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David Bowie - 1.Outside
25/12/2017
( 4660 letture )
L'album in studio numero diciannove firmato David Bowie uscì in un momento molto particolare e, soprattutto, quando non tutti si aspettavano da lui un prodotto di simile qualità. Come innumerevoli volte prima e confermando in pieno la sua caratteristica principale come artista, ossia quella di cambiare continuamente. Cavalcando e/o creando certe tendenze ed ottenendone quasi sempre il meglio, come abbiamo ripetutamente detto in questa serie di articoli che lo hanno riguardato ed anche nei momenti meno importanti, come quelli più dance. Nel caso di 1.Outside, il ritorno-ricorso alla forma concept e alla collaborazione con Brian Eno ed ai suoi metodi di lavoro in studio, portò ad un risultato per molti versi eclatante. Per inquadrare nella sua interezza la costruzione di un album che alcuni paragonano per qualità e contenuto artistico a quelli della famosa "trilogia berlinese", è però necessario riferirsi al periodo storico durante il quale fu concepito. Proprio come per la trilogia prima richiamata. L'album, il cui sottotitolo è The Ritual Art-Murder of Baby Grace Blue: A non-linear Gothic Drama Hyper-Cycle, si basa sul racconto di una possibile, distopica società prossima ventura, nella quale l'omicidio è diventato una sublime forma di espressione artistica. La genesi del lavoro prende la mosse dal riavvicinamento tra Bowie ed Eno i quali, ritrovandosi a lavorare in studio, utilizzarono nuovamente le "strategie oblique"* già usate nella loro collaborazione precedente e una serie di musiche scaturite in massima parte da improvvisazioni in studio, contrariamente a quanto usava fare Bowie in quegli anni. Interessantissime, poi, sia la storia in sé, le motivazioni che portarono al suo concepimento che, infine, le tecniche usate per lo sviluppo della stessa mediante testi apparentemente quasi privi di senso.

La storia narrata è anche conseguenza della fase storica attraversata dalla nostra società al tempo della sua stesura. Un momento in cui si passava da una situazione pre-caduta del Muro di Berlino e di tutto ciò che la sua presenza significava, ad un post-Muro nel quale tutto sembrava volgere in una certa direzione. La ricerca di una spiritualità non tradizionale, in una certa misura neo pagana e volta ad una nuova comunione con la natura, che comportava anche un ritorno a pratiche di modifica del proprio corpo che, peraltro, sono pienamente sopravvissute fino ai nostri giorni diventando praticamente fenomeno di massa, quasi svuotato del suo significato spirituale. Il tutto, portato sul piano della funzione e del significato dell'essere artista, era anche metafora dell'esposizione di Bowie come personaggio pubblico in quanto tale e della traslazione della figura della vittima in quella dello stesso cantante, a prendere atto della sua funzione nella società del momento ed intuendone gli sviluppi dopo il 2000. L'amplificazione della percezione di quel passaggio, la metabolizzazione delle ansie connesse alle difficoltà di fine millennio, l'incertezza per quanto sarebbe accaduto all'inizio del nuovo e, ricollegandosi a quanto prima specificato, l'idea che a distanza di poco più di cento anni questo potesse portare alla ritualizzazione dell'omicidio come estrema forma d'arte, produsse la creazione di Nathan Adler (nome anche di un rabbino cabalista del 700), altra fenomenale incarnazione artistica del Nostro, dopo quelle epocali degli anni 70. Concretizzando la scrittura dei testi mediante la tecnica del cut-up ed applicandogli Verbasiser**, confermando ancora una volta la sua assoluta modernità e conferendogli un ben percepibile grado di incoerenza ed illogicità apparente e presentando infine al pubblico un disco che era più una performance di arte contemporanea che un semplice CD. A partire dalla cover dello stesso Bowie. Nathan Adler, investigatore in forza alla divisione Crimini Artistici del Protettorato delle Arti di Londra, deve investigare sul decesso di una quattordicenne che è stata poi smembrata ed esposta a mò di opera d'arte, appunto. I vari personaggi sospettati, tra i quali una disegnatrice di gioielli fatti anche con parti di corpi, il vero colpevole ed altri tutti da scoprire per chi non dovesse conoscere l'opera, sono come colori su una tavolozza. Per quanto riguarda la musica, ancora una volta la classe dell'artista ha colpito nel segno, con il suo uso/riuso/interpretazione di elementi industrial, techno, art-rock, pop e molto altro e lasciando che i musicisti coinvolti facessero fluire la musica in maniera dadaista nei Mountain Studios di Montreux, portando dapprima ad un doppio album rifiutato dalla casa discografica e poi ridotto a NY con altri musicisti (Alomar, per esempio) e reso infine quello che conosciamo.

