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20/04/24
THE OSSUARY
CENTRO STORICO, VIA VITTORIO VENETO - LEVERANO (LE)
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Cradle of Filth - Damnation and a Day
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15/09/2018
( 3726 letture )
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Tra le pagine di un ipotetico vocabolario enciclopedico della musica estrema, alla voce dei termini “evoluzione” e “eclettismo” non può certamente mancare il nome dei Cradle of Filth. Il celeberrimo combo inglese, capitanato dall’inossidabile Dani Filth, ha costruito il proprio status di band leader della scena symphonic black metal sulle basi di un percorso artistico mutevole ma coerente che ne ha sancito il successo parallelamente alla crescente popolarità dei colleghi norvegesi Dimmu Borgir. Da The Principle of Evil Made Flesh e Dusk… And Her Embrace, considerati all’unanimità indiscussi capolavori, passando per l’ottimo Cruelty and the Beast, i Nostri, agli albori del nuovo millennio, hanno iniziato a spostarsi dal genere madre verso lidi più espressamente gothic con Midian, ribadendo tale direzione stilistica con il seguente EP Bitter Suites to Succubi, gustoso antipasto in attesa del full-length successivo. Damnation and a Day vede la luce nel 2003 e porta con sé alcune importanti novità. La prima risiede a livello di line up. In seguito alla separazione consensuale con lo storico axeman Gian Pyres, il solo Paul Allender si prende carico di tutte le linee di chitarra, coadiuvato nel compito dal tastierista Martin Powell, presente in veste di session su tre tracce. La sezione ritmica, invece, conferma l’ex At the Gates Adrian Erlandsson dietro ai tamburi e viene completata dalla new entry Dave Pybus al basso. Ma è a livello contrattuale il punto di svolta che ha rilevante incidenza anche sullo sviluppo artistico del platter. Damnation and a Day è, infatti, il primo, e ad oggi unico, album dei Cradle of Filth ad essere licenziato per una major, il colosso internazionale Sony Records. Un deal di tale calibro ha messo a disposizione per la produzione un budget di proporzioni tali da poter ingaggiare un intero comparto orchestrale, nello specifico la Budapest Film Orchestra e la Budapest Film Choir, rispettivamente di quaranta e trentadue componenti. Tale collaborazione rende ancor più chiaro e concreto l’obiettivo di valorizzare gli aspetti sinfonici e teatrali della musica. Dal punto di vista prettamente lirico, come in una sorta di linea di continuità con i precedenti lavori, il disco in oggetto è un concept ispirato al poema Paradise Lost di John Milton, suddiviso in quattro atti presentati da un preambolo, secondo uno schema tipicamente teatrale, i primi due dei quali arricchiti della voce narrante dell’attore David McEwen.
I - FANTASIA DOWN
Il crepuscolo cala sulla scena al risuonare della breve A Bruise Upon the Silent Moon, introduzione all’immediato attacco dell’opener The Promise of Fever, che svela subito gli intenti di un pezzo di notevole impatto. Il songwriting si articola in un riffing che attinge dal vasto repertorio della scuola estrema e in potenti ritmiche alternate tra black e death-thrash, un rincorrersi incessante di fraseggi tra cui s’insediano le perfide voci di un Dani in forma smagliante, affiancato negli scorci sonori più gotici dai supporti corali operistici guidati dalla eccezionale Sarah Jezebel Deva. Come sopra affermato, le orchestrazioni assumono un ruolo più predominante rispetto al passato, apportando una certa componente cinematografica che sarà una costante durante il progredire dell’ascolto. La successiva Hurt and Virtue mostra immediatamente una spiccata propensione per la melodia di estrazione classica, accompagnata da una propulsione ritmica granitica e precisa. L’interpretazione di Dani richiama qui i fasti di Dusk… And Her Embrace, in particolare nei momenti più quieti dove gode di maggiore libertà nello sfruttare il proprio esteso range vocale. An Enemy Led the Tempest è una traccia dal mood oscuro, con dinamiche chitarristiche cupe che ricongiungono il sound ad un black di più classica fattezza, sebbene intarsi riflessivi siano comunque presenti in maniera bilanciata nella trama compositiva.
