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19/04/24
DESPITE EXILE + LACERHATE + SLOWCHAMBER
BLOOM, VIA CURIEL 39 - MEZZAGO (MB)
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09/05/2018
( 2172 letture )
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A due anni dall’uscita di Legacy, sotto la stessa casa discografica e con la medesima formazione, tornano alla carica con Gravity i Praying Mantis. L’iconico gruppo inglese, alfiere della NWOBHM, si ripropone con l’ormai classica formula a base di un allegro heavy metal tendente al rock e di melodie orecchiabili, quasi radiofoniche. La band capitanata dai fratelli Troy si dimostra come sempre all’altezza: anche se i tempi di Time Tells No Lies, del tour con gli Iron Maiden e della NWOBHM sono passati, la sostanza resta la stessa. I suoni sono freschi, moderni e le composizioni sono ancora più melodiche, in continuità con Legacy, ma le qualità e lo stile che hanno reso i Praying Mantis una delle realtà più stabili nel tempo e influenti per il genere restano saldi a livelli altissimi.
L’album si apre con l’energica Keep It Alive, uno scanzonato pezzo hard rock, allegro e veloce, in cui emerge l’influenza AOR di artisti come Thin Lizzy, Foreigner e Wishbone Ash. Alcuni secondi di panico invece con l’intro di tastiere di Mantis Anthem, che sembra l’inizio di Go West dei Pet Shop Boys. Ovviamene la traccia segue un’altra direzione trattandosi di una power ballad con un potente ritornello corale, accompagnata da fastose chitarre e tastiere. Battute a parte, nel range sonoro di Gravity gli strumenti si mettono veramente al servizio della melodia e dell’orecchiabilità. Su una linea simile, ma forse ancora più melodica e catchy, si muove Time Can Heal. Tornano sonorità più aggressive con 39 Years grazie ai suoi riff potenti e a una sezione ritmica massiccia. La titletrack, Gravity, è uno dei pezzi più riusciti ed elaborati dell’album: il songwriting è sempre avvincente, come lo sono le melodie, i fraseggi di chitarra e la linea di basso alla base. Da questo punto in poi l’album cresce ulteriormente di intensità grazie a canzoni in cui la sempre energica voce di John “Jaycee” Cuijpers diventa ancora più incisiva ed emozionante, come accade in Ghosts of the Past e in Destiny in Motion. The Last Summer è una delle canzoni di più facile presa, altra power ballad semplice e diretta, con un ritornello quasi pop rock. Foreign Affair e Shadow of Love sono una doppietta di canzoni intense e armoniose, sempre in linea con le canzoni precedenti. Chiude il tutto Final Destination, ultimo ruggito del CD.
Gravity è un disco scritto e suonato in maniera impeccabile, godibile dal primo all’ultimo secondo, in grado di conquistare gli ascoltatori grazie a pezzi che si muovono tra power ballad e un hard rock allegro e spensierato, come sempre fatto dai Praying Mantis, che già dal loro debutto hanno seguito questa direzione rispetto a quanto fatto da Iron Maiden, Judas Priest o Saxon. In Gravity questa caratteristica del gruppo viene espressa all’ennesima potenza: ogni attimo di musica in questo album mira ad essere vibrante, intenso ed emozionante, che sia nella parte cantata o negli immancabili e onnipresenti assoli di chitarra di Tino Troy e Andy Burgess. L’espressività e la musicalità vengono sempre messi al primo posto, senza mai essere banali, grazie alla personalità, alla tecnica e al buon gusto nella composizione della band. La formazione immutata rispetto al precedente Legacy ha consentito una maggiore libertà da parte di tutti nella scrittura e nella produzione di Gravity, garantendone una qualità eccezionale sotto tutti i punti di vista. Unico ma piacevole residuo del passato dei Praying Mantis è l’artwork disegnato da Rodney Matthews, che mantiene lo stile grafico di quanto aveva fatto su Time Tells No Lies o Predator in Disguise. Resta poco altro da dire: i Praying Mantis riescono anche stavolta a farsi apprezzare grazie a undici canzoni scorrevoli, ben arrangiate e facili da assimilare, per qualcuno fin troppo leggere o poco affini al metal (non ci sono lenti veri e propri, ma la maggior parte delle canzoni per quanto muscolose ed elettriche sono power ballad o poco più). Non c’è niente di nuovo rispetto al passato, i Praying Mantis preferiscono la continuità all’innovazione, ma grazie alla percepibile qualità di produzione e alla loro esperienza l’album funziona alla grande, diventando quindi un ascolto imperdibile per gli amanti del genere e del gruppo o per coloro che cercano un’oretta di buona musica rock non troppo impegnativa ma d’impatto, suonata brillantemente e alla fine della fiera più accattivante che cattiva.
