Recensione Un - Sentiment

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Un - Sentiment

16/10/2018
( 2574 letture )

Nel persistente stato di smarrimento frutto del coacervo di uscite partorite da formazioni semisconosciute, capita con puntuale periodicità di imbattersi nella scoperta di qualche album in grado di attestare il raggiungimento di un livello qualitativo invidiabile, facendoci dunque prendere coscienza del fatto che, se da una parte produrre un disco diviene un processo di gran lunga più semplice rispetto a 20-30 anni fa (permettendo il conseguente dilagare della mediocrità), d'altra parte questa “opportunità” è diventata anche uno strumento evidentemente meritocratico, tale da permettere ad una band non ancora affermata di giocarsela ad armi pari con pubblicazioni e nomi più recenti di ben più alta visibilità e di cui ben spesso si ha un timore quasi reverenziale, alla sola idea di mettere in dubbio o in confronto il loro recente operato. Da questo cosmo sconfinato giungono al vaglio di Metallized gli Un, quartetto di Seattle reduce di un interessante debutto intitolato The Tomb of All Things, i cui promettenti contenuti si rivelarono ahinoi penalizzati da una produzione piuttosto sbilanciata rispetto al già evidente (seppur ancora acerbo) talento compositivo dei Nostri. Passato recentemente sotto l'ala protettiva della piccola Translation Loss Records, il combo statunitense pubblica la sua seconda fatica in studio e, com'era lecito aspettarsi considerati i presupposti del predecessore, l'asticella viene sollevata notevolmente, in questo caso sia per gli aspetti che concernono il songwriting che finalmente per gli strati sonori, i quali possono finalmente compattarsi in una solida base per sorreggere i quattro megaliti che circoscrivono un autentico monumento di death doom abilmente condotto verso le sue declinazioni più melodiche.

Tale prima definizione rappresenta in realtà una descrizione solo parziale, in quanto rivela il fulcro principale a partire dal quale i quattro musicisti intraprendono un percorso di esplorazione dei territori limitrofi; le parti più delicate delle chitarre e gli intrecci solisti richiamano infatti una percezione melodica particolarmente affine a quella di Pallbearer et similia (potrebbero servire come esempio le parti situate a circa 2:30 e 11:00 di In Its Absence, le armonizzazioni intorno a 9:20 di Sentiment e il bellissimo solo conclusivo a 11:30 di A Garden Where Nothing Grows), mentre alcuni pesantissimi rallentamenti (vedasi la sezione centrale di A Garden Where Nothing Grows), pur conservando le inclinazioni melodiche che rappresentano il tratto distintivo del disco, toccano conseguentemente l'ambito del funeral doom. Ad arricchire un quadro di per sé già policromo si aggiungono infine le distorsioni fangose delle chitarre di Mccleery e Wright, evidentemente più conformi all'universo sludge che non propriamente a quello death/doom ed in questo parametro ci si potrebbe immaginare come “co-responsabile” il guru della consolle che risponde al nome di Dave Otero.

Nei quattro lunghi episodi che delineano Sentiment si scorge una costante coesistenza di contrasti tra le preponderanti declinazioni melodiche scandite dalla sezione strumentale ed il growl imponente di tipica matrice death di Mccleery il quale, pur conservando un timbro profondo e omogeneo, sfocia di rado in frangenti di disperazione creando apposite stonature (In Its Absence) oppure esasperando all'estremo la sua ugola (sezione centrale di A Garden Where Nothing Grows, che non a caso si rivela la traccia più spietata del lotto). Si palesa inoltre una piccola ma significativa parentesi in cui il ruolo della voce si inverte associandosi all'eufonia strumentale e raggiungendo uno dei climax dell'album, in particolare nel core di Pools of Reflection nel momento in cui si intercala la toccante interpretazione di Kelly Schilling nel ruolo di comparsa recitando dei versi decisamente criptici:

Pools of reflection
laid upon stone every moment, a ripple
the stone crumbles
beneath the weight of pain
the pools are revealed
to be mirrors of shame

Ricalcando le intenzioni del disco, le linee vocali anche in questo caso mirano dritto allo spettro delle emozioni, liberandosi di barocchismi inutili e creando un gioco ambiguo nel quale la delicatezza delle note pronunciate sembra quasi voler celare un subdolo retroscena.

Attraverso un songwriting articolato e raffinato, fondato su un continuo passaggio di testimone di riff memorabili (caratteristica principe di un genere come il doom), dove tra l'altro si palesa un'opera meticolosa in sede di arrangiamento, gli Un sono riusciti, già alla soglia del loro secondo lavoro, a sfoggiare una maturità compositiva cristallina degna di meritare un pubblico ben più ampio rispetto all’attuale, limitata portata. Trama in cui si intersecano e si snodano angosce, tormenti, bagliori di speranze sopraffatte dalla disillusione, Sentiment è il classico album da cui si vorrebbe fuggire per la profondità delle emozioni che è in grado di toccare, ma da cui risulta impossibile sottrarsi una volta addentrati nei suoi anfratti sonori. Considerando infine lo splendido artwork di Cauê Piloto, ignorare questa piccola gemma dell'underground sarebbe un delitto, uno dei migliori dischi death/doom dell'anno in corso, senza ombra di dubbio.

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Michele Mura "5-HT"

VOTO RECENSORE

VOTO LETTORI

80 su 3 voti [ VOTA]

Commenta

	No Fun	Martedì 23 Ottobre 2018, 14.02.27		6
Pardon, esperti come Stagger e Fremont, senza il de...

	No Fun	Martedì 23 Ottobre 2018, 13.58.51		5
Bisognerà ascoltarlo, esperti come Stagger e de Fremont lo lodano (oltre alla rece di Michele ovvio) e poi che bella copertina! @Le Marquis de Fremont, posso chiederle, se non sono indiscreto, dove si trova la località della quale porta il nome?

	Le Marquis de Fremont	Martedì 23 Ottobre 2018, 13.20.32		4
Ed ecco un'altra perla che viene dal mondo death/doom, dopo il bellissimo Iris degli Altars of Grief. Non uso la parola "capolavoro" perché è sempre pericoloso abusare delle iperboli, ma se inventano un terrnine che dice lo stesso, lo uso per questo album. Quatto pezzi strepitosi, mai sotto i dodici minuti ma che vorresti durassero molto di più. Concordo con il recensore: uno dei migliori dischi dell'anno (non solo di death/doom). Au revoir.

	Galilee	Lunedì 22 Ottobre 2018, 12.10.08		3
Molto bravi

	Stagger Lee	Mercoledì 17 Ottobre 2018, 15.39.29		2
Confermo. Molto bello.

	Paolo	Mercoledì 17 Ottobre 2018, 15.35.08		1
Molto, molto bello

INFORMAZIONI

2018

Translation Loss Records

Death / Doom

Tracklist

1. In Its Absence
2. Pools of Reflection
3. Sentiment
4. A Garden Where Nothing Grows

Line Up

Monte Mccleery (Voce e chitarra)
David Wright (Chitarra)
Clayton Wolff (Basso)
Alex Bytnar (Batteria)

Musicisti Ospiti:
Kelly Schilling (Voce in traccia 2)
Ethan (Voce in traccia 3)

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