Pur essendo un album musicalmente di qualità talmente rilevante da poter essere considerato come uno di quelli di spicco all'interno della carriera di un artista che ha prodotto dei veri capolavori, l'importanza di 1.Outside è più ancora concettuale. Ricordato in buona parte per The Hearts Filthy Lesson ed i suoi suoni techno-industrial; per Strangers When We Meet, singolo in realtà poco coeso col resto dell'album (è la riproposizione di una canzone scritta in un periodo precedente) ed Hallo Spaceboy, un pezzo che sembra un prodotto apocrifo dei Nine Inch Nails -poi in tour con Bowie- rimaneggiato da un Brian Eno improvvisamente interessato al metal e successivamente reso ancor più noto dai Pet Shop Boys, il parto artistico in questione è solo parzialmente riconducibile ad una serie di canzoni legate da una storia. Difatti, nonostante gli spunti di grandissimo interesse non si esauriscano certo qui (la dolorosa title-track; la "sospensione" di The Motel; la strana epicità di No Control; l'estrema drammaticità di I Am With Name e infinite altre sfumature e complessità da scoprire), il nucleo essenziale del disco è da cercare e trovare intendendo l'opera come una performance di pittura-scultura mentale. Il fatto stesso che Bowie sia intervenuto poco nelle prime fasi di "messa a punto interiore" dei musicisti, dedicandosi perlopiù alla pittura mentre gli interessati lasciavano che le loro note scorressero per libere associazioni di idee sotto la guida di Eno, questo stesso un modo di lavorare più vicino all'arte moderna che alla musica in senso stretto, spiega molte cose. E se 1.Outside è da intendere come performance pittorica traslata su disco, come deve essere valutato, allora? Quando un'opera d'arte visiva -un quadro, per semplificare- può essere considerato tale e addirittura un capolavoro? Partendo dal presupposto che l'arte che è passata alla storia è sempre stata quella che non solo ha interpretato per prima i tempi in cui è stata prodotta, ma ha intuito prima che i fatti accadessero la direzione in cui la società si era incamminata od ha indicato vie, soluzioni e modi di pensare nuovi che hanno dato un contributo che a volte esulava completamente dalla forma per farsi solo sostanza, 1.Outside è un'opera d'arte nel senso più pieno del termine. E' c'è ancora dell'altro. Non solo il concept che lo anima ha infatti precorso i tempi introducendo il nuovo millennio e concetti che, in momenti come quelli attuali in cui i mass-media propongono giornalmente immagini di corpi straziati esposti alla vista di tutti ed i salotti TV ne fanno argomento da talk-show mattutino, svuotandone completamente il significato mediante la loro serializzazione, c'è anche un ulteriore, inquietante e struggente sottotesto. L'idea hirstiana dell'uso dell'omicidio e dello smembramento e della morte stessa come forma d'arte, si collega in maniera sublime a quanto Bowie farà con sé stesso in occasione della sua. La gestione dei suoi ultimi mesi come estrema forma d'espressione e possibilità di renderla veicolo del suo ultimo messaggio al mondo, l'auto-esposizione di sé stesso e di ciò che era l'uomo e l'icona che poi ha prodotto Blackstar nel momento in cui era quasi diventato inerme, porta con sé la possibilità che 1.Outside ed il personaggio di Baby Grace, uccisa, dissezionata ed esposta al pubblico "dall'interno", sia anche metafora di Bowie e della propria condizione di artista. E la grandezza di un uomo che prima interpreta in tal modo la fine di un millennio ed il senso del proprio essere artista/opera d'arte e poi, anni dopo, porta ancora oltre il concetto rendendo realmente arte la sua stessa morte, è semplicemente incommensurabile.

* Con "strategie oblique" ci si riferisce ad un mazzo di carte creato da Eno in collaborazione con Peter Schmidt. Su ognuno dei due lati erano stampati aforismi apparentemente senza logica e, una volta consegnate ai musicisti prima delle loro performance, favoriva il pensiero laterale ed il fluire delle idee in maniera non convenzionale e mai banale. Nel caso di 1.Outside, ad esempio, uno dei messaggi ai quali attenersi diceva: "Sei un ex-membro scontento di un gruppo rock sudafricano. Suona le note che non ti erano consentite".

