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25/04/24
MARDUK + ORIGIN + DOODSWENS
AUDIODROME, STR. MONGINA 9 - MONCALIERI (TO)
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Museo Rosenbach - Zarathustra
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( 9109 letture )
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Un peccato, un vero peccato che Zarathustra non abbia portato alcuna fortuna ai suoi autori, perché il Museo Rosenbach (dal nome di un editore tedesco che tradotto suona “ruscello di rose”), produssero con questo disco uno degli episodi più riusciti della prima metà dei 70’s. Il gruppo si formò sulla scia degli insegnamenti provenienti dall’Inghilterra targati Nice, EL&P, Van Der Graaf Generator, Pink Floyd e, dopo avere trascorso un periodo da cover band di quei gruppi, giunse nel '73 a pubblicare per la Ricordi l’oggetto della presente recensione. Oltre ad un impianto musicale derivato e sviluppato con un certo gusto italiano proveniente dai gruppi citati prima, il connotato saliente della musica dei Museo Rosenbach era fornito dal cantato di “Lupo” Galifi, dotato di una voce che oggi si giudicherebbe quasi adatta all'estremo se adeguatamente usata, di matrice blues, che ricordava quella di Otis Redding o Joe Cocker e che, malgrado sia stata troppo imbrigliata dai poco disponibili tecnici del suono della Ricordi, forniva un’impronta decisamente originale alla band.
Il disco fu però affossato da due scelte concettuali prese in maniera poco cosciente: innanzi tutto il concept dell’album fondato sullo scritto nietzscheiano di Zarathustra, e sul conseguente generico fraintendimento dell’enucleato sul superuomo, dai più erroneamente interpretato come codificazione ante-litteram di quella pseudo-filosofia di estrema destra che avrebbe poi prodotto gli orrori che conosciamo (è opportuno forse ricordare una frase premonitrice del filosofo stesso che, in riferimento al dualismo ambiguo del libro, diceva : “Chissà quante generazioni dovranno trascorrere per produrre persone che sentano dentro di sé ciò che ho fatto. Ed anche allora mi terrorizza il pensiero di quelli che impropriamente si richiameranno alla mia autorità. Ma il maestro dell’Umanità sa che, in determinate circostanze, può diventare una sventura o una benedizione”), e che invece fu scelta dalla mente del gruppo, Alberto Moreno, più che altro per il suo lirismo onirico che ben si sposava con la musica del Museo. La seconda scelta fu la veste grafica affidata a Monti, che vedeva la testa di Zarathustra su fondo nero, ed inglobante anche un busto di Mussolini, anche se la prima versione proposta dalla band vedeva invece delle rovine antiche all’interno del collage al posto del resto. Il tutto in un momento storico in cui se non facevi parte del movimento controculturale eri automaticamente escluso dalla possibilità di essere valutato in maniera minimamente oggettiva.
Quanto sopra fruttò il boicottaggio a priori da parte della RAI, che all’epoca era l’unico canale efficace per la diffusione di massa, e se mamma RAI ti rifiutava eri socialmente finito. Da notare che i Museo Rosenbach erano invece un gruppo apolitico e che nei credits citavano per esempio Guccini. La televisione di Stato chiese scusa molti anni dopo, ma il Museo intanto era finito. Musicalmente il platter era introdotto dalla lunga suite Zarathustra, canonicamente divisa in cinque parti, al quale seguivano tre pezzi di durata più o meno normale, che presentavano interessanti aperture tastieristiche sinfoniche, con l’uso del mellotron di tanto in tanto calante e le frequenti incursioni blues, a malapena represse da Lupo, l’anima hard’n’blues del gruppo. Questo produceva una tracklist "forte", in grado di mantenere viva l'attenzione dell'ascoltatore e senza veri cali di tensione fino alla conclusiva Dell'Eterno Ritorno.
