Meglio tardi che mai: così potremmo sintetizzare la pubblicazione del secondo disco dei Two of a Kind, che vede la luce a distanza di ben undici anni dal primo, omonimo lavoro in studio; nata per iniziativa di Fred Hendrix dei Terranova, la band propone, oggi come allora, un hard rock molto melodico che strizza l'occhio ai giganti del genere, come i Boston, pur non disdegnando citazioni degli Heart delle sorelle Wilson; come sempre in questo genere di lavori, la bravura dei musicisti coinvolti sta nel dosare sapientemente parti più tipicamente rock ed altre più catchy.
Rispetto all'ottimo esordio del 2007, tuttavia, questo Rise, caratterizzato da una bellissima ed evocativa copertina, colpisce sicuramente meno, pur trattandosi comunque di un discreto prodotto: le danze sono aperte dalla rockeggiante Here is the Now, caratterizzata dai validi riff del chitarrista Gesuino Derosas e dalle acrobazie vocali delle due cantanti, Ester Brouns ed Anita Craenmehr. Anche Ron e Fred Hendrix fanno la loro parte con i loro strumenti, regalando già all'inizio una delle tracce migliori di tutto Rise. Rock your World, a dispetto di un'altra valida prova delle due padrone del microfono, non convince come la traccia precedente, forse a causa di un ritornello in salsa gospel che, pur valido, viene prolungato in maniera eccessiva; poco male, la sostenuta Wheel of Life riporta l'album su buoni livelli, benché la produzione, un po' troppo concentrata sulle cantanti, non permetta di apprezzare appieno la valida prestazione degli strumentisti. Viene poi il momento di una ballad, la gradevole, seppur non indimenticabile Naked, punteggiata dal basso di Fred Hendrix, prima dell'arrivo della title-track: rispolverando sonorità più robuste, i Two of a Kind ci regalano un altro degli indiscutibili highlights del disco, ben sostenuto dalla chitarra del solito Derosas e da una sezione ritmica in stato di grazia; il ritornello, nuovamente molto arioso ed in stile vagamente gospel, appare meglio congegnato e più coinvolgente rispetto a quello di Rock your World; da sottolineare, infine, anche sporadici passaggi quasi prog, alle tastiere, da parte di Ron Hendrix. Touch the Roof prosegue su questa falsariga, mostrandoci un altro pezzo dove i musicisti sono bravi nell'alternare porzioni più tipicamente hard rock ad altre palesemente AOR. Se Higher convince francamente meno, eccessivamente infarcita di tastiere com'è, la ballad Alienation costituisce sicuramente un brano più valido ed interessante. Anche It Ain't Over, al pari di Higher, fatica un po' più del dovuto ad entrare nei nostri cuori, mentre Without You torna a farci spuntare un convinto sorriso sulle labbra. Si chiudono le danze, infine, con la suggestiva, ariosa Run Girl, dove le ragazze tornano a mostrare di che pasta siano fatte.
Come detto, Rise convince complessivamente meno dell'esordio, ormai risalente ad undici anni or sono: ad alcune canzoni onestamente degne di applausi a scena aperta, si alternano infatti brani molto pomposi, che però non “mordono” come necessario, risultando troppo anonimi. Fortunatamente la classe dei musicisti è di prim'ordine e consente loro di lasciarsi alle spalle, senza troppi danni, qualche passaggio a vuoto.
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