** Verbasiser è un programma creato per comporre testi al quale lavorò la stesso Bowie con l'aiuto di Ty Roberts, basato sull'uso del cut-up applicato al PC. Ricomponendo testi ricavati dal ritaglio di frasi e termini tratti da giornali o altre fonti, il programma li riassemblava ricavandone liriche, spesso apparentemente sconnesse.



VOTO RECENSORE
87
VOTO LETTORI
69.69 su 55 voti [ VOTA]
McCallon
Lunedì 8 Gennaio 2024, 17.17.47
20
Per me disco eccezionale, uno dei migliori di Bowie; il concept, la difficoltà d\'ascolto, la schizofrenia dei testi e delle soluzioni stilistiche... Mi piace tutto dell\'album.
Epic
Martedì 23 Maggio 2023, 21.04.31
19
Amo Bowie, però questo album mi annoia da morire, mai capito le lodi. Le atmosfere malsane e schizzate sono interessanti, due o tre pezzi sono di classe, ma mancano le canzoni. Un album che coniuga musica e narrazione, è ostico e gelido, però non mi piace. Preferisco di molto Earthling
Dani77
Lunedì 28 Dicembre 2020, 15.43.40
18
Concordo con il voto del recensore. L'accoppiata Bowie-Eno è da sempre sinonimo di buoni risultati.
LostHighway78
Martedì 5 Marzo 2019, 8.18.00
17
solo il commento di Perez mi trova in pressoché perfetto accordo
LostHighway78
Sabato 2 Marzo 2019, 17.57.20
16
OPERA SOMMA, voto recensore digeribile, voto lettori da codice penale
klostridiumtetani
Domenica 14 Gennaio 2018, 16.47.00
15
#13, Tutta la parte da "Secondo me" in poi, mi trova (senza eufemismi) in perfetta sintonia. Ma vabbè... è prevedibile che il "potere" se ne risenta.
Raven
Domenica 14 Gennaio 2018, 16.14.57
14
Tutta la parte del commento da "Secondo Me" in poi mi sembra per usare un eufemismo, fantasiosa e forzata. Ma vabbè...
L'adoratore del cespuglietto muliebre
Domenica 14 Gennaio 2018, 16.00.22
13
L'album è del '95. Dischetto interessante, ma gli preferisco quelli degli inizi e pure quello successivo, Earthling. Tutta la parte di recensione che ricostruisce la fase storica e la sua metabolizzazione artistica nonché quanto scritto sul precorrere i tempi anticipando tematiche di questo nostro mondo d'oggi brutto e cattivo mi sembra, per usare un eufemismo, fantasiosa e fozata. Ma vabbe'... Secondo me è andata più o meno così: in un periodo in cui non era più tanto di moda come un tempo, l'imprenditore-artista-grancervello Bowie richiama Brian Eno per accendere un po' i riflettori sulla sua carriera grazie al pippone mediatico sulla trilogia berlinese che ne sarebbe coseguito (come in effetti fu). Ci mettono dentro le ultime tendenze musicali e quindi (molta) elettronica e un po' di post-rock, la solita teatralità ed il solito fatalismo (un marchio di fabbrica) e l'mmancabile intellettualismo: il cut-up di Burroughs (direi in parallelo con lo smembramento narrato nella storia) e le cosiddette strategie oblique. Il risultato è un abum molto cerebrale e di molto difficile assimilazione, a tratti estremamente noioso, quello che però lo rende comunque un lavoro di un certo valore è la sua parte concettuale e l'intero procedimento di elaborazione compositiva (in sostanza il contributo di Brian Eno) che poi è quello che probabilmente lo rende così palloso. La morale della storia, quello che 1.Outside ci vuole dice con forza, è che in fondo non è mica detto che l'arte debba per forza essere piacevole, anzi, a volte più è una rottura di cazzo più è arte... Ciao belli.
Raven
Venerdì 5 Gennaio 2018, 11.02.50
12
Grazie
Vittorio
Venerdì 5 Gennaio 2018, 10.12.32
11
Non conosco l'album, ma la recensione è di altissimo livello. Complimenti!
Perez
Lunedì 1 Gennaio 2018, 12.13.44
10
