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10/05/21
CORROSION OF CONFORMITY + SPIRIT ADRIFT
LEGEND CLUB - MILANO
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29/09/2018
( 1588 letture )
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Non sarebbe una bestemmia dire che il grunge è stata probabilmente l’ultima zampata rock nel mainstream. È durato poco meno di quattro anni (anche se le prime avvisaglie c’erano già da metà anni 80, con i vari Green River, Screaming Trees e Melvins), ma ha lasciato strascichi che, nel bene e nel male, continuano ancora oggi. Da metà anni 90 ad oggi si sono susseguiti una miriade di gruppi di dubbio talento che hanno venduto milioni di copie esasperando gli stereotipi dell’ondata grunge e sfruttandone l’incredibile successo fra i giovani, basti citare i vari Creed o Nickelback. I Candlebox sono considerati i primi di questa serie di gruppi, ma da dove inizia la loro storia? Ai capoccioni della Maverick (succursale della Warner Bros.) devono essersi illuminati gli occhi quando gli è pervenuta la demo di una band grunge (di Seattle oltretutto) che era in giro dal 1990. Un’ultima buona occasione per spremere le tasche dei teenager a suon di copie vendute. E per giunta questi quattro scapestrati avevano un paio di canzoni orecchiabili niente male, come Change e You.
Candlebox, l’omonimo primo album uscito nel 1993, divenne quattro volte disco di platino, ma solo nel 1994, quando la band rilasciò il terzo singolo: Far Behind. Inutile dire che Far Behind è una di quelle canzoni che tutti abbiamo sentito almeno una volta nella vita: classico crescendo rock a partire da un arpeggio pulito condito dalla bella voce del cantante Kevin Martin, un testo molto sentito (dedicato ad Andrew Wood) e i chitarroni distorti che entrano nel ritornello. Niente di troppo speciale, semplicemente un’ottima canzone orecchiabile che raggiunse il suo scopo: far conoscere la band al mondo intero. Ciò che è veramente importante è il resto dell’album, che più che grunge è assimilabile ad un hard rock un po’ sporco, simile a quello che già avevano fatto i ben più noti Pearl Jam e i magnifici, ma molto meno conosciuti, Warrior Soul. Il disco si apre con la dura Don’t You, un’opener perfetta, breve e coincisa. Poi si passa ai sei minuti e mezzo di Change, indubbiamente fra le migliori del disco, che mette in chiaro la formula dei Candlebox: arpeggi in pulito, chitarre distorte nei ritornelli, assoli di fattura veramente pregevole da parte del chitarrista Peter Klett e l’ottima prova vocale di Kevin Martin, che lascia trasparire un trasporto e un coinvolgimento non indifferente. Non sono presenti filler, ogni traccia scorre bene, coinvolge e lascia qualcosa. Ma i picchi vengono raggiunti da You, in cui Martin urla disperato: “And I’ll cry for you, yes I’ll die for you!” e dai sette minuti di Rain, la vera perla del disco, uno dei pochi episodi in cui la band rompe lo schema tipicamente grunge “parte tranquilla / ritornello duro / parte tranquilla / ritornello duro / assolo” per creare un blues lento che si evolve poi in una cavalcata elettrica che mette in mostra nuovamente l’ottimo guitarwork di Peter Klett. Ottima anche la ballata Cover Me, arricchita da intermezzi elettrici che possono far tornare alla mente gli Alice in Chains di Jar of Flies, e No Sense con un lungo assolo blueseggiante alla fine.
Insomma, Candlebox non è di certo un capolavoro (non sfiora neanche lontanamente i picchi toccati da lavori come Dirt o In Utero, tanto per citarne un paio nel genere di competenza), ma si tratta di un disco facente parte di una certa schiera di album che, pur ottenendo un ottimo riscontro commerciale, furono troppo presto bollati come derivativi e scontati anche quando con il grunge non c’azzeccavano poi così tanto. Basti citare i Live con il loro meraviglioso Throwing Copper, il primo omonimo album dei Days of the New o anche i due bellissimi lavori a nome Blind Melon. Come già detto, non stiamo parlando dei Nickelback o dei Three Days Grace, ma di musicisti veri che ancora oggi suonano in piccoli club con la stessa passione e grinta di venti e più anni fa. Da riscoprire e ammirare, perlomeno per gli appassionati del genere.