Della presenza come batterista di Giancarlo Golzi, poi J.E.T. ed infine Matia Bazar, vi ho già accennato nella recensione dei J.E.T., mentre rimane da sottolineare come questo rarissimo vinile sia senza dubbio uno dei prodotti più rappresentativi di un’epoca, quella dell’utopia prog, che deve ancora essere riscoperta appieno in particolare dai più giovani, frequentamente completamente all'oscuro di quanto il nostro Paese ha saputo produrre prima di essere azzerato da Cecchetto e dagli anni dell'edonismo reaganiano.
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14
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Capolavoro del prog italiano, recensione perfetta |
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13
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Capolavoro del Prog Italiano! E' un peccato che all'epoca la copertina del disco creò delle controversie, ma per fortuna dopo gli anni 70 questo disco é stato rivalutato e scoperto anche all'estero e gli viene riconosciuto il prestigio che merita. |
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12
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Riuscito a prendere ora una versone su ebay stampata in Germania della Flawed Gems del 2011. Versione digipack senza libretto e testi. Album stupendo, con dei passaggi davvero innovativi. Un vero capolavoro a livello mondiale che va riscoperto e davvero valorizzato. |
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11
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Visto che la vecchia cara cassetta è diventata pressoché inascoltabile e visto che non potevo andare avanti con la versione in mp3, appena il mio negoziante di fiducia mi ha detto che era stato nuovamente ristampato me lo son prenotato. Una volta arrivato me lo son goduto almeno una decina di volte (i 39 minuti scarsi hanno agevolato non poco i molteplici ascolti). La versione che ho io è in digipack che riproduce la confezione del vinile dell'epoca con i testi a parte. La magia è rimasta inalterata. Confesso di non aver fatto mente locale, pur sapendo che il gruppo Il tempio delle clessidre annovera alla voce Stefano "Lupo" Galifi, non avevo realizzato che prende il nome dall'ultimo movimento della suite Zarathustra. |
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10
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capolavoro vero, poco da dire. |
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9
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Disco assolutamente immenso. 90 |
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8
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Il panorama del progressive italiano ha sfornato moltissimi capolavori tanto che può essere considerato il migliore prog, forse secondo solo a quello inglese. Ma dinanzi a un album del genere tutti dovrebbero piegare la testa e inginocchiarsi: un concept album completo, che affronta una tematica complessa come quella nietzschiana con versi eccellenti e una musicalità perfetta. Inutile dire che l'abilità dei musicisti è straordinaria e questo album è assolutamente tra i migliori. Voto 100 |
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7
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Dimenticavo, voto: 100. |
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6
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Sicuramente uno dei dischi Prog più belli di tutti i tempi. Un capolavoro dall'inizio alla fine, un disco di proporzoni colossali, un disco da possedere, custodire gelosamente ed ascoltare quando si vuole viaggiare con la mente. Cazzo, una volta quì sorgevano gli Area, gli Osanna (per non citare i "soliti" PFM e BMS), i vari progetti di Bartoccetti... |
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4
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grandissimo disco-capolavoro, di sicuro tra i primi 3 più belli del prog italiano. |
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3
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Capolavoro del prog italiano, voto meritatissimo, che mi permetterei di alzare fino al 90 |
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2
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Clap clap clap clap.... Verissimo quanto detto su Nietsche. |
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1
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Grande Raven, continua così. Mi piacerebbe, da lettore esterno che oltre ai classici del prog come fa Francesco, venissero recensiti altri grandi della musica, come avete fatto con Nick Cave qualche tempo fa. |
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INFORMAZIONI |
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Tracklist
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Zarathustra a) L'Ultimo Uomo b) Il Re di Ieri c) Al di Là del Bene e del Male d) Superuomo e) Il Tempio delle Clessidre Degli Uomini Della Natura Dell'Eterno Ritorno
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Line Up
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Giancarlo Golzi - batteria, voce Alberto Moreno - basso, pianoforte Enzo Merogno - chitarra, voce Pit Corradi - Mellotron, Hammond Stefano Lupo Galifi - voce
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RECENSIONI |
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