Album così non ne trovi tanti in giro: coniuga arte, narrativa, rock elettronico in maniera perfetta. Cos'è 1.Outside? E' un'esperienza visiva musicata, un lavoro non solo unico nella discografia di Bowie, ma nel panorama musicale mondiale. La qualità poi dei brani è assurda. peccato che non vedremo mai il secondo capitolo, probabilmente l'ultimo grande capolavoro del Duca Bianco (Blackstar escluso)
Raven
Mercoledì 27 Dicembre 2017, 13.14.14
9
Mi fa davvero piacere che il nostro pubblico apprezzi questo lavoro.
Rob Fleming
Mercoledì 27 Dicembre 2017, 12.20.45
8
A me è sempre piaciuto moltissimo per le sue atmosfere oscure, malsane, distorte. Questo album è la dimostrazione di come Bowie fosse un fuoriclasse nel capire cosa doveva dare in pasto al pubblico. Lui sentiva, captava le esigenze del pubblico e le soddisfaceva con risultati quasi sempre (raramente ha sbagliato qualcosa in carriera) eccellenti.
Awake
Mercoledì 27 Dicembre 2017, 10.21.29
7
Album splendido e ottima recensione...
Testamatta ride
Martedì 26 Dicembre 2017, 19.48.23
6
La recensione dice già tutto. L'album è indubbiamente il più ostico della produzione di Bowie, il che è sempre un pregio dal mio punto di vista. Ricordo che The heart's filthy lesson era posta in chiusura di Seven di David Fincher, e le due cose si sposavano alla grande.
P2K!
Martedì 26 Dicembre 2017, 17.33.34
5
Disco ostico, freddo, malato, schizzato... il prodotto meno commerciale di Bowie, eppure un'opera d'arte di difficile decifrazione. D'altro canto quando ti presenti al mondo con un singolo come "heart filthy lessons" dal video disturbante (ma uno dei più belli mai visti)... A mio avviso uno dei suoi apici
lisablack
Martedì 26 Dicembre 2017, 15.59.38
4
Volevo scrivere rece ahahahaha mannaggia a sti telefoni!
lisablack
Martedì 26 Dicembre 2017, 15.57.07
3
Artista unico e indimenticabile che per me ha scritto tra i migliori brani di sempre..un genio. Questo album ammetto di non averlo mai sentito, l'anno di uscita è il 96, infatti in quel periodo ero devota "anima e cuore" al black metal..mi deve essere sfuggito questo disco! Ma lo ricupero perché questa fece mi ha colpito.
Galilee
Martedì 26 Dicembre 2017, 15.24.58
2
Grandissimo disco di Bowie, uno dei miei preferiti. Ho molti ricordi legati a questo album. Bella recensione come al solito.
Vulgar Puppet
Martedì 26 Dicembre 2017, 15.02.32
1
Rece stupenda Raven. Stai rendendo giustizia a un artista immenso come David Bowie, complimenti
INFORMAZIONI
1996
BMG/Virgin
Rock
Tracklist
1. Leon Takes Us Outside
2. Outside
3. The Heart's Filthy Lesson
4. A Small Plot of Land
5. Baby Grace (A Horrid Cassette)
6. Hallo Spaceboy
7. The Motel
8. I Have Not Been to Oxford Town
9. No Control
10. Algeria Touchshriek
11. The Voyeur of Utter Destruction (As Beauty)
12. Ramona A. Stone / I Am With Name
13. Wishful Beginnings
14. We Prick You
15. Nathan Adler
16. I'm Deranged
17. Thru' These Architects Eyes
18. Nathan Adler
19. Strangers When We Meet
Line Up
David Bowie (Voce, Sassofono, Chitarra, Tastiere)
Brian Eno (Sintetizzatori, Strategie Oblique)
Reeves Gabrels (Chitarra)
Carlos Alomar (Chitarra)
Yossi Fine (Basso)
Erdal Kizilcay (Basso, Tastiere)
Mike Garson (Piano)
Sterling Campbell (Batteria)
Joey Baron (Batteria)

Musicisti Ospiti
Kevin Armstrong (Chitarra nella traccia 17)
Tom Frish (Chitarra nella traccia 19)
Bryony, Lola, Josey & Ruby Edwards (Cori nelle tracce 3 e 19)
 
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Articolo
DAVID BOWIE
A New Carrier In A New Town
 
 
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