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29/03/24
ENUFF Z’NUFF
BORDERLINE CLUB, VIA GIUSEPPE VERNACCINI 7 - PISA
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Evoken - Embrace the Emptiness
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21/07/2018
( 1545 letture )
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Fly through the air as near is far and far is near light is dark and dark is light I am it and it is me
Estratto del testo di Evoken dei Thergothon, seconda traccia del demo del 1991 Fhtagn-Nagh Yog-Sothoth
Lontano e vicino non sono solo dimensioni dello spazio che ci circonda, ma anche del tempo impiegato per percorrere fisicamente o intellettualmente la distanza fra il sé e quel lontano/vicino. I due termini, nella loro indeterminatezza, da un lato esemplificano un meccanismo di appropriazione conoscitiva della realtà -percorrere quello spazio/tempo ne identifica i confini e colloca entro di essi il sé- dall’altro rappresentano un vettore di proiezione emotiva dell’essere umano sulla realtà stessa -lontano e vicino, non essendo unità di misura assolute ma dimensioni relative a un soggetto che percepisce lo spazio, implicano una valutazione sulla qualità, positiva o negativa, di tale distanza. In un certo senso il meccanismo della conoscenza è quindi una reciproca compenetrazione di io e altro: la realtà è immanente all’uomo, l’uomo è immanente alla realtà.
I am it and it is me.
Il doom è sempre stata la declinazione del metal che meglio si adatta ad esprimere il complesso rapporto fra uomo e spazio. La dilatazione del tempo, il suo apparente rallentamento come sospeso in una dimensione dai connotati di volta in volta mefistofelici, sacrali, apocalittici, cosmici, lisergici, contemplativi (tanti aggettivi quanti sono i “sotto-generi” del doom), ne è caratteristica essenziale. In un tempo dilatato l’uomo è portato naturalmente a guardarsi attorno, ad incamerare visivamente lo spazio circostante con una maggiore attenzione al dettaglio. Il doom richiede proprio questo al suo fruitore: “Fermati, ascolta, osserva”. Gli Evoken sono una delle band doom più potenti al mondo. Potenti nella capacità di evocare immagini di grandiosa e decadente magnificenza; potenti nel sound che, amalgamando grumi death in un cascame funeral doom, affresca paesaggi sonori di soverchiante disperazione. Embrace The Emptiness, loro debutto ufficiale su etichetta datato 1998, è manifesto di una visione del genere che, pur seguendo la via già aperta un quinquennio prima da Thergothon e diSEMBOWELMENT, abbaglia per compattezza e originalità.
L’Intro è già funeral doom di gran caratura, con dissonanze raggelanti nella melodia portante disegnata dalla sei corde e una splendida coda ambient dominata da rintocchi di tom come provenienti dagli abissi lovecraftiani. Il lavoro di Dario Derna alle tastiere è sin dall’inizio estremamente caratterizzante: le sue armonie costituiscono la tessitura che, giocando sulla sovrapposizione di linee melodiche cristalline e dissonanze spettrali, cementa i brani percorrendo come una oscura presenza gli immensi scenari dipinti. In Tragedy Eternal le iniziali cadenze death, enfatizzate da un tappeto in doppia cassa, si rarefanno progressivamente in una interminabile discesa nell’oscurità intrisa del lirismo goth-doom di act come Anathema e Paradise Lost. La successiva Chime The Centuries’ End vibra di un’intensità demoniaca che mutua qualcosa dalla smorfia maligna degli Abruptum; lo splendido intreccio vocale fra il growl cavernoso e sgraziato di John Paradiso e i cori prevalentemente maschili di sottofondo farà scuola in ambito funeral -si pensi all’epica rituale dei The Ruins Of Beverast. Lungo tutto l’album le transizioni fra una sezione musicale e l’altra all’interno dei pezzi sono pura sospensione nel vuoto, improvvise apnee che liberano un nuovo respiro, come se il mastodonte che fin lì ci fissava avesse voltato lo sguardo, e la sua attenzione si fosse spostata altrove, obbligandoci a seguirne i movimenti. In Lost Kingdom Of Darkness ciò avviene con un’eleganza molto particolare: l’iniziale cavalcata occult doom si asciuga in una linea esangue su cui uno shuffle quasi jazz di batteria e un disegno melodico sghembo di pianoforte (sembrerebbe il suono medioso e “aperto” di un Bösendorfer) spargono un sentore arcano, qualcosa che ricorda il Jocelyn Pook di Masked Ball. Si apre quindi una lunga narrazione fatta di ispessimenti doom, attraversamenti stigiani ambient e growl che scavano nelle profondità della terra fino a sentirne il sussurro originario. La successiva Ascend Into The Maelstrom è un terrorizzante volo su un paesaggio scandinavo devastato da una battaglia; d’improvviso la terra si avvicina in una picchiata vertiginosa di puro second wave black metal, per poi riallontanarsi lentamente fra fantasmi di tastiere e arpeggi solitari di chitarra, alla deriva come monoliti nel vuoto siderale. In To Sleep Eternally il violoncello dell’ospite Charles Lamb, in analogia con quanto fatto contemporaneamente dai Gorguts in Obscura, canta il tema portante mentre gli altri strumenti, guidati dal tentacolare e fantasioso drumming di Vince Verkay, scolpiscono monumentali volute death doom e la voce di Paradiso si fa recitato teatrale e disperato fino a esondare in una splendida sequenza gothic fra Vincent Cavanagh e Peter Steele. La conclusiva Curse The Sunrise precipita infine tutte le idee disseminate lungo il platter come gocce di acido nitrico sulla lastra di un’acquaforte, disegnando una complessa suite funeral doom che sfuma lentamente, in un contro-bolero il cui ultimo alito è affidato al crash di batteria.
Embrace The Emptiness è un’esperienza acustica trascendentale, sfibrante nella sua durata (più di settanta minuti), sconquassante a livello emotivo, assolutizzante in termini di profondità d’ascolto richiesta. Le performance dei musicisti sono impressionanti per abilità tecnica, impatto e ispirazione compositiva. Il songwriting sarà ancora in grado di crescere negli anni a venire, ma l’esordio del quintetto statunitense resta a oggi un caposaldo del genere ed una delle gemme più oscure del metal tutto.
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5
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Il commento di @Stagger qui sotto mi aveva fatto pensare "in questo prima o poi mi ci immergo". Ed è davvero emozionante. Bisognerà tornarci ovviamente. |
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4
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Capolavoro assoluto. Quando lo ascolto mi viene una pelle d'oca che non mi toccherebbe neanche un fachiro. |
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3
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Ah, quasi dimenticavo... un plauso al recensore. |
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2
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Lo sto degustando piano piano, centellinando a dovere ogni sua parte com'è giusto fare con lavori di non facile digeribilità. Ripasserò fra qualche anno per un giudizio definitivo. |
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1
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Questo è uno dei loro dischi che non ho mai ascoltato, ma dato che amo alla follia Antithesis Of Light e Atra Mors e la recensione mi ha molto incuriosito, procederò all'ascolto al più presto! |
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INFORMAZIONI |
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Tracklist
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1. Intro 2. Tragedy Eternal 3. Chime The Centuries’ End 4. Lost Kingdom Of Darkness 5. Ascend Into The Maelstrom 6. To Sleep Eternally 7. Curse The Sunrise
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Line Up
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John Paradiso (Voce, Chitarra) Nick Orlando (Chitarra) Dario Derna (Tastiere) Steve Moran (Basso) Vince Verkay (Batteria)
Musicisti Ospiti: Charles Lamb (Violoncello)
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