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Grrrrrrrrrrrrrrrrrrrrande album. Madonna fa cacaghe come aghtista, ma la sua etichetta sa faghe il fatto suo ! |
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Caro Giacomo Canton "Pink Maggit" quando fai la recensione dei Days of the New??? È na vita che aspetto di leggere. 😀 |
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Ok Rob Fleming, te lo spiego molto in parte : Io e THE MAESTRO Facciamo praticamente parte dello stesso filone musicale post grunge / Alternative , suoniamo acoustic music tutti e 2 . Io suono in acustico dal 95 praticamente come Travis, lo stile musicale riprende in pieno come sai i primi 5/7 anni dei 90. Poi c'è altro, molto di più e preferisco tenermelo per me (sorry). Grazie per l'interesse. |
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Grazie Alessandro. Insomma ho praticamente tutto. Quando arriverà la recensione sarai costretto a spiegare meglio perché definisci My brother Travis Meeks |
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Ciao Rob Fleming, di ufficiale i Days of the New di Travis Meeks hanno fatto tre album + un'antologia senza inediti, un Vhs Live uscito con il primo lavoro ed un Live Bootleg solista di Travis davvero molto bello. Ci sono anche 2 singoli versione cd tratti dal primo album con tre inediti molto belli ed un singolo sempre in cd tratto dal secondo lavoro Green ma senza inediti. Nella O. Soundtrack del film Godzilla ci sono altri 2 inediti un po' inutili. In YouTube trovi molto materiale anche non ufficiale tipo b side, Live ecc. |
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Il primo Days of the New è stupendo, una sorta di Alice in Chains acustici (chi ha parlato di Jar of flies?) ma meno drogati. Ma anche gli altri 2 non sono male. Poi però, la formula non era più la novità e li ho abbandonati (non so se hanno fatto altro). Come per i Candlebox. Questo è bello, ma Lucy e Happy Pills si ascoltano sempre benone |
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GRASIE MIE A TI Giacomo Canton ”Pink Maggit”, . Il primo dei Days of the New è uno dei miei album preferiti, un album perfetto, lo conosco come le mie tasche, 20 anni che lo ascolto e mi regala sempre nuove emozioni. I testi di Travis Meeks sono stupendi e la sua musica è davvero super. Non vedo l'ora di leggere la recensione. |
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@Alessandro bevivino Grazie mie. I Days of the New spero di recensirli presto, il primo album è uno dei miei preferiti in assoluto  |
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Che bella recensione . Ottima band con un bravissimo cantante , i loro primi tre album li ascolto ancora oggi. Giacomo Canton ”Pink Maggit" hai nominato i Days of the New di my BROTHER Travis Meeks ( Wow). Recensione futura???? |
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Ai tempi girava il video su video music |
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Ai tempi girava il video su video music |
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Mai sentiti... ma famosi in Nord America o anche in Europa?
Non mi stupirei se in Italia non li conoscesse o non se li ricordasse nessuno, dato che parlando di Grunge quando chiedi dei Nirvana tutti li conoscono ma poi scopri che davvero ricordano solo Smells like teen spirit, Lithium e Come As You Are. |
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Un buonissimo album per una delle ultime band venute fuori dell'ondata grunge: originalità zero ma ottime canzoni. Voto 80.
Ma i Warrior Soul cosa c'entrano????? |
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Un ottimo album che ogni tanto libero dalla polvere e ripesco ancora, insieme al (giustissimamente) citato Throwing Copper e a Gentlemen in casa Afghan Whigs. Avendo sempre avuto qualche problema di feeling con Nirvana, Pearl Jam e Alice in Chains, il "mio" grunge era soprattutto questo, chissà, forse proprio perchè, come scrive Giacomo, questi album con il grunge non c'entravano poi così tanto... |
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Molto sottovalutati, hanno fatto tre dischi bellissimi all'epoca, in particolare questo e il secondo li ho nel cuore. |
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La maverick era l etichetta creata da Madonna, nessuno ha detto che questi sono la seconda scelta rispetto gli Sweet Water, band molto cara alla Tower rec |
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Ai tempi non se li cagava nessuno... |
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Fatto. Vuol dire che il recensore ha studiato. E bene |
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@Rob Fleming: Ti basta cliccare sulla firma per sapere l'età! 😉 |
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Recensione veramente ben fatta. Non sapendo l'età del recensore si può dire che o ha studiato bene (menzione specialissima per aver citato i Days of the new) o ha vissuto in prima persona in periodo. Io faccio parte del secondo gruppo. I Candlebox copiano spudoratamente gli Stone Temple Pilots che già di loro prendevano molta ispirazione dai Pearl Jam. Però quando alla fine si compongono perle quali Rain, No sense, You e He calls me e la classicamente grunge Far behind (disperazione mista a melodia) il fatto che risultino poco originali interessa poco. La qualità era alta. 78 |
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Ascoltato poco fa. Pensavo di conoscerlo già..e, invece no! 😅 Io, comunque, ci sento anche i Jane's Addiction e i sempreverdi Mother Love Bone. Al contrario, chi si rifà tanto a loro sono i Puddle of Mudd! |
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INFORMAZIONI |
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Maverick Records/Warner Bros. Records
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Tracklist
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1. Don’t You 2. Change 3. You 4. No Sense 5. Far Behind 6. Blossom 7. Arrow 8. Rain 9. Mothers Dream 10. Cover Me 11. He Calls Home
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Line Up
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Kevin Martin (Voce) Peter Klett (Chitarre) Bardi Martin (Basso) Scott Mercado (Batteria)
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RECENSIONI |
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