II - PARADISE LOST
I versi estrapolati dal Libro della Rivelazione, recitati in stile liturgico da McEwen in Damned in Any Language (A Plague on Words), fanno da apripista ad uno dei brani più riusciti dell’intero lotto, Better to Reign in Hell. Un potente pattern di batteria apre una stesura lineare, articolata in un connubio black - death trascinante e orecchiabile, intervallato da una parentesi atmosferica impreziosita ancora una volta dal contributo al microfono della Jezebel Deva. Si cambia registro con Serpent Tongue, abbracciando un sound dalle venature nettamente goticheggianti, determinate da un uso delle tastiere massiccio e dal corollario di sovrapposizioni vocali. Il retaggio death thrash riaffiora ancora e assume connotati definiti in Carrion, in cui l’approccio alla scrittura decisamente guitar oriented dà vita a un pezzo che fa dell’impatto il maggior punto di forza.
III - SEWER SIDE UP
Dopo i due minuti e mezzo di The Mordant Liquor of Tears, stavolta interamente eseguita da archi e cori, si riparte con il guitar work di matrice death di Presents from the Poison-Hearted, attorno al quale è imbastito un impalcato operistico discreto prevalentemente in background. Il discorso sinfonico e melodico sconfina persino nell’utilizzo di strumenti etnici come il fugace sitar all’inizio della monolitica ed ossessiva Doberman Pharaoh, sino a sperimentare sonorità mistiche nella crowleyiana Babalon A.D. (So Glad for the Madness). Questo brano, scelto come primo singolo, esula dal resto della narrazione per peculiarità intrinseche e contenuti testuali.
IV - THE SCENTED GARDEN
A Scarlett Witch Lit the Season, apertura di sipario del quarto e ultimo atto, è da sottolineare per l’interessante arrangiamento di fiati. Il mood dei due brani a seguire è, a questo punto, più ragionato e mirato al pathos piuttosto che alla violenza. Mannequin, secondo estratto promozionale, ruota attorno ad un refrain mainstream elegantemente disegnato dalla voce femminile in clean, mentre Thank God for the Suffering va ad approfondire l’utilizzo di partiture sinfoniche riconducibili ad una certa dark wave, esplicitando ulteriormente un altro parco di influenze mai tenuto celato. Quasi in antitesi a quanto appena ascoltato, The Smoke of Her Burning si configura come una delle tracce più aggressive, riferendosi, in un certo senso, a un passato meno recente, conducendo infine l’ascoltatore all’outro End of Daze, reprise riarrangiato dell’incipit dell’album che chiude circolarmente un’opera mastodontica.
Con Damnation and a Day dunque i Cradle of Filth cambiano pelle ancora una volta senza compromettere la sintassi del loro inconfondibile trademark confezionando uno degli album più ambiziosi e maturi della loro carriera. Sin dagli esordi ogni appuntamento discografico è stato oggetto di discussione e anche questo album non è passato indenne sotto la scure della critica, talvolta impietosa. È vero, le atmosfere vampiriche che hanno reso famosa la band di Suffolk sono pressoché svanite, così come la componente black metal, ora più in secondo piano, è rivista ed interpretata con un’accezione meno intrisa di malignità. Il tutto, però, in funzione di un sound ricco, elaborato e finemente cesellato a mettere in luce, mai come prima d’ora, le derivazioni death e gothic della proposta. Settantotto minuti che richiedono di pigiare il tasto play dello stereo più di una volta per poter essere assaporati e assimilati in tutte le loro infinite sfumature, espresse in una imponente mole di idee che scorrono fluidamente e con un livello qualitativo pressoché mai intaccato durante tutta la riproduzione, con i massimi picchi raggiunti nei primi due atti. Detestati dai black metaller più intransigenti ma altresì supportati da una sterminata schiera di fan sempre ben preposta ad accettare un’inarrestabile mutazione artistica, i Cradle of Filth danno una ulteriore prova di immensa classe con un ottimo lavoro che segna il termine della loro stagione più ispirata, prima della flessione artistica coincidente con la pubblicazione del successivo dittico Nymphetamine - Thornography.
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Li trovo insopportabili, con le loro orchestrazioni operistiche di un pacchiano inusitato,lo sbeffeggio senza ritegno di un passato black metal mai stato autentico,il kitch,la voce odiosa..una piaga per ogni purista,costretto a farsi una ragione della loro esistenza. Queste bands fanno male alla salute. |
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Spettacolare. Epico. Mi piacque all'epoca e mi emoziona ancora molto. |
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Rispolverato stamattina. Non mi convinse del tutto all’epoca della sua pubblicazione e ad oggi il mio giudizio rimane lo stesso. Un album molto ambizioso, molto lungo anche, che personalmente trovo un po’ altalenante: da un lato pezzi ancora entusiasmanti come The Promise of Fever o Better To Reign in Hell, dall’altra brani che (a prescindere dal rivestimento sinfonico) non possono certo essere definiti memorabili e che lasciano intravedere una mancanza di ispirazione che purtroppo si accentuerà nei dischi successivi. Abbastanza buono nel complesso, ma inferiore a qualsiasi cosa fatta in precedenza. L’inizio del calo. Voto 78 |
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A mio parere uno dei migliori lavori di CoF, insieme a Nymphetamine. |
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Mi piacque alla sua uscita così come continua a piacermi oggi. |
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@ObscureSolstice, non doveva essere sicuramente facile fare dei dischi per una multinazionale per un gruppo che Melodico o Sinfonico che dir si voglia veniva comunque da un ambiente/scena che di base era "Anti commerciale"... la stessa cosa potrebbe essere successa anche con i Satyricon ai tempi degli album con la major... ma la verità potrebbe anche semplicemente essere che entrambi vollero provare a fare qualcosa di diverso, anche a livello di immagine.
