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Millennial Reign - The Great Divide
21/08/2018
( 697 letture )
Replicando la medesima attesa riservata al precedente lavoro, tre anni, lo scorso maggio i Millennial Reign uscivano sul mercato con il loro terzo full length intitolato The Great Divide. Un paio di note riguardo al gruppo sono d’obbligo vista la scarsa notorietà che aleggia attorno ad esso: si tratta di un quartetto texano dedito ad una sorta di power metal sinfonico che può essere paragonato a quello proposto dai nostri connazionali Rhapsody, con le dovute proporzioni di qualità. Attivi dal 2010, si uniscono alla label svedese Ulterium Records in procinto di pubblicare il precedente Carry the Fire e iniziano a riscuotere flebili successi all’interno della dimensione live aprendo le serate di band affermate quali Stryper, Sonata Arctica, Hammerfall e Theocracy. Particolare è l’affinità che lega i nostri ai primi e agli ultimi dell’elenco, poiché i testi affrontati nelle composizioni di tutti e tre sono interamente a sfondo cristiano; ed è interessante constatare come a causa di questa legittima scelta essi siano facile bersaglio di assurde critiche, mentre un qualsivoglia gruppo che inneggi a Satana e alla distruzione venga lodato a più riprese. Ma non c’è da stupirsi di ciò, credere in qualcosa capace di trasmettere valori positivi oggi non va più di moda, anzi, è da “sfigati”. Tornando alla musica, i Millennial Reign si ripresentano con una formazione totalmente rivisitata nella quale l’unico superstite del passato è il leader e chitarrista Dave Harvey e tra i nuovi membri spicca il batterista Steve Nichols, già nei Solitude Aeturnus in passato.

Rispetto a Carry the Fire, in The Great Divide le influenze heavy sono meno presenti lasciando spazio a più aggressive sonorità power condite con ingente uso di synth elettronici. Anche il cambio dietro il microfono certifica l’avvento di uno stile parzialmente rinnovato: tale Travis Wills è l’epitome di ciò che si richiede da un cantante power, forse pure troppo dato che viene naturale paragonarlo a diversi vocalist già affermati, e supera a pieni voti l’esame d’esordio con la band grazie ad una prova impeccabile. Le dieci canzoni del platter variano dall’essere ben riuscite al risultare a volte troppo scolastiche o prive del guizzo vincente, ma nel complesso il lavoro risulta discreto ed è assolutamente consigliabile a tutti, fans o meno del sottogenere in questione. L’album è stato anticipato dall’uscita del singolo nonché traccia d’apertura Break the Tide, giusta scelta data la tendenza abbastanza catchy del refrain adibito a coronamento di una struttura solida in cui è da subito udibile il sound potente che caratterizza tutto The Great Divide. Immancabili sono gli assoli di Harvey, il quale non si prende il centro della scena al pari di molti altri suoi equivalenti, ma occupa diligentemente il proprio spazio senza risultare invadente ed elargendo buoni risultati. Un’altra tra le meglio riuscite è Till the End con il suo “cazzuto” intro in palm muting che si trasforma velocemente in un riff alleggerito dalla celestiale voce di Wills e dai corposi suoni sinfonici; il climax è raggiunto nella parte finale del ritornello in cui tutti gli strumenti si inglobano a vicenda in un soddisfacente amalgama che ti augureresti non terminasse mai. Menzione a parte per il chitarrista che veste qui i panni di Van Halen oppure di Rhoads, regalandoci un tuffo negli anni Ottanta grazie a queste influenze chiaramente riscontrabili. La canzone più lunga del lotto è probabilmente anche la migliore, ovvero Wounds in Hand: essa possiede un concentrato di epicità che rappresenta una novità se paragonato alle altre soluzioni presenti nella discografia dei Millennial Reign e dona freschezza alla loro proposta. La sezione ritmica si fa trovare sempre pronta con il basso di Neil Bertrand essenziale nel complesso ma sempre presente, mentre dietro le pelli Nichols si districa con facilità anche attraverso passaggi tutt’altro che semplici (vedasi fasi soliste di Behind the Time, altro gran pezzo). I restanti brani si assomigliano abbastanza, perciò è inutile descriverli singolarmente, anche perché non aggiungono granché agli elementi già segnalati e vanno a completare un insieme che rimane sì convincente, ma che sarebbe potuto essere sviluppato in maniera più continua, giacché a spiccare alla fine sono solo tre o quattro brani su dieci.

Abbiamo quindi tra le mani un album ottimamente prodotto e qualitativamente riuscito, pur senza toccare alti livelli e mantenendo un profilo modesto. Possiamo considerarlo un gran risultato se abbiamo l’ardire di paragonarlo alla stragrande maggioranza di album power usciti negli ultimi tempi, dove il copia e incolla dal passato è dogma irrinunciabile, mentre se lo analizziamo asetticamente il giudizio non può elevarsi più di tanto. I Millennial Reign si confermano ad ogni modo un act interessante, coerente ma non statico, intrigato dalle possibilità di esplorare in un ambiente restio a particolarismi vari; se riusciranno a correggere il songwriting innalzandolo a livelli più ambiziosi ci potranno regalare davvero molte gioie in futuro.



VOTO RECENSORE
70
VOTO LETTORI
66 su 2 voti [ VOTA]
blindgamma
Giovedì 30 Agosto 2018, 12.05.57
1
Disco ordinario, seppur ben prodotto, ma senza picchi. Dello stesso genere, uscito qualche mese fa ma ignorato su questo sito (chissà come mai, band italiana e label italiana), l'ultimo Dark Horizon, decisamente una spanna sopra.
INFORMAZIONI
2018
Ulterium Records
Power/Symphonic
Tracklist
1. The Genesis
2. Break the Tide
3. More Than Scars
4. Imagine
5. Till the End
6. In Your Silence
7. The Day the Sun Stood Still
8. Behind the Time
9. Wounds in Hand
10. The Great Divide
Line Up
Travis Wills (Voce)
Dave Harvey (Chitarra)
Neil Bertrand (Basso)
Steve Nichols (Batteria)
 
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