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Mob Rules - Beast Reborn
14/10/2018
( 1338 letture )
Nonostante d’istinto si sia portati a pensare con maggiore frequenza ai gruppi più famosi che animano le varie scene, queste sono in realtà costituite principalmente da una enorme quantità di realtà non di primo piano, ma che si applicano con dedizione somma a portare avanti la propria musica pur non arrivando mai ad una vera notorietà, al pubblico di massa. Incapaci di produrre album davvero di qualità superiore pur avendo dei buoni numeri (o in certi casi di farli arrivare al pubblico), continuano però a fare il loro con convinzione e dignità, magari andando avanti per anni ed anni, mettendo insieme una discografia talvolta molto corposa e ritagliandosi il loro spazio. Un esempio tipico di band con queste caratteristiche è quello dei tedeschi Mob Rules. Buone qualità generali, un cantante senza troppo da invidiare ad altri che operano per gruppi più blasonati, buoni musicisti in formazione, con Sönke Janssen il quale entra nei ranghi a rilevare Mathias Mineur e professionalità acquisita attinente ad ogni aspetto della realizzazione di un album sono qualità ormai da tempo da considerare come scontate per loro. A mancare, però, è la capacità di andare oltre tutto ciò e di inserire in scaletta due o tre vere hit in grado di trascinare un album, svincolandosi dai riferimenti alla musica dei gruppi più osannati. Venendo inevitabilmente etichettati come “quelli che sono bravi, sì, ma ricordano troppo i...”.

Beast Reborn, nono album di una carriera partita nel 1996, non fa che confermare quanto sopra. Bella copertina, bei suoni, buone prove dei singoli e nessun pezzo realmente brutto se preso come a sé stante, ma niente in grado di qualificare il lavoro oltre la loro consueta media fra il sufficiente ed il discreto. Dopo un’intro epica ed orchestrale, Ghost of a Chance, primo estratto dall’album, ripropone il classico heavy/power diretto e melodico tipico dei Mob Rules, con un testo che parla di lasciarsi alle spalle il passato per puntare ad un nuovo inizio. Più solenne e strutturata Shores Ahead, caratterizzata da una parte centrale lenta e atmosferica da manuale; fin troppo. Qualche influenza maideniana affiora in Sinister Light, mentre Traveller in Time si mantiene ancora sui consueti standard occupandosi di raccontare la storia di John Titor, un fantomatico viaggiatore del tempo proveniente dal 2030 che all’alba del 2000 apparve in molti siti spacciandosi come tale, richiedendo “un vecchio computer IBM dal 1985. Nel suo tempo questo computer sarebbe stato necessario a causa di una specifica modalità segreta che potrebbe risolvere un bug nei sistemi UNIX, un bug simile a quello relativo alla data del problema Y2K. Anni dopo questa modalità segreta del computer IBM si è rivelata reale”. Storia simpatica e discreto pezzo che poi lascia spazio a Children’s Crusade, canzone stavolta incentrata su un misterioso movimento di bambini che sarebbe nato nel tredicesimo secolo tra Francia e Germania promosso da un ragazzo cui sarebbe apparso un angelo che lo incitava a liberare la terra santa, ma mai giunti a Gerusalemme. Metal classico e melodico, ma non privo di nerbo, una certa epicità e qualche tocco orchestrale. War of Currents è da intendersi in senso letterale, dato che parla della querelle tra Edison e Tesla, ma pur essendo ancora una volta gradevole, sembra davvero scritta con il patrocinio di Harris e Dickinson. Un po’ a cavallo tra folk metal, heavy e thrash, The Explorer si fa ascoltare parlandoci di Colombo e Magellano, cedendo il passo al pezzo più ambizioso dell’intero lavoro: Revenant of the Sea. Oltre sette minuti giocati tra doom e parti acustiche che raccontano la leggenda nordica dei Gongers delle isole Sylt e Amrun, poste nelle Frisoni settentrionali: “Coloro che sono stati uccisi o morti in mare, sono intrappolati come fantasmi sfortunati tra i mondi. Dopo quattro generazioni, ritornano come “revenants” alle isole e cercano i loro discendenti, per sdraiarsi accanto a loro di notte. [...] Se uno dei loro discendenti li vede e ricorda il suo antenato, il fantasma sarà libero. Chiunque incontri un Gonger, non sentirà alcuna paura, ma sentirà un profondo dolore riempire tutto il corpo”. Molto più immediata Way Back Home, prima di concludere con My Sobriety Mind (For Those Who Left), sentita ballata con la partecipazione di una voce femminile.

Ed alla fine della fiera, ciò che si può dire è che i Mob Rules hanno fatto ancora una volta ciò che hanno sempre saputo fare: un album costruito con metodo, passione, capacità e conoscenza dei meccanismi necessari a produrre un lavoro senza difetti apparenti. Infatti non è tanto quello che c’è a poter essere criticato, quanto quello che non c’è. Le due o tre hit citate nel primo paragrafo, la capacità di tirare fuori un pezzo che dopo un paio di note faccia dire: “Ah, i Mob Rules”, e quel quid indefinibile che marca la differenza tra una band dignitosa ed un grande gruppo. Chi li apprezza non avrà di che pentirsi dall’aver comprato Beast Reborn, così come chi trae godimento dalle cose semplicemente ben fatte. Chi cerca qualcosa che resti negli anni, invece, rifletta prima di aprire il portafoglio.



VOTO RECENSORE
66
VOTO LETTORI
94.5 su 2 voti [ VOTA]
Cicciobariccio
Domenica 3 Dicembre 2023, 16.57.55
5
Molto meglio di miriadi di cacate voto 90
Cicciobariccio
Domenica 3 Dicembre 2023, 16.57.33
4
Molto meglio di miriadi di cacate voto 90
Cicciobariccio
Domenica 3 Dicembre 2023, 16.57.30
3
Molto meglio di miriadi di cacate voto 90
Cicciobariccio
Domenica 3 Dicembre 2023, 16.57.26
2
Molto meglio di miriadi di cacate voto 90
df800
Lunedì 15 Ottobre 2018, 8.34.40
1
Album assolutamente godibile, fresco, ben suonato, come giudizio complssivo mi sarei sbilanciato intorno al 70/72
INFORMAZIONI
2018
SPV/Steamhammer
Heavy/Power
Tracklist
1. Beast Reborn
2. Ghost of a Chance
3. Shores Ahead
4. Sinister Light
5. Traveller in Time
6. Children’s Crusade
7. War of Currents
8. The Explorer
9. Revenant of the Sea
10. Way Back Home
11. My Sobriety Mind (For Those Who Left)
Line Up
Klaus Dirks (Voce)
Sven Lüdke (Chitarra)
Sönke Janssen (Chitarra)
Jan Christian Halfbrodt (Tastiere)
Markus Brinkmann (Basso)
Nikolas Fritz (Batteria)
 
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