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19/04/24
GOATBURNER + ACROSS THE SWARM
BAHNHOF LIVE, VIA SANT\'ANTONIO ABATE 34 - MONTAGNANA (PD)
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Galactic Cowboys - Long Way Back to the Moon
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08/01/2018
( 1521 letture )
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Esistono band che nonostante la proposta innovativa, la grande capacità tecnica unita ad un songwriting davvero particolare nel corso della propria carriera non riescono a raccogliere quanto di buono è stato seminato. Questo è il caso dei texani Galactic Cowboys: anche se negli anni novanta erano un nome che girava tra gli appassionati sono sempre rimasti una band di culto, il loro sound è una sapiente miscela tra heavy, rock, passaggi thrash e una punta di prog, il tutto amalgamato con una eccellente dose di melodia che si ispira, per loro stessa ammissione, direttamente ai fab four di Liverpool, ovvero i Beatles. A diciassette anni di distanza dall’ultima fatica discografica esce oggi Long Way Back To The Moon, la formula non cambia di molto risultando accattivante e incredibilmente orecchiabile con ritornelli che rimangono in testa, indubbiamente si possono affiancare in qualche modo ai King’s X dei quali per un breve periodo il batterista Jerry Gaskill ha militato proprio nella band texana. Un altro aspetto da non sottovalutare dei Galactic Cowboys è che la formazione è rimasta quella degli esordi, a parte qualche split di breve durata la band è sempre rimasta compatta e coesa.
L’album si apre con la lunga In The Clouds, un mid tempo hard rock con la voce di Ben Huggins subito predominante, melodica ma potente allo stesso tempo accompagnata dagli efficaci cori che contraddistinguono la band; le armonie di chitarra vengo ben sostenute dalla semplice ma precisa sezione ritmica composta da Monty Colvin al basso e da Alan Doss alla batteria, la parte centrale anticipa l’assolo ben eseguito e carico di melodia, si denota sin da questo primo brano la grande capacità compositiva dove niente viene lasciato al caso, ma il tutto si incastra alla perfezione. La seguente Internal Masquerade è il singolo estratto, il riff iniziale è coinvolgente come la seguente linea vocale per giungere al refrain che grazie all’ottimo lavoro di cori e controcanti rimane in mente per parecchio al punto che vi ritroverete a canticchiarla in vari momenti della giornata, tutto molto semplice ma davvero trascinante. I Galactic Cowboys tornano con un album ben concepito, coinvolgente e ben equilibrato; il terzo brano cambia rotta, ritmiche decisamente più pesanti ed un andamento iniziale alla Rage Against The Machine ma è il coro centrale che spiazza completamente visto che sembra fuoriuscito da un qualsiasi brano dei Beatles, dannatamente efficace. Il combo texano sa colpire, con Zombies troviamo un brano più violento, l’attacco molto thrash viene affiancato da un cantato aggressivo con aperture più heavy ma sono ancora i cori a spiazzare per la loro semplice melodia che si fonde perfettamente nel contesto della canzone, è proprio questa la forza della band, saper coinvolgere l’ascoltatore con passaggi che non sono mai fuori posto ma che piuttosto assestano il tutto con una originalità unica; non manca di certo la ballad, Amisarewas è un brano lento e sognante, la linea melodica non è certamente originale ma costruisce un efficace atmosfera tipicamente hard rock nella quale l’ottimo assolo ne innalza il valore. Il disco prosegue alternando brani più nervosi ad altri più semplici e melodici, il combo texano riesce a districarsi al meglio miscelando alla perfezione le proprie caratteristiche; la chiusura è affidata alla title track, un brano cadenzato dove alla voce troviamo Monty Colvin capace di creare anch’esso una linea melodica molto interessante, la band non è mai sopra le righe trasmettendo un buon feeling.
Un ottimo ritorno questo dei Galactic Cowboys, in linea con quello che hanno saputo fare in passato, un sound più moderno ma inconfondibile; una band non per tutti, ma certamente se si ha voglia di ascoltare un buon disco di rock, con tutte le contaminazioni del caso da quelle estreme ad altre assolutamente più leggere, l’album si fa ascoltare piacevolmente dall’inizio alla fine. Nell’edizione speciale troviamo altri due brani, Believing The Hype che rimanda vagamente agli Alice In Chains e Say Goodbye To Utopia. Bentornati!
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4
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80 anche per me, grande album e graditissimo ritorno! |
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3
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Con i galactic cowboy sembra che il tempo non sia mai trascorso, in senso positivo naturalmente La loro capacità di unire riff potenti con melodie west coast è rimasta inalterata, con il risultato di aver realizzato un grande album. (Imho) |
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2
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Ce l'ho già da due settimane, che dire...bentornati cari cowboys! Il disco è nei loro standard, bello, stralunato, un po' malinconico e a tratti incazzato, insomma la loro miscela speciale. Voto e rece giusti, ma per affetto io gli appioppo un 80! |
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1
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Chi si rivede! Space in Your Face era una gran album
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INFORMAZIONI |
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Tracklist
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1. In The Clouds 2. Internal Masquerade 3. Blood In My Eyes 4. Next Joke 5. Zombies 6. Drama 7. Amisarewas 8. Hate Me 9. Losing Ourselves 10. Agenda 11. Long Way Back To The Moon 12. Believing The Hype (Bonus Track) 13. Say Goodbye To Utopia (Bonus Track)
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Line Up
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Ben Huggins (Voce, Chitarra) Dane Sonnier (Chitarra) Monty Colvin (Basso, Voce nella traccia 11) Alan Doss (Batteria, Tastiere)
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RECENSIONI |
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