uno split coi Mindy, si chiama Nano nano. |
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INFORMAZIONI |
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Tracklist
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1. Hedningens spisse brodder 2. Holdere av fortet 3. Forsteinet i hat 4. Eremittens dal 5. I hornenes bilde 6. Likfølget 7. Et rike i nord 8. I enden av tauet 9. Mørkets alter 10. Gravøl
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Line Up
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Thomas Eriksen (Voce, Tutti gli strumenti)
Musicisti Ospiti Silenoz (Voce) Seidemann (Basso)
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