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26/04/24
KARMA
CSA RIVOLTA, VIA FRATELLI BANDIERA 45 - VENEZIA
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23/10/2018
( 683 letture )
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Tornano all’opera direttamente da Jacksonville gli Artizan, il cui quarto full length è uscito un paio di mesi fa mediante la sempre attiva Pure Steel Records. Per chi non ha la minima idea di chi siano questi musicisti è bene ricordare che si tratta di un quartetto dedito ad un roccioso ed a vecchio stampo power a stelle e strisce, niente di più e niente di meno, che ha fin qui raccolto sicuramente meno di quanto avrebbe meritato nonostante la conclamata saturazione del mercato. Demon Rider è un prodotto genuino fatto da e per veri supporters dell’old-school e ce ne accorgiamo facilmente lungo i suoi trentatré minuti tra rasoiate e momenti carichi d’epicità sapientemente miscelati; d’altronde dalla formazione del 2008 i componenti sono rimasti i medesimi, quindi l’alchimia è ben radicata. Durante l’ascolto scopriremo comunque che era lecito aspettarsi un qualcosa in più.
Il gruppo guidato dalla stentorea voce di Tom Braden non è dei più frequentemente sentiti nemmeno da parte di chi si addentra giornalmente nell’underground, ma se si è alla ricerca di qualcosa di classico e di non troppo impegnativo Demon Rider potrebbe fare al caso vostro: le influenze palesi sono quelle dei mai dimenticati Nevermore, veri Maestri per la gran parte del nuovo metal contemporaneo e dai quali gli Artizan riprendono certi stilemi simil-prog, riscontrabili chiaramente nella costruzione mai banale delle cinque canzoni qui presenti. Le due chitarre sono le ovvie protagoniste del platter e tessono trame a tratti contorte e a tratti dirette; nell’unione tra queste tipologie sta l’elemento di maggior interesse e in base al quale giudicare le capacità di scrittura dei floridiani. L’opener e title track è un perfetto esempio della loro doppia anima giacché viene aperta da un suono lento ed acustico, accompagnato da un riverbero distorto e da una voce demoniaca che lasciano spazio ad un mid-tempo scontatissimo ma già più cattivo, almeno nelle intenzioni. Fortunatamente ci pensa il vocalist a far risaltare il brano, altrimenti verosimilmente piatto, con una più che ottima prestazione, una costante valida per ogni traccia, e cantando un verso (il primo) che verrà in seguito raffigurato sulla splendida cover dell’album dal grafico Eliran Kantor, molto conosciuto nell’ambiente metal per i suoi ottimi servigi. The Hangman si presenta con il forsennato pestare di Ty Tammeus e con un attacco alla Painkiller che promette spettacolo; in realtà il prosieguo è più ragionato, ma non per questo di minor qualità, con fraseggi evocativi su ritmi di media velocità che lasciano quantomeno affascinato l’ascoltatore. La peculiarità riscontrata finora è la totale assenza di assoli, scelta assai atipica per un album US metal e che finisce per impoverire il tutto, poiché pare manchi un tassello per il completamento del fantomatico puzzle. La terza traccia parte in sordina e si sforza nel tenere il freno tirato preferendo puntare sull’atmosfera, la quale però risulta troppo moscia e regala pochi sussulti, mentre la successiva The Endless Odyssey risolleva il livello generale dandoci finalmente la possibilità di udire un escursione solista, seppur breve, ma soprattutto azzeccando linee vocali e costruzione. La sensazione è che le capacità siano limpide e che talvolta si trovino servite su un piatto d’argento per essere fruite, mentre in altri momenti si nota una povertà di idee che induce ad una sorta di riciclaggio di quei due o tre elementi proposti in continuazione. Questo brano, in particolare l’incipit, ci segnala che negli Artizan c’è un bassista e fin qui nulla di strano; ciò che fa scalpore è che si tratti nientepopodimeno che di Joey Vera, membro di Armored Saint e Fates Warning nonché di molti altri gruppi storici e che la sua presenza venga sminuita a tal punto che in alcuni momenti nemmeno si percepisca il suono del suo quattro corde. La situazione è quindi altalenante e l’ultimo atto di questo breve Demon Rider è sicuramente il più ardito e si sa, il coraggio può pagare come può benissimo condannarti: When Darkness Falls dura più di dieci minuti, si divide in più parti dissimili tra loro e fragilmente legate, quasi fossero tante canzoni separate, ma il risultato si fa ascoltare grazie ad alcune buone intuizioni che compensano la mancanza di omogeneità di fondo. Una chiusura perfetta per il valore che gli Artizan avevano dimostrato precedentemente, e che non abbassa né alza le valutazioni di un album che difficilmente sarà ricordato.
Demon Rider per la verità nasce con ambizioni elevate: le varie canzoni hanno configurazioni non facili ed è evidente il tentativo di ricercare opzioni diverse dalla norma, ma purtroppo il prodotto finale è un risultato riuscito meno che a metà e ci si dovrà accontentare di un lavoro sicuramente sufficiente ma, alla lunga, stancante e privo di quell’attrattiva che porta al ri-ascolto dopo la prima volta. Confidiamo in un prossimo capitolo che riesca a mantenere e moltiplicare la qualità di questo album aggiungendo quel tocco compositivo in più per compiere definitivamente un salto di livello, significherebbe molto sia per noi fans che per loro.
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INFORMAZIONI |
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Tracklist
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1. Demon Rider 2. The Hangman 3. Soldiers of Light 4. The Endless Odissey 5. When Darkness Falls
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Line Up
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Tom Braden (Voce) Shamus McConney (Chitarra) Bill Staley (Chitarra) Joey Vera (Basso) Ty Tammeus (Batteria)
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RECENSIONI |
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