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Kawir - Exilasmos
03/12/2017
( 3108 letture )
Giunti quest’anno al loro settimo album, i greci Kawir sono all'attivo da oramai più di un ventennio nel sottobosco black metal ellenico, vantando una longevità che li accosta ad altre realtà locali come Varathron, Zemial, Agatus e Macabre Omen che, pur non potendo contare sulla visibilità di connazionali come Rotting Christ o Necromantia, rappresentano uno zoccolo duro di coerenza ed originalità. Del resto, la vicina Repubblica è da sempre stata fucina inarrestabile di gruppi che hanno saputo affermarsi nell'underground per una modalità del tutto particolare e personale di comporre black metal, che nelle sue diverse sfaccettature rivela comunque una matrice comune, un sound che li accorpa ad una maniera inconfondibile di suonare "alla greca".
Durante questi anni, i Kawir hanno conservato una costanza nella produzione discografica che li ha resi senza dubbio tra i gruppi più interessanti di questo panorama e la maggiore distribuzione conquistata di recente con un contratto che li lega all'etichetta tedesca Iron Bonhead li rendono sicuramente una realtà destinata a (ri)emergere.

Ma veniamo a questo nuovo lavoro, Εξιλασμός (Exilasmos), che subito colpisce per il bellissimo artwork in copertina. L'opera è un dettaglio del quadro di William-Adolphe Bouguereau, che ritrae Oreste seguito dalle Furie, dee vendicatrici dei delitti, specie se perpetuati a danno di consanguigni. Proprio qui è racchiuso anche il concept attorno a cui ruota tutto il disco, che nella traduzione italiana del titolo fa riferimento all'Espiazione, una linea narrativa che guida le storie dei protagonisti che vivono in ciascun brano.
Per la prima volta, rispetto alle release precedenti concentrate su alcune divinità classiche della mitologia greca, i Kawir decidono di parlare di uomini, interpellando la famiglia dei Labdacidi con Edipo e chiamando in causa anche gli Atridi con Tantalo, Tieste, Agamennone e Oreste, per raccontare atrocità e vendette che per la crudezza e la freddezza con cui vengono scagliate sembrano, in realtà, innescare un processo di disumanizzazione. Non c’è, infatti, umanità nelle loro gesta e la loro ferocia trova un corrispettivo musicale grazie ad un mix di pezzi più serrati e brutali che si intrecciano ad atmosfere più cupe e minacciose.

L’apertura sancita con Lykaon ci fa sentire circondati dagli ululati di un branco di lupi: l’aspetto ferale viene contrastato da chitarre doomy più lente ed opprimenti, che vengono interrotte da un ritmo più cadenzato di batteria e che si contrappone in termini di mood alla decisamente più cattiva ed oscura Tantalus. Qui le chitarre zanzarose diffondono un’aura più sinistra e questo è sicuramente uno dei pezzi che preferisco dell’intera release: nell’aggrapparsi all’ostinato ripetersi urlato del nome di Tantalo, il brano è ricco di molte sfaccettature e si esaurisce con un progressivo aumento di pathos, grazie a chitarre sempre più incalzanti ed epiche. Oedipus e Thyestia Deipna abbracciano invece stilemi più classici del repertorio ellenico ed in particolare il secondo dà un effetto perturbante nell’abbinare un incipit con strumenti tradizionali ad una prosecuzione molto aggressiva e ruvida, dove le percussioni scandiscono un andamento più inquieto. Del resto teatro del pezzo è la celebre cena di Tieste, che invitato dal fratello Atreo a cena con falsi intenti riappacificatori, viene tratto in inganno e spinto a cibarsi inconsapevolmente della carne dei suoi tre figli, diventati le portate principali del banchetto.
Tuttavia, è proprio nella manciata di minuti finali che il disco scopre fiero le sue due gemme: Agamemnon ed Orestes, scelti anche come due singoli, sono senza dubbio i pezzi più riusciti. Colpiscono per una struttura ibrida che vede l’uso di strumenti più evocativi come le cornamuse intrecciato a soluzioni ritmiche più black metal, facendo leva su uno strato in sottofondo di cori (che vedono la partecipazione di Alex The One dei Macabre Omen) per inspessire ulteriormente i brani di lirismo e riportare alla mente l'epicità folk e pagana dei Bathory. I lunghi assoli di chitarra, soprattutto in Orestes, conferiscono inoltre un tocco più heavy, contorcendosi con le tastiere. La fine è decisamente trionfale, forse perché vuole essere specchio dell’unico caso con lieto fine tra tutti quelli narrati in precedenza: Oreste è infatti l’unico a raggiungere la vera espiazione perché, difeso in processo da Apollo, viene liberato da Atena dalla condanna di persecuzione dalle Erinni, riuscendo finalmente a vivere in pace nonostante il matricidio compiuto.

