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19/04/24
DESPITE EXILE + LACERHATE + SLOWCHAMBER
BLOOM, VIA CURIEL 39 - MEZZAGO (MB)
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Pennywise - Never Gonna Die
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04/06/2018
( 1883 letture )
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C’è davvero bisogno dell’ennesimo album dell’ennesimo gruppo punk rock, un genere di natura statico e poco evolutivo? Assolutamente sì, se l’album in questione è Never Gonna Die dei Pennywise. Stiamo pur sempre parlando di una band che questo sottogenere ha contribuito a crearlo. Skate punk, melodic hardcore, punk rock, pop punk, tanti nomi per descrivere l’evoluzione melodica dell’hardcore, iniziata in California verso la fine degli Ottanta sulla scia di quello spartiacque che fu No Control dei Bad Religion. Un genere poi esploso il decennio successivo, portato all’apice del successo commerciale dagli stessi Bad Religion e da storici act californiani quali NOFX, The Offspring e appunto Pennywise. Il quartetto nasce a Hermosa Beach nel 1988, località che già diede i natali a Black Flag e Circle Jerks qualche anno prima. Dopo un paio di lavori ben accolti negli ambienti underground, i Pennywise raggiungono il successo con l’album About Time del 1995, in pieno movimento punk-revival, massimo fulgore per questo hardcore arresosi alla melodia, divenuto la colonna sonora di milioni di adolescenti nel mondo.
Dopo trent’anni di carriera, una decina di album pubblicati e oltre tre milioni di dischi venduti, i Pennywise sono ancora in pista. Il nuovo Never Gonna Die – dodicesima fatica in studio – si distingue innanzitutto per essere il primo inedito con lo storico cantante Jim Lindberg assente dal 2009 al 2012, che ritrova i membri originali (Fletcher Dragge alla chitarra, Byron McMackin alla batteria e Randy Brandbury, subentrato nel 1996 dopo il suicidio di Jason Thirsk). La formazione originale ha evidentemente giovato ai Pennywise, che sfornano un album fresco e coinvolgente. A livello musicale, quest’ultimo non di distingue particolarmente dai predecessori. La band propone la solita formula, quella di un punk veloce ed irruento che si mantiene in equilibrio fra l’aggressività e la melodia. Gli elementi costituitivi dall’HC – riffing lineare ed immediato, drumming martellante, cori e gang vocals – si mescolano quindi con melodie indovinate e ritornelli che si stampano in testa al primo ascolto. Ne risultano 14 brani in puro stile Pennywise, un insieme piuttosto coeso e lineare, ma soprattutto efficacissimo, come dimostrato da Keep Moving On, Little Hope e Can’t be Ignored, i brani migliori di un lavoro. Benché le canzoni tendano ad assomigliarsi, si possono distinguere dei momenti più muscolari (Won’t Give up the Fight e Listen, questa praticamente puro HC), ed altri più pop, come She Said o Good Bye Bad Times. Come da tradizione, i testi sono impregnati da un’attitudine positiva progressista, benché non manchi una denuncia intelligente. We Set Fire se la prende con le misure di austerità e il loro impatto sui servizi sociali, mentre American Lies denuncia la disinformazione che infesta gli Stati Uniti. Più classicamente, Live while you Can esorta l’ascoltatore a godere dell’attimo presente e a vivere il momento; Good Bye Bad Times esalta la potenza e l’indipendenza di ogni singolo individuo.
L’album è ottimamente prodotto e preformato, ogni musicista è azzeccatissimo nel proprio ruolo. Ma al di là della prova tecnica – invero limitata, per natura stessa del genere – brilla la coesione e la perfetta armonia delle parti. Quel quid in più dunque, difficilmente descrivibile ma fondamentale, ottenibile solo dopo decenni di carriera alle spalle. È proprio questo quid che rende un album basato sulle stesse quattro coordinate trite e ritrite un lavoro riuscito, trascinante, ma specialmente ancora attuale nel 2018. È ciò che ci permette, in definitiva, di rispondere in modo affermativo alla domanda posta all’inizio della recensione.
