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22/02/19
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ROCK OUT - BRESCIA
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Xenosis - Devour And Birth
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02/02/2018
( 626 letture )
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Formati nel 2010 presso New Haven in Connecticut, gli Xenosis sono alfieri di un death metal tecnico e fortemente venato da tinte progressive, sulla scia tracciata da bands storiche come Death, Atheist e Suffocation, senza però rinunciare a richiami più moderni come Gojira, Textures e The Dillinger Escpe Plan (questi ultimi in misura decisamente minore). In questi sette anni di attività i Nostri hanno pubblicato due album e -proprio a febbraio 2018- è prevista l’uscita del terzo full-lenght, Devour And Birth, oggetto della recensione odierna.
L’opera terza della band statunitense parte subito in quarta, con la contorta Night Hag. Ci troviamo d’innanzi a una classica opener che non conosce cali di tensione, con un buon connubio tra le partiture elaborate delle chitarre, inarrestabili sia nel riffing possente e costantemente arzigogolato, decisamente di stampo prog metal e, soprattutto una sezione ritmica con una batteria tritasassi, che come da tradizione per il genere si alterna tra sfuriate in blast beat ed elaborati passaggi in controtempo (come quello irresistibile posizionato a metà pezzo). La successiva Army of Darkness si mantiene sullo stesso livello, alternando però il growl cavernoso ad uno scream acido e un riff melodico ma sempre aggressivo, leggermente più thrashy nei passaggi più tirati. La doppietta composta da Delirium (Death of a God) e Concave è un personale tributo al death old school di Atheist e Death, i primi udibili con melodie cupe e dal vago retrogusto fusion, i secondi con un songwriting imprevedibile e pieno di cambi di tempo, riff taglienti e a tratti maestosi.
Dopo i suoni campionati -francamente evitabili- di Oxidation, ci avviciniamo verso la seconda parte del platter. Ominous Opus alterna un riff in pieno stile Meshuggah a uno più teso che esplode nella seconda parte del pezzo, tra veloci sfuriate e fulminei passaggi in tapping. Non sarà un capolavoro come canzone, ma ha buoni spunti e certamente si farà apprezzare per l’abilità strumentale con cui è suonata. La title-track è il brano migliore del disco: velocissimo, da puro headbanging e infarcito di riff fulminei, tecnici al punto giusto. Chiude il disco The Projector, che mescola sapientemente parti dissonanti, magmatici passaggi in tremolo degni di alcune cose dei Morbid Angel e una parentesi solista che ricorda in tutto e per tutto, dalla rimica fino al trasporto impiegato negli assoli, i Death di Symbolic.
Il terzo lavoro degli americani Xenosis ci consegna una band onesta, capace di aggiornare al 2018 la lezione dei padri fondatori del death, con una vena modernista d’impatto, anche se decisamente ben calibrata con i riferimenti più datati. Il disco non è certo memorabile, ma i pezzi in esso contenuti sono ben suonati, ben arrangiati e tecnicamente impegnativi. E di questi tempi, in un genere inflazionato come il tech-death, non è certamente cosa da sottovalutare.
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1
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Al primo ascolto l'ho trovato molto buono |
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INFORMAZIONI |
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Tracklist
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1. Night Hag 2. Army of Darkness 3. Delirium (Death of a God) 4. Concave 5. Oxidation 6. Ominous Opus 7. Devour and Birth 8. The Projector
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Line Up
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Sal Bova (Voce) Kenny Bullard (Chitarra) Mark Lyon (Chitarra) Dave Legenhausen (Basso) Gary Marotta (Batteria)
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RECENSIONI |
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