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19/03/21
MAYHEM + MORTIIS + GUESTS TBA (POSTICIPATO!)
ORION - CIAMPINO (ROMA)
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16/10/2018
( 1178 letture )
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The world has fallen - no place for winners No air to inhale - no movement to react Cold ruins watching - over once proud buildings The call of the battle fades away The black smoke has vanished
Oblio. In questo caso, i Crematory non l'hanno considerato tanto come “dimenticanza”, quanto più come un generalizzato elemento di pessimismo verso il futuro dell'umanità (come si deduce dal testo della titletrack). Poetico? Più o meno. Se da un lato una fine violenta della nostra civiltà porterebbe effettivamente -sulla lunga distanza- all'oblio della sua stessa esistenza, da un altro la band tedesca ha cercato di utilizzare tematiche di forte impatto, finendo però per svilupparle (da un punto di vista testuale) in maniera piuttosto limitata e stereotipata. Ma d'altronde, non è che i Crematory siano mai stati noti per la loro “penna”.
Da Monument sono passati due anni, ma la formula del quintetto di Mannheim non si è alterata. Il loro mix di gothic, industrial, pop e orchestrazioni sinfoniche continua a suonare riconoscibile tra mille. Non tanto per una combinazione non così aliena alla scena teutonica, ma per la netta opposizione tra i momenti più serrati, dominati dal growling moderato ma graffiante di Felix e da un quadratissimo riffing tanz, e passaggi più melodici arricchiti da refrain studiati a tavolino, che esplodono grazie ad una prova vocale -come sempre- ottima del chitarrista Tosse Basler. Per quanto sia Felix a risultare come primo singer del gruppo, in Oblivion come in Monument il "reparto cantanti" è quasi completamente monopolizzato dai puliti di Tosse, che -grazie ad un'interpretazione tutto sommato di buon livello- permette alle melodie dei pezzi di esprimersi al meglio delle loro potenzialità. Felix è invece più monocorde del solito e paga anche la scelta -veramente bislacca- di non includere brani in lingua madre, che valorizzavano non poco un tipo di voce esaltata dalla combinazione tra la prosodia del tedesco e la marzialità di un certo industrial teutonico. Alle chitarre il duo Basler/Munkes non rinuncia al navigare proprio in territori industrial, con un riffing quadrato ed ossessivo (Ghost of the Past, Demon Inside, Cemetary Stillness), intervallato però da momenti clean quasi soft rock (Stay with Me, stacchi di Immortal), soli di derivazione quasi heavy (Until the Dawn) e in generale da un riffing che cerca di mostrarsi più vario della media del genere, non sempre con successo. Se permettete una banalità (forse sporcata dal pregiudizio): ai tedeschi piace contaminare le loro musica con l'elettronica. Se, per certi versi, non è che per i Crematory sia così diverso, c'è però da rilevare come dietro i tasti bianchi e neri Katrin Jüllich opti spesso per un approccio più “sinfonico” e pianistico. Questo non va ad escludere episodi più squisitamente industrial, ma brani come Salvation o Until the Dawn rappresentano in tal senso delle piacevoli variazioni sul tema. La sezione ritmica, composta da Jason Mathias al basso e Markus Jüllich dietro le pelli, suona diritta e quadrata, senza particolari exploit. Il basso è ben presente nel coadiuvare la sezione ritmica (Stay with Me ne è un buon esempio), ma senza mai emergere o prendersi particolari spazi, mentre le linee della batteria tendono a non sorprendere, fornendo però in ogni caso un adeguato scheletro ad un sound che ha comunque necessità di percussioni serrate e costanti.
Il tutto si concretizza con una produzione senza infamia e senza lode. C'è una compressione che -a gusto- trovo eccessiva, sia sui singoli strumenti che sulle tracce finite, che risulta in dinamiche abbastanza “uccise”. La resa delle parti orchestrali (in termini di samples impiegati) è pessima e a tratti sembra quasi indistinguibile dai passaggi con timbri più elettronici. Detto questo, il mix permette di sentire un po' tutto e alcuni suoni sono più riusciti di altri (bello il basso medioso ed efficaci le chitarre rasoianti) e nel complesso non ci sono sbilanciamenti di volume o frequenze fastidiose. Si poteva fare di più, ma nel contesto del genere è qualcosa di assolutamente entro i parametri.