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11
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Preso e ascoltato tre volte di seguito, per la prima volta nella storia della Mantide resto deluso, l'album meno bello in carriera. C'è un abisso rispetto al gioiello di due anni fa o a Sanctuary, così come c'è un abisso rispetto a tutti gli altri. La classe c'è, tre quattro di pezzi sono eccellenti (39 years, Gravity, Foreign Affair), altri solo discreti e almeno un paio scialbi (Shadow of love, Final destination). Lo ascolterò di più, magari cambierò idea, ma mi sembra palese la differenza con Legacy (voto 80). Per ora voto 70 |
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10
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@Invictus: promo! Perchè vi meravigliate? (uso il plurale perchè in diversi in questi giorni hanno mosso osservazioni simili).
Colgo l'occasione per dire che, se Metallized fosse paragonabile ad un "servizio", avere oggi disponibile la recensione di un album che esce domani nei negozi sarebbe un servizio ECCELLENTE. Poi resta il fatto che uno compra quel che ritiene a prescindere, con o senza rece positiva o meno. Personalmente mi domando come mai invece ancora manchino all'appello recensioni tipo l'ultimo degli Orphaned Land, che è uscito da un bel pezzo. Magari qualche promo arriva e qualcun'altro no.. come le mie riviste in abbonamento, il postino me le porta quando ha finito di leggerle lui! |
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9
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Scusate ragazzi, ma come fate a giudicare un disco ancora non uscito? Esce domani, dove lo avete ascoltato? |
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8
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Ordinato in vinile, lo aspetto!!! |
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7
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Niente da fare. Non sono mai riuscito ad apprezzare la band inglese nonostante ci abbia provato più volte ed ultimamente mi sia avvicinato all'AOR, praticamente il genere delle mantidi. Anche in questo caso ho ascoltato il disco più volte ma lo trovo sempre troppo soft per i miei gusti. Passo. |
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6
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cavolo ma la strofa della prima song somiglia molto ad una canzone di Vasco (sono ancora in coma.....) |
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5
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@splinteraz: personalmente e così al volo a "Legacy" darei un 75. Di base questi due album sono molto simili (anche per quanto detto nella recensione). Forse "Gravity" è addirittura più raffinato nelle melodie e a tratti meno rockeggiante di "Legacy" (una leggera evoluzione, nulla di trascendentale).
Sul fatto di prenderlo o meno direi che se ti piace il genere e nello specifico i Praying Mantis puoi andare tranquillo poiché sono entrambi due buoni cd
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4
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Che classe! Grandiosi come sempre! |
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3
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@Nic: il precedente album dei Praying Mantis(Legacy) quanto gli avresti dato come voto? sono indeciso se prenderlo o no |
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2
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Fantastici come sempre ! |
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1
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Nella tradizione anche la cover sempre molto suggestiva. Ma a parte questo, il nuovo album è molto radio friendly, ma non è detto in modo spregiativo. Si può realizzare buona musica senza 'sputtanarsi'. Certo di heavy non c'è a quasi niente, diciamo quasi power pop o a.o.r. molto melodico ma non mieloso. Anzi le melodie sono molto belle e a presa rapida. I suoni sono molto belli e diciamo 'aggiornati'. Per chi predilige sonorità 'soft' ma non edulcorate, e con un grande 'appeal' qui si va sul sicuro. (Imho)
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INFORMAZIONI |
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Tracklist
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1. Keep It Alive 2. Mantis Anthem 3. Time Can Heal 4. 39 Years 5. Gravity 6. Ghosts of the Past 7. Destiny in Motion 8. The Last Summer 9. Foreign Affair 10. Shadow of Love 11. Final Destination
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Line Up
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John “Jaycee” Cuijpers (Voce) Tino Troy (Chitarra, Voce) Andy Burgess (Chitarra, Voce) Chris Troy (Basso, Voce) Hans In 't Zandt (Batteria)
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