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BlindCat - Shockwave
10/07/2018
( 988 letture )
Arriviamo in ritardo a recensire la seconda prova dei BlindCat, band proveniente da Bari che tanto aveva impressionato col primo e ottimo Black Liquid, rilasciato come autoprodotto nel 2015. Nel frattempo, i quattro non sono certo rimasti con le mani in mano e ottenuto il contratto con la sempre attenta Andromeda Relix, hanno dato una rinfoltita al proprio repertorio tornando a distanza di tre anni con un secondo album, dal titolo Shockwave, che si preannuncia fondamentale nella loro storia. Si sa che il secondo album in una discografia ha sempre un ruolo difficile: di solito se il primo ha ottenuto un grosso riscontro è il disco che deve confermare quanto di buono già espresso e consolidare il successo, magari aggiungendo qualche nuovo “classico” da inserire nella scaletta dal vivo; il tutto nel minor tempo possibile, per non far freddare troppo la pista appena aperta e non perdere il contatto appena acquisito col pubblico. Il mondo discografico è un po’ cambiato in questi anni e, di fatto, Shockwave può essere interpretato come primo passo discografico vero e proprio, quindi niente di strano che siano passati tre anni dal precedente lavoro. Come non è strano che in questo lasso di tempo qualcosa sia leggermente cambiato, senza però stravolgere gli assunti di base già evidenziati in precedenza.

Anzitutto, merita un plauso la produzione del disco, curata dallo stesso Gianbattista Recchia, cantante dei BlindCat. Assolutamente funzionale alla proposta e al contempo molto curata, con la giusta esplosività lasciata alle chitarre, senza che questo oscuri quanto fatto dalla sezione ritmica. Il che sarebbe stato davvero un peccato, considerando il gran lavoro del duo Rizzi/Laneve, sempre capace di lasciare la propria impronta sui brani. Eppure, lo sfrigolio della distorsione che esalta i riff grondanti hard rock grezzo, tinto di blues e southern, è una delle caratteristiche preminenti del sound della band, così come gli splendidi e ricercati assoli di Domenico Gallo, sempre di una qualità superiore. Ultimo elemento di spicco è senz’altro la voce di Recchia, che rispetto a quanto messo in luce su Black Liquid sembra aver trovato una formula più stabile della propria espressione interpretativa. Se questo sia un bene o un male è forse anche presto per dirlo, ma va segnalato come rispetto alla più variegata prova offerta sul precedente album, Recchia abbia scelto una strada che tende veramente in maniera forte verso quanto fatto da Zakk Wylde con i suoi Black Label Society. Che la band del barbuto chitarrista statunitense fosse uno degli elementi ispirativi più evidenti lo si notava già tre anni fa, ma la scelta di adottare quasi sempre la tipica cadenza nasale, cantilenante e lamentosa tipica di Wylde, con tanto di doppiature che sono un ormai un vero e proprio marchio di fabbrica, rischia di schiacciare troppo la proposta del gruppo, in considerazione anche della più che evidente vicinanza musicale espressa. Un rischio che i BlindCat comunque cercano di evitare, inserendo nella loro proposta quella che chiameremmo personalità, se non mai originalità e uno spettro di influenze sufficientemente ampio da creare brani ottimamente strutturati, di qualità spesso ampiamente superiore alla media e che dimostrano quanto la fiducia in loro riposta al debutto fosse ben riposta. Quello che resta è la carica animale che il gruppo riesce sempre ad evocare, mettendo sul piatto qualità individuali di ottimo livello in ogni settore e un filotto di riff grassi e potenti, che arrivano a toccare il doom come l’heavy, piuttosto che il blues hendrixiano, mantenendo un tiro che in pochi possono vantare. Un aspetto questo che si esprime subito nella doppietta iniziale, che sa di uno/due pugilistico di feroce impatto, anche se forse il finale di Laughin Devil risulta appena un po’ confuso. Poco male, perché la tripletta che segue è da knock-out. La semiballad Stars and Sunset, per quanto rimembrante ampiamente canzoni di simile struttura, è davvero ben fatta e conferma tutte le doti compositive della band. Ancora meglio la successiva Until (The Light of Day Comes), che a fronte dell’ennesimo riffone riuscito, innerva la linea vocale su un giro di chitarra acustica perfetto e le vocals intrecciate di Recchia aumentano l’effetto del brano. Segue The Black Knight nella quale protagonista assoluto è Pietro Laneve col suo instancabile lavoro, che esalta quanto fatto da Recchia e Gallo. Nothing Is Forever, come anche Laughin Devil, sa un po’ di occasione non sfruttata a fondo, introducendo qualche ritmica appena più funky, ma nel contesto di un brano un po’ confuso nella costruzione, al quale non giova neanche lo stacco armonizzato del coro, che anzi aggiunge carne ad un fuoco fin troppo affollato. A riportare un po’ di ordine arriva lo strumentale acustico Rising Moon, che ricorda appena i Corrosion of Conformity di Deliverance, con un Gallo in grande spolvero. Altro colpo di classe arriva con la titletrack Shockwave, di gran lunga il miglior brano dell’album sia come strutturazione che come trasporto trasmesso: siamo ai limiti del doom, con una sequenza di riff da urlo, un assolo micidiale e una linea melodica ben congeniata; aspetto quest’ultimo non sempre al meglio in realtà nell’album ed è un peccato. Gran bel tocco di Black Sabbath era-Tony Martin nell’arpeggio di What Is Hell, che poi evolve in un riffone insistito blues della miglior specie. Chiude la perfetta cover di Son and Daughter, dal debutto dei Queen: scelta davvero azzeccata e grandiosa prestazione del gruppo. Non si fa fatica a dire che sembra in tutto e per tutto un loro brano e questo è un meritato complimento.

Tre anni passati tra il debutto autoprodotto e Shockwave sembrano aver fruttato ai BlindCat: il gruppo appare ancora più convinto e possente che nel recente passato. La proposta si è ulteriormente affinata, introducendo qualche novità sparsa qua e là in un tessuto che resta comunque pienamente coerente e intellegibile rispetto alle premesse. Il muro di suono messo in piedi dai quattro, il senso della dinamica, la capacità di creare brani immediati ma al tempo stesso ben strutturati e strapieni di ottimi riff, non sono qualità che possiedono in molti. L’aspetto che fa la differenza in questo senso è proprio il fatto che si sente un livello superiore in questo gruppo, anche al di là delle singole composizioni o di qualcosa che forse poteva essere fatto meglio in qualche episodio. Siamo di fronte ad una band che sembra sempre sul punto di fare il salto di qualità definitivo e che per adesso si attesta comunque sui piani alti del rock Made in Italy. Tempo ben investito questi tre anni, ora tocca al pubblico testare con mano. Come si dice in questi casi, bentornati.



VOTO RECENSORE
76
VOTO LETTORI
0 su 0 voti [ VOTA]
brainfucker
Giovedì 19 Luglio 2018, 8.33.44
1
Il primo disco mi è piaciuto molto anche se fuori dal mio genere, sono curioso di sentire questo nuovo lavoro.
INFORMAZIONI
2018
Andromeda Relix
Hard Rock
Tracklist
1. One Life
2. Laughin Devil
3. Stars and Sunset
4. Until (The Light of the Day Comes)
5. The Black Knight
6. Nothing Is Forever
7. Rising Moon (Instrumental)
8. Shockwave
9. What Is Hell
10. Son and Daughter
Line Up
Gianbattista Recchia (Voce, Cori)
Domenico Gallo (Chitarra)
Pietro Laneve (Basso)
Emanuele Rizzi (Batteria)
 
RECENSIONI
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