Oblivion sembra un disco nato e concepito per l'esecuzione live, già solo l'intro Expectation ne tradisce l'intenzione, con una base orchestrale che soggiace ad una voce narrante che conclude il suo monologo con:
Please welcome Crematory.
Di per sé, ha i pezzi per riuscire in questo intento e alcuni brani potrebbero dimostrarsi delle autentici cavalli di battaglia proprio in tale sede. Salvation con i suoi ritmi serrati, Stay with Me come ballad romantica e in generale la quantità di ritornelli orecchiabili. L'ascolto prolungato però non regge il confronto con il suo predecessore, complice anche qualche brano sottotono (Ghost of the Past). Per quanto la formula non sia troppo cambiata (nonostante la citata mancanza della lingua madre, che ha fatto sì mancassero pezzi a là Haus mit Garten), il risultato finale manca dello stesso guizzo. Rimane comunque un album ampiamente oltre la sufficienza e che gli amanti del genere potranno comunque ascoltare senza temere delusioni.
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6
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Non sarebbe il caso di recensire i primi illustri album di questa band meravigliosa? |
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5
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A mio parere personale trovo che questo album e il precedente siano musicalmente tra i migliori dei Crematory. Secondo me erano scesi in quelli antecedenti.Se uno non li ha ascoltati mi sento di consigliarli. |
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4
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Cari redattori, sarebbe possibile recensire anche i lavori degli anni '90? |
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3
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Un paio di brani a parte (Immortal e Cemetery Stillness) davvero gradevoli, per il resto il vuoto. A tratti diventano irritanti. Non uno, forse anche due passi indietro rispetto al predecessore. Insufficiente. Voto 55 |
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2
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Ripeterò in parte quello che ho già scritto sul forum Alcuni pezzi del disco, a mio avviso, fanno calare il livello di attenzione (Ghost of the Past, Revenge is Mine, Wrong Side), il che è un peccato, perché trovo che la seconda parte del disco sia molto bella, con pezzi sia potenti sia dotati di mordente. Avendo l'alternanza, nella prima metà, di canzoni valide (Salvation, Until the Dawn) e quelle sottotono che ho citato prima, si è complessivamente abbassato il livello del disco. Concordo con Room sulla prova di Basler, che alza il livello complessivo del disco per la sua prestazione vocale sempre ottima. Sono anche dello stesso avviso riguardo le conclusioni: disco onesto, che non raggiunge il predecessore Monument (molto più bello). Anche io ho trovato che le parti più sinfoniche (la cui resa, a differenza di Gianluca, non trovo pessima) aggiungano una varietà, creando uno stacco con le parti elettroniche/industrial; il sound compresso, invece, non mi ha infastidita, bensì trovo che sia un tratto distintivo della band che aiuta a creare il loro suono industrial. Altri due punti di contrasto con la recensione sono le seguenti: non credo che la mancanza di canzoni in lingua madre abbia influito negativamente sul disco, perché ci sono dei pezzi in cui la resa è pari a quella di brani in tedesco di altri album (tipo For All of Us) e perché trovo che riproporre lo stesso schema con canzoni in tedesco avrebbe potuto diventare noioso, se fatto a forza; per quanto riguarda le influenze (questa è una quisquilia, ma la dico comunque per completezza ) non penso che tra esse ci sia il pop, ma solo gli altri tre generi citati da Room. I Crematory hanno notoriamente ritornelli riconoscibili ed orecchiabili, ma non bastano per fare un accostamento con il pop. Nel complesso 70. |
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1
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Obiettivamente un buon disco, restando sulle usuali coordinate stilistiche. Condivido il voto della recensione. |
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INFORMAZIONI |
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Tracklist
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1. Expectation 2. Salvation 3. Ghost of the Past 4. Until the Dawn 5. Revenge is Mine 6. Wrong Side 7. Stay with Me 8. For All of Us 9. Immortal 10. Oblivion 11. Cemetary Stillness 12. Blessed 13. Demon Inside
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Line Up
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Felix (Voce) Tosse Basler (Chitarra e voce) Rolf Munkes (Chitarra) Katrin Jüllich (Tastiere) Jason Mathias (Basso) Markus Jüllich (Batteria)
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