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@Newsted ho visto il tuo messaggio rileggendo x caso questa recensione, meglio tardi che mai 😅! Sì hai ragione ci sono pezzi successivi (come Sinister Rouge x es.) che secondo me sono dei classici ormai! Intendevo dire che dopo TGR non ho più comprato i loro CD (ho ripreso con l'ultimo Age of Unreason x me bellissimo) però è un gruppo che comunque ascolto spessissimo, e anche molto nei live su YouTube. X me personalmente il punto più basso della loro pur incredibile carriera è forse New Maps of Hell che mi sembra non abbia grandi idee mentre ti dirò che No Substance non mi dispiace e The New America ha qualche ottimo pezzo, ma questo perché in generale mi piace quel modo di comporre di Greg debitore in po' al folk/country./// Tornando ai Pennywise riconfermo il giudizio, un album discreto che si potrebbe collocare a mio parere fra Full Circle e Straight Ahead e che avrebbe giovato di una produzione meno patinata imo. |
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Silvia ti sei persa davvero belle cose se hai smesso di seguire i BR da Gray Race.I 2 album usciti dopo,No Substance e New America,sono abbastanza mediocri e in particolare no substance lo considero il punto più basso della discografia dei bad religion.Però poi sono usciti Process Of Belief e Empire Strikes First che segnano il ritorno di gurewitz alla chitarra che non hanno niente da invidiare agli album classici dei bad religion,credimi.Te li consiglio onestamente |
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Verissimo, come tutta la fantastica discografia dei Bad Religion fino a The Gray Race incluso. Poi non li ho seguiti piu' ad essere sincera perche' mi son parsi ripetitivi - magari sbaglio... |
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@The skull... d'accordo su No Control, un capolavoro che -secondo me- ogni amante del punk, come del metal o del rock in generale, dovrebbe almeno ascoltare... |
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@Area: meglio non approfondire il discorso, concordo che su Metallized sia in corso un'apertura, ma è innegabile che una pietra miliare come No Control, cosi come una band come i Bad Religion, siano stati tagliati fuori da un'impronta -almeno inizialmente- estremamente settoriale (metal only). No control è uscito nel 1989, il tempo di fare una recensione ci sarebbe stato, senza ombra di dubbio non è mai stato considerato "in scope" fino a (probabilmente e spannometricamente) pochi anni fa, ma sia chiaro che questa non è un'accusa: un sito amatoriale fatto di appassionati che trattano di ciò che gli piace è semplicemente frutto di una scelta. Lo specifico -ci tengo- perchè le mie sembrano accuse ma in realtà sono una semplice constatazione dei fatti: risposte risentite sono fuori posto, sarebbero un'indiretta ammissione di colpevolezza, mentre è preferibile per tutti lasciar parlare i fatti e appunto all'atto pratico qualcosa si sta muovendo e noi, io, possiamo e dobbiamo apprezzarlo. Nei commenti il Griso si stupisce/compiace dell'interesse e del consenso verso i Pennywise: nella massima onestà, col massimo rispetto per tutti, nel 2018 l'interesse di un appassonato medio di musica robusta potrebbe forse essere maggiore per gli Uriah Heep? O magari deve esserlo perchè gli Uriah sono metal ed i Pennywise no? Ma le orecchie le abbiamo... si sta semplicemente manifestando un contrasto generazionale, contrasto di colori, di mood, di sapori, non certo di ragioni o torti, di vincenti o merde, ecc.
Io amo la musica tutta e rinnovo i ringraziamenti alla redazione che sembra aver accettato la sfida di dare ai propri lettori ancora di più. |
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@TheSkullBeneathTheSkin, per fare delle recensioni ci vuole del tempo, ma loro hanno dimostrato una buona apertura mentale anche verso roba che é semplicemente Rock o Punk. |
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@Area: mi sembra manchi lo stesso "No Control" che viene citato come pietra miliare dalla recensione... quindi spazio per recuperare ce n'è in abbondanza. Alla reda non piace sentirselo dire, ma è evidente che c'è tantissima GRANDE musica non-espressamente-metal che è stata ignorata in favore di lavori più ortodossi ma meno meritevoli. Sono sicuro che pian piano arriverà tutto ciò che manca e ringrazio nuovamente la reda, che ho punzecchiato espressamente sui pennywise/nfaa nelle news, come skull e come disorder (nick che ho usato un paio di volte). Cosi rispondo anche a @Silvia (scusa il ritardo) riguardo il nome, non lo cambio perchè all'occorrenza posso mettermi dietro qualunque cosa (beneath) e rimanere skull voto 80 perchè l'album nella globalità può valere un 70/73 ma preferisco guardare alla presenza di "bombe" piuttosto che alla qualità media. Una buona qualità media senza tracce che spiccano non vale una buona qualità media con filler e killer... e qui come dicevo un tre quattro killer song da far girare ci sono eccome (aggiungo alla playlist "we won't give up the fight" e famo il poker) |
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@LAMBRUSCORE, non male gli Zeke, anche loro avevano fatto album per la Epitaph records, che pur avendo pubblicato anche altri tipi di punk in misura minore (e tra questi ci sono Zeke e i Total Chaos ad esempio) era specializzata soprattutto nell'hardcore melodico.
