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King Crimson - Beat
10/02/2018
( 4094 letture )
Che la formazione dei King Crimson rimanga inalterata da un disco all’altro è un’assoluta novità nella storia del gruppo inglese. Il leader Robert Fripp prima d’allora aveva sempre rinnovato la sua creatura, anche con minimi cambiamenti di line up, per non rimanere stagnato in un sound già definito, ma l’alchimia del gruppo di Discipline e la sua perfetta collocazione temporale non possono che spingerlo a non cambiare nulla per il successivo Beat. Siamo nell’epoca della new wave, nei primi anni ‘80: Fripp, dopo aver lavorato con Brian Eno, David Bowie, Peter Gabriel, i Talking Heads per dirne solo alcuni, ha deciso di rifondare la sua creatura, il Re Cremisi, perfettamente conscio di quanto e come fosse cambiato il mondo del rock in quei sette anni di pausa. Gli anni ‘70 sono lontani anni luce, ma il suo stile nel frattempo si è evoluto ed è rimasto perfettamente al passo coi tempi. Per questo Adrian Belew e Tony Levin sono scelte impeccabili: musicisti tecnicamente mostruosi ma modernissimi, già rodati dalle collaborazioni con i succitati artisti, che li hanno messi in contatto con Fripp stesso. Bill Bruford, pur essendosi tenuto lontano dalla new wave, si è immerso nella jazz fusion, senza perdere nulla delle sue capacità fuori dal comune alla batteria. Fu così che Discipline divenne un disco indimenticabile e Beat un altro gioiello di rara bellezza.

Chiaro omaggio alla Beat Generation (secondo alcuni per celebrare i venticinque anni dall’uscita di ʺSulla stradaʺ di Jack Kerouac), si distacca parzialmente dagli intrecci minimalisti di chitarra di Discipline, su cui stava lavorando con esiti molto differenti anche Glenn Branca nell’underground newyorkese, insieme ai futuri Sonic Youth, Lee Ranaldo e Thurston Moore, per un approccio più diretto, che culminerà nel lato A del seguente Three of a Perfect Pair. Si fanno ancora più forti gli influssi della world music, frutto in parte della corrispondenza incrociata con la già nominata band di David Byrne: i Talking Heads, che hanno preso dal progressive rock dei King Crimson e poi creato uno stile unico che ha a sua volta influenzato gli ispiratori stessi. Beat diventa quasi ballabile in certi punti, anche per via dello spazio dato alla parte ritmica che, con il Chapman Stick di Levin e l’estro batteristico di Bruford (il cui connubio quasi rivaleggia con Bruford - Squire e Bruford - Wetton), diventa irresistibile. Ma la classica complessità armonica dei britannici non va perduta, e le due sei corde spesso e volentieri scombinano le carte in tavola con effetti stranianti e poliritmie, coronate dall’espressività canora del grande Adrian Belew.

Neal and Jack and Me mostra subito una band in forma smagliante, capace di passare da groove eccezionali a melodie sognanti con una naturalezza disarmante. Ovvi i riferimenti a Kerouac e al suo miglior amico Neal Cassidy nel titolo e nel testo della canzone, che racchiude tutte le caratteristiche del songwriting di Adrian Belew, dai versi quasi pop alla narrazione sconclusionata. Heartbeat poi è un perfetto singolo new wave, una canzone d’amore di classe per la quale i nostri realizzarono persino un videoclip. La chitarra solista rimanda a Book of Saturday, ma il pezzo è la dimostrazione della modernità del progetto King Crimson, sempre fedele a sé stesso ma mai datato. Così la world music irrompe con prepotenza nella strumentale Sartori in Tangier, riferimento sia a un libro di Kerouac che alla città di Tangeri, in Marocco, dove molti scrittori della Beat Generation hanno vissuto. Si respira l’aria dell’Africa, si danza sulle note di una sezione ritmica da sballo, si sogna sull’assolo fortemente orientaleggiante della chitarra e sull’organo estatico di Fripp. Waiting Man prosegue sulla stessa scia, cantando del ritorno di un uomo da un lungo viaggio con suoni capaci di evocare alla perfezione i paesaggi africani, i suoi colori caldi, i suoi elementi naturali. Il crescendo porta il brano su territori sempre più elettrici, dove le due sei corde tornano a mescolarsi e ad affrontarsi, prima di lasciare la coda al canto malinconico di Belew.

Neurotica riporta in vita gli istinti free jazz del gruppo su uno spoken word delirante, che si placa solo nella parte centrale del pezzo, costruito attraverso saliscendi continui trainati da un Bruford sensazionale. Two Hands è una sorta di ballad etnica il cui testo è frutto della mano di Margaret Belew, moglie di Adrian. Levin, con le sole percussioni ad accompagnarlo nella ritmica, segue chitarra e voce con contrappunti essenziali, dimostrando ancora una volta di poter fare qualunque cosa con lo strumento che ha lui per primo reso famoso nel mondo del rock. Tornano con forza le dissonanze in The Howler, che riprende concettualmente il grido di protesta del famoso poema ʺUrloʺ di Allen Ginsberg. Si viene a creare, anche grazie ai tribalismi dell’ex - Yes, un’atmosfera psichedelica e -a tratti- malsana. Requiem sulle prime riporta alla mente gli esperimenti ambient del Duca Bianco ai tempi di Heroes e Low, ma poi man mano che la chitarra di Fripp si sbizzarrisce, il pezzo si tramuta in un jazz acido e libero, chiusura rabbiosa e frutto di improvvisazioni e contrasti di varia natura tra i due chitarristi del gruppo.