Insomma, dopo il bellissimo Πάτερ 'Ηλιε Μήτερ Σελάνα (Father Sun Mother Moon), i Kawir sono riusciti ancora una volta a consegnare un disco memorabile. Grazie anche alla disinvoltura compositiva di Therthonax (unico membro originario e principale compositore del gruppo), i greci continuano a forgiare musica con l'abilità di un fabbro che deve modellare il ferro, chissà, magari per eredità tramandata dal dio-fabbro Efesto, che mitologia vuole fosse stato scaraventato da Zeus dall’Olimpo giù fino all’isola di Lemno, luogo natale dello stesso Therthonax.
Il greco antico nelle sue mitologiche ed iconiche narrazioni non è affatto una lingua morta con i Kawir. Ascoltare per credere.

Χαίρε!



VOTO RECENSORE
84
VOTO LETTORI
81 su 4 voti [ VOTA]
Alessio
Sabato 23 Febbraio 2019, 17.21.19
6
Questo per l'appunto è stato un altro gioiello uscito da una antica band greca nel 2017. Album di assoluto valore, riuscito anche a recuperare nella sua splendida e ricca confezione.
Doomale
Giovedì 7 Dicembre 2017, 19.47.39
5
Ultimi due pezzi veramente super...bellissimi i cori, la cornamusa ( su Agamemnon) gli assoli ( Orestes). Album che trasuda amore per la storia e l'epica della loro gloriosa madrepatria
Pacino
Giovedì 7 Dicembre 2017, 10.45.39
4
Disco e band interessanti...voto 76
Selenia
Giovedì 7 Dicembre 2017, 10.25.09
3
@Giorgio lo era, infatti faccio riferimento a lui! Ho semplicemente dimenticato una t, correggo il refuso.
Giorgio
Giovedì 7 Dicembre 2017, 7.28.22
2
Ma il Dio fabbro non era Efesto?
Doomale
Domenica 3 Dicembre 2017, 20.47.29
1
Me lo sto sentendo adesso. Bello..chiaramente sono solo al primo ascolto ma i sentori sono positivi. Soprattutto per me che seguo questa scena (tra le mie preferite di sempre ) dal 93-94 sentire questi echi gloriosi di Rotting christ ( non solo) non può che darmi soddisfazione. Si sente anche come evidenziato da te una certa epicità di fondo che rimanda ai grandi del genere e rimanendo nello stesso paese anche ai Macabre Omen ( a proposito...). Molto interessante anche il concept che racchiude l'album, quindi promosso e messo in lista acquisti. Voto giusto e bella recensione. P.s. Volevo aggiungere solo ai nomi da te citati della suddetta scena anche i grandiosi Acherontas ( tra i miei preferiti) Thy Darkned Shade e Katavasia..e magari anche gli storici Naer Mataron..
INFORMAZIONI
2017
Iron Bonehead Productions
Black
Tracklist
1. Lykaon
2. Oedipus
3. Tantalus
4. Thyestia Deipna
5. Agamemnon
6. Orestes
Line Up
Porphyrion (Voce)
Therthonax (Chitarra)
Melanaegis (Chitarra)
Pandion (Cornamusa, Strumenti a fiato, Salterio)
Aristomache (Tastiera)
Echetleos (Basso)
Hyperion (Batteria, Percussioni)

Musicisti Ospiti
Alex The One (Voce)
 
RECENSIONI
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