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Mare - Ebony Tower
07/11/2018
( 2116 letture )
Nidaros è il nome che aveva in epoca medievale, durante l’epoca dei primi re cristiani, l’attuale città di Trondheim; anche se la capitale divenne Oslo, nel 1300, Nidaros rimase indistintamente riconosciuta come la capitale spirituale dell’intero paese. Casualmente, proprio a Trondheim, nei primi anni 2000, nacque un movimento denominato Nidrosian Black Metal, ristretto e circoscritto all’area urbana e poco distante della cittadina norvegese. Negli stessi anni, è nato un festival dedicato, ovvero il Nidrosian Black Mass, che aveva come fine tanto la celebrazione del movimento quanto il far incontrare un sottogenere così d’élite ed inspiegabilmente pragmatico ad un pubblico più vasto. I riff monotoni sono in linea con la tradizione norvegese, il cantato in stile corale aggiunge un’aura ritualistica all'intera opera e il tutto viene contestualizzato attraverso un inquietante tappeto di tastiere. Semplice, giusto? Potrebbero essere le nozioni base di moltissimi dischi culto della scena scandinava, se ci si pensa bene. Chiunque abbia estrema consuetudine con quanto prodotto in ambito black nelle ultime due decadi, avrà notato come le sonorità siano state plasmate e ampliate notevolmente nel corso degli anni. Il concetto di black, inteso in senso stretto, è lievemente svanito, dando spazio ad una contaminazione sempre maggiore anche da parte stili estremamente distanti rispetto ad esso. Pensiamo a come, paradossalmente, album quali l’ultimo magnifico Vargrav, Netherstorn, porti con sé il concetto di black tanto quanto gli ultimi Mesarthim, oppure gli Ancient Moon. Si tratta indubbiamente di tre band di spessore, e, sebbene siano distanti anni luce a livello compositivo, risultano unite da un solo fine comune: ampliare sempre più lo spettro compositivo del genere a livello globale. Proprio gli Ancient Moon, grazie a Vvlture, portarono a livelli esponenziali il ritualismo nel contesto della scena contemporanea. La formazione aveva dato vita a quel piccolo gioiello donando ad esso un’aura mefistotelica e spirituale, dentro un magma di funerei riff gelidi come un iceberg. Tale lavoro ci occorre quale appiglio per poter introdurre i Mare, che oggi sono i veri protagonisti di questo scritto. Tra i due lavori vi è uno stretto legame inconsapevole, sicché con il più recente lavoro dei Mare si concretizza un passaggio di testimone vero e proprio. Sia i precedenti Spheres like Death che Throne of the Thirteenth Witch erano infatti uscite molto valide, che racchiudevano l’essenza stessa del black, ma, grazie ad Ebony Tower, il trono è definitivamente conquistato. Devo trattenere l’entusiasmo per quest’album, non posso far trapelare il mio giubilo, per cui ecco a voi una recensione completamente super partes: buona lettura