Il mix finale fu infatti problematico per via di litigi tra Robert Fripp e un sempre più sicuro di sé Adrian Belew, che addirittura a un certo punto allontanò dallo studio di registrazione il mastermind della band. Ci vollero tre giorni e le parole oculate del manager Paddy Spinks perché Fripp tornasse in sala. Disse poi di non aver avuto niente a che fare col missaggio di Beat, proseguendo così una lunga tradizione di difficoltà produttive per i Crimson, che comunque non mancarono con questo nono album discografico di portare grande musica alle orecchie di critica e fan.



VOTO RECENSORE
86
VOTO LETTORI
82 su 9 voti [ VOTA]
Carlos Satana
Mercoledì 14 Febbraio 2018, 14.40.33
9
Giusto Ref!
Ref
Mercoledì 14 Febbraio 2018, 8.28.20
8
E già in discipline c'era un riferimento a Il Té nel deserto di Bowles.
Ref
Mercoledì 14 Febbraio 2018, 8.27.16
7
@Carlos Santana: sicuramente è un gioco di parole, ma: Neal Jack and me sono Jack Kerouac e Neal Cassidy, Heatybeat il titolo della biografia della moglie di Neal (e amante di Kerouac) Carolyn Cassidy, Sartori in Tangier è un riferimento al libro Sartori a Parigi, Neurotica era il titolo di un magazine in voga negli anni 40/50 e sempre nella prima traccia vengono citati altri due libri di Kerouac: Visioni di Cody e I Sotterranei. La recensione lo dice.
Carmine
Martedì 13 Febbraio 2018, 19.23.32
6
Bravo Fra. Bravo.
Le Marquis de Fremont
Lunedì 12 Febbraio 2018, 13.24.30
5
Come avevo già sottolineato commentando Discipline, questa stagione dei dischi dalle copertine monocromatiche e sgargianti degli straordinari King Crimson, all'epoca non mi era piaciuta. Eppure, a me, i Talking Heads piacevano parecchio. Poi ho rivalutato questi lavori trovando molte perle al loro interno. In quel periodo stavo iniziando ad occuparmi delle mia attività e giravo il mondo in maniera frenetica mentre questi lavori hanno bisogno di calma, concentrazione per assimilarli bene. Rimane l'assioma che qualunque lavoro dei King Crimson (e di Fripp) è interessante a prescindere. Questo non fa eccezione. Au revoir.
Carlos Satana
Lunedì 12 Febbraio 2018, 10.51.22
4
Date le caratteristiche del disco, credo che il titolo "Beat" c'entri ben poco con la beat generation, semmai va inteso nel senso di "battito" e quindi (come si usa spesso) di ritmo.
Awake
Sabato 10 Febbraio 2018, 21.26.28
3
Cmq al di la' dei KC, ottima recensione, a dimostrazione (per l'ennesima volta) della competenza dei recensori di Metallized, il top delle webzine italiane, e non solo per ciò che concerne il metal. Credo sia giusto ribadirlo, a costo di essere tacciato di piaggeria: questi ragazzi stanno facendo un gran bel lavoro.
Galilee
Sabato 10 Febbraio 2018, 21.14.50
2
Buona la recensione, concordo un po su tutto. Poi vabbè, io son di parte, a me dei King piace tutto. È questo mi fa impazzire. Si, il punto di contatto coi TH a partire da Discipline è palpabile.
Awake
Sabato 10 Febbraio 2018, 21.10.18
1
Grandi musicisti (Levin e Bruford in particolare) ma li ho sempre trovati troppo cervellotici e schizofrenici, con quella voglia di stupire, di sperimentare, di andare "troppo oltre" che è sempre andata a discapito del songwriting. Va da sé che non li ho mai amati, non sono proprio nelle mie corde. In quest'album l'influenza "di rimando" dei Talking Heads si sente di brutto, a mio parere anche in Discipline se ne sentivano già i prodromi. Precursori dell Acid House (si scherza eh?).
INFORMAZIONI
1982
E.G. Records
Inclassificabile
Tracklist
1. Neal and Jack and Me
2. Heartbeat
3. Sartori in Tangier
4. Waiting Man
5. Neurotica
6. Two Hands
7. The Howler
8. Requiem
Line Up
Adrian Belew (Voce, Chitarra)
Robert Fripp (Chitarra, Organo, Frippetronics)
Tony Levin (Basso, Chapman Stick, Cori)
Bill Bruford (Batteria, Percussioni)
 
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