Onestamente col senno di poi rispetto di più due band come loro che i gruppi Black Metal che si pitturano la faccia sempre uguali, sempre con le copertine in bianco e nero o con i demoni per non sbagliare.
Io di Nymphetamine vidi solamente il video quando lo passarono su rock tv fresco di pubblicazione, il pezzo era orecchiabile e funzionava... il resto del disco mai sentito e lo stesso quelli successivi. Non é così improbabile che venga rivalutato vista la presenza di un tale singolo. |
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@nonchalance, ma io non é che smisi di ascoltarli perché poi erano diventati sempre più gotici e sempre meno black... dopo questo non ho mai ascoltato gli altri loro album per intero e di Nymphetamine vidi solamente il video su Rock Tv.
Il fatto era semplicemente che mi piacevano di più altri gruppi black metal (sia sinfonici che normali) e in quel periodo ascoltavo già delle cose diversissime tra loro, passavo senza problemi dagli Aerosmith agli Anthrax o dai Gotthard ai Morbid Angel. Al tempo poi ero giù un amante e consumatore (nel senso che i dischi li compro) del Rap Americano e Italiano quindi fa te.
Infine il mio "oggi non li riascolterei neanche più" era riferito al fatto che siccome da anni non mi piace più di peso il metal estremo di conseguenza non riascolterei nemmeno loro. |
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mi auguro proprio di no, che "Nymphetamine" non venga rivalutato! quel disco e soprattutto "Thornography" andrebbero depennati dalla discografia... al limite io proporrei di invertire i voti, "Nymphetamine" merita 55 e "Thornography" 45, e non il contrario... se n'era già parlato, ma sta di fatto che rimangono 2 abomini... riguardo a questo "Damnation and a Day", l'entusiasmo ora è un po' esagerato, non fosse stata rifatta la recensione a quest'ora sarebbe nel dimenticatoio come è sempre stato qui su Metallized... bel disco ma ha rappresentato decisamente uno stacco rispetto ai primi 4... |
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@nonchalance: intendevo proprio nel ri-comprare il cd che gia' possedevi per farti l'autografo, questo è tenerci. Io forse, mi sarei comportato in modo diverso, sarei stato lì vicino a guardare senza avvicinarmi, senza chiedere autografi o foto, almeno fino ad adesso non e' mai successo neanche con i miei musicisti preferiti avendoli di fronte, qualche volta è successo per scambiare due parole in un inglese maccheronico. Chissà che magari, prima o poi si rivalutera' anche Nymphetamine ahah...mi ricordo soltanto la titletrack, il resto del disco zero, deve essere stata una svolta sonora di un dolore cocente, traccia orecchiabile e gothic effettato senza ormai il black che si è perso per sempre, una traccia che puo' darsi che sia meglio si sia sentito fino ad adesso tra le porcherie del nuovo millennio che potrebbe starci per un telefilm americano, certo che il peggiore periodo dove hanno toccato il fondo è quando hanno scelto una proposta metal infantile, sempre piu' ammorbidimento, per un certo pubblico alla "nightmare before christmas"...lì era troppo..per me non esistevano già più, ma già da Nymphetamine li avevo mollati definitivamente. Il ricordo degli old Cradle of Filth termina qui, a Damnation and a Day..anche se da qui stavano gia' tentando di muoversi, ma ancora ai minimi termini |
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@Area: Nel senso che dicevi tu! 😉Io, invece, già dall'inizio lo preferivo a Midian. Mentre, una volta ascoltato per bene Nymphetamine l'avrei pestato Dani..Thornography non ne parliamo proprio! Però, nel primo (riascoltato poco tempo fa..) qualcosina si salva, onestamente. |
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@nonchalance, nel senso?? |
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@Moro, guarda non saprei dirti, quando avevo 16 anni mi sembrava passabile anche se non bello come Midian o Dusk. Anche l'artwork non mi dispiaceva.