@TheSkullBeneathDisorder, Ecco a proposito di "punzecchiare" (in senso buono ovviamente) io spero che qualcuno recensisca i primi album dei Total Chaos usciti proprio perl a Epitaph... dato che ci sono le recensioni di Exploited, GBH e Discharge.
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Mi unisco alle grida di giubilo per questa grande band, sempre presenti su una scena della quale sono sempre stati colonna portante insieme a gente come Bad Religion, Nofx, Rancid, No Use For A Name (RIP Tony Sly) e Lagwagon: da "Unknown Road" a "Land Of The Free?" non ne hanno toppato mezzo, con le punte di eccellenza "About Time" (il loro capolavoro) e "Full Circle". Le anteprime mi erano piaciute, potrei tornare a comprare un loro album dal 2001 e sentirmi di nuovo ccciovane e ribelle alla veneranda età di 35 anni. |
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Stupito che a @Lambru piacciano i Pennywise. Gli Zeke li ho scoperti dalla raccolta tributo Everybody Loves Antiseen, uno dei pochi gruppi di quel disco di cui ho trovato facilmente qualcosa in giro! Questi qui invece sinceramente sono quindici anni che non li ascolto... un'occasione per ricominciare. |
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@TheSkull hai cambiato nome? In che senso buono ma voto 80? |
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Visto che avevamo punzecchiato la reda... adesso, ringraziamo la reda dello spazio dedicato ad una leggenda vivente del punkrock
Bella recensione, pulita, semplice ed ampiamente condivisibile... tolto magari i brani top, gusti personali, sulla mia playlist "never gonna die", "american lies" e "live while you can". Buon disco, ma lo voto 80, perchè dopo così tanto tempo la vecchia guardia ancora non abdica: full speed ahead, hard and fast! |
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Occasione buona per far conoscere un gruppo di cui non ho trovato niente sul sito, gli ZEKE, spero se ne parlerà, hanno pubblicato un disco nuovo dopo 14 anni di assenza in studio.. |
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Mi fa piacere constatare questo consenso per i Pennywise, e grazie per i complimenti! |
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Che bello About Time, assieme al primo! Stra-consumati! |
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Questo me lo ascolterò! I Pennywise sono legati ai miei ascolti Punk della adolescenza, soprattutto i classici "About Time", "Full Circle" e "Land of the free" uscito proprio quando ero adolescente.
Non era roba mainstream ma tra chi si interessava al Punk la roba Melodic Hardcore era molto popolare e loro tra Pulley, Nofx e No Use for a name non mancavano mai! |
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Secondo me fra i migliori nel genere, secondi solo agli immortali Bad Religion... lo ascolterò sicuramente |
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Album fresco sicuramente, dopo tanti anni credo che ritornero' a comprare un loro album! Recensione molto bella come al solito, grande Griso che ci illustra perfettamente cio' che andremo ad ascoltare . Vorrei solo aggiungere che secondo me qui non c'e' nessun richiamo al pop, neppure in pezzi come She Said che semmai, secondo me, ha qualche passaggio "catchy" che puo' far pensare forse a gruppi piu' melodici come i Millencollin o i No Fun at All. Grande la voce di Jim, sempre piaciuta |
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Qualche volta anch'io concordo col recensore. I Pennywise mi sono sempre piaciuti, riconoscibili tra 1000 altri gruppi, merito di una voce unica, anche qua si ripetono all'infinito ma lo fanno bene. Per me sono ottimi quando si ha voglia di un sano scazzo, cioè niente di troppo impegnativo. |
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INFORMAZIONI |
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Tracklist
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1. Never Gonna Die 2. American Lies 3. Keep Moving On 4. Live while you Can 5. We Set Fire 6. She Said 7. Can’t be Ignored 8. Goodbye Bad Times 9. A Little Hope 10. Won’t Give Up the Fight 11. Can’t Save you Now 12. All the Ways you Can Die 13. Listen 14. Something New
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Line Up
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Jim Lindberg (Voce) Fletcher Dragge (Chitarra) Randy Brandbury (Basso) Byron McMackin (Batteria)
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RECENSIONI |
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