Io dopo questo attratto da altre cose smisi proprio di ascoltarli... qualche tempo dopo vidi in tv il video di Nymphetamine che era orecchiabile... non era più cosa mia sia livello di metal estremo che in generale. Col senno di poi non li riascolterei nemmeno più! |
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Hai visto Area?! La storia si ripete.. 😎 |
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Mi sorprende che, dopo anni e anni che passano, sembra sia avvenuta una rivalutazione di Damnation and A Day. Eppure a me continua a sembrare il manifesto di una nave che affonda; mancanza di riff degni di nota, produzioni iper-laccate per un concept album che non regge (Midian almeno era una sorta di viaggio in un luna-park degli horrori, attrazioni lovecraftiane); l'inizio di un peggioramento tangibile anche negli artwork, che da sempre avevano caratterizzato in positivo i CoF. Per me siamo ancora sotto il 50. |
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Album estremamente creativo. |
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P.S.: Ma, visto il ritorno in Champions dell'Inter, perché non torni anche tu sul forum..?! 😅 |
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@Obscure: Se ti riferisci ai commenti "salvati" della vecchia recensione, l'ho fatto appena letto che era ancora lì! 😏 Se, invece, era per il ri-acquisto del suddetto album..di loro avevo già tutto e, vista la formazione presente lì, aveva senso solo farsi autografare la foto che li ritrae al centro del booklet! _ Per quanto riguarda l'abbandono dei Cradle.. Io li ho conosciuti grazie ad una registrazione in cassetta del primo album. Poi presi "in diretta" VEmpire e, quando uscì Dusk, in molti già li criticavano per essere passati alla MFN e per le foto promozionali vampiresche.. Figurati! A me deluse - non poco - Cruelty per la produzione "scarna" e Midian per la virata gothic, non parliamo poi dell'EP Bitter Suites (a partire dalla grafica di copertina e dai disegni delle loro facce..). Successivamente rivalutai tutto! Ma, l'atmosfera di cui tutti parlano, non si era persa né col primo e né col secondo, terzo, quarto o con questo.. Semplicemente, Dani fece mutare lo stile della band a suo piacimento. |
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Io in quel periodo comunque amavo il black sinfonico, soprattutto emperor, limbonic art e dimmu borgir.
I Cradle non mi dispiacevano affatto e fino a questo disco secondo me non c'erano ancora stati dei cali e per me rappresentava il loro punto d'arrivo massimo (in un senso molto ampio eh) |
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Commento questa recensione sulla scia dei ricordi come faccio in rare occasioni...
Quando uscì questo album i C.O.F non erano di certo una delle band più famose del panorama musicale generale, però erano una delle più chiacchierate e famose tra i cosidetti alternativi (per chi fosse troppo piccolo gli basti sapere che fino a metà anni 2000 venivano così definiti tutti quelli che erano Punk, Metallari, Rappusi, Dark, Punkabbestia etc...), al tempo però c'era chi li mitizzava a prescindere e chi deluso da questo disco se ne usciva con "Non sono più quelli di Midian", "Sono commerciali" ecc.... era davvero uno spasso! |
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@nonchalance: questo si che è tenerci. Comunque fai conto che chi mi fece conoscere i Cradle of Filth si fermava a Midian, come tanti o la maggiorparte, io invece no; lui lo sta rivalutando solo ora. I messaggi a distanza di anni rasentano la realtà di come si possa cambiare idea col cambiamento nel tempo |
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Personalmente mi piace molto. L'ingresso in sony sicuramente ha dettato qualche cambiamento sia nelle sonorità che nella produzione, il pacchetto finale presenta un suono molto pulito e pieno di sfumature orchestrali. Se non siete dei puristi del black e avrete la pazienza di ascoltarlo quest'album vi regalerà sicuramente dei momenti felici. Per me voto 85 |
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D'accordo con Morlock, qualche parti di pezzi di valore più o meno in tutte le tracce ci sono. Una splendida conclusione con Thank God for The Suffering. Ma in generale lo trovo confusionario, dispersivo e privo di quelle magnifiche sinfonie maligne che hanno caratterizzato i precedenti lavori. Ma soprattutto, una produzione vergognosa secondo me, con le chitarre che sembra filtrate da dentro una campana di vetro. Non tutto è male, ci mancherebbe. Ma secondo me non superiamo il 70. Evviva! |
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Vado controcorrente...per me i Cradle sono ben altro....acquistai questo sotto consiglio di un mio amico facendo un errore clamoroso dato che nonostante i diversi ascolti non riusciva a piacermi mezza canzone,provato a riascoltare in tempi recenti e l'effetto è stato ancora peggiore...mi fermo a Midian anche se devo dire che l'ultimo almeno qualche spunto discreto ce l'ha! |
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@Obscure: Se intendi quelli della recensione precedente, io ce li ho salvati..e, il primo risale al 2004, il secondo è del 2006! Comunque, in tanti della vecchia guardia, lo snobbarono anche perché era il primo senza un componente della formazione originale: Robin fu cacciato poco prima che uscisse l'EP "Bitter Suites to Succubi". _ Di quest'album io ho un ricordo indelebile: la mattina del concerto seppi di una signing session al mitico Virgin Megastore di piazza del Duomo. Per andare dovetti chiedere il permesso e, per farmelo firmare, lo ricomprai.. |
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L'ultimo grande album della fine più assoluta! A me era sempre piaciuto e non lo bocciai per niente, mentre molti lo bocciarono e arrivavano fino a MIDIAN. Un album questo tuttavia buono a tutto tondo, che arriva sul filo del rasoio che sara' dopo il baratro e la svendita ammorbidendosi perdendo di credibilita' in tutto e per tutto dove molti ascoltatori del primo momento di quanto fatto dai Cradle of Filth del ricordo storico della band black/gothic metal inglese per eccellenza li lasciarono ad altri ascoltatori. Peccato per la mancanza dei commenti di quando è uscito questo DAMNATION AND A DAY, farebbe capire come la pensavano prima. Voto giusto |
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9
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sì sì ho notato... ottimo lavoro comunque, meritava un voto numerico questo album come tutti gli altri della discografia... |
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@Metal Maniac: come potrai notare è stata sistemata anche questa incongruenza, scusateci per l'inconveniente |
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...e comunque io non posso che confermare il voto dato nella precedente recensione, 78. un passo indietro rispetto ai primi 4, ma pur sempre un gran bel disco, che occupa il 5° posto nella mia personale classifica degli album del gruppo. |
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ma questa sarebbe il rifacimento della precedente recensione giusto? allora se così fosse dovete toglierla quella di prima, è ancora presente nel database... |
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@Nattleite: Ora sì, di niente! 😉@Alessio: Sì, anche secondo me in "Godspeed" riaffiora qualcosa che si era precedentemente persa per incontrare il grande pubblico (o per favorire il rapporto con la, ormai, più che statunitense RoadRunner). Sugli ultimi due, grazie ai nuovi innesti, si son ripresi alla grande..però, c'è un bel revival! Il boss, comunque, ha detto recentemente che cambierà rotta: pensa che sull'ultimo si siano già ripetuti abbastanza. |
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La penso come Nonchalance e Sorath. A me quest'album è sempre piaciuto e come giustamente detto l'ultimo album su livelli veramente buoni. Fortunatamente c'è del buono ( anche di piu) pure negli ultimi due e personalmente qualcosa anche in Godspeed. |
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@nonchalance: grazie mille per la segnalazione, ora dovrebbe essere a posto |
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In barba a tutti i detrattori della band inglese. Questo è veramente un disco veramente ben fatto. |
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Ottima recensione, che lo descrive al meglio nelle sue sfumature & influenze. L'ultimo grande disco di una delle band della mia "giovinezza"! Io, però, preferivo le ultime due parti dell'album.. 😏 P.S.: Per il videoclip di "Babalon A.D. (So Glad for the Madness)" Dani s'ispirò a "Salò" di Pasolini. P.P.S.: Manca la chiusa! 🧐 |
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INFORMAZIONI |
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Tracklist
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I FANTASIA DOWN 1. A Bruise Upon the Silent Moon 2. The Promise of Fever 3. Hurt and Virtue 4. An Enemy Led the Tempest
II PARADISE LOST 5. Damned in Any Language (A Plague on Words) 6. Better to Reign in Hell 7. Serpent Tongue 8. Carrion
III SEWER SIDE UP 9. The Mordant Liquor of Tears 10. Presents from the Poison-Hearted 11. Doberman Pharaoh 12. Babalon A.D. (So Glad for the Madness)
IV THE SCENTED GARDEN 13. A Scarlet Witch Lit the Season 14. Mannequin 15. Thank God for the Suffering 16. The Smoke of Her Burning 17. End of Daze
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Line Up
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Dani Filth (Voce) Paul Allender (Chitarra) Martin Powell (Tastiere, Violino, Chitarre) Dave Pybus (Basso) Adrian Erlandsson (Batteria)
Musicisti Ospiti Sarah Jezebel Deva (Voce) David McEwen (Voce)
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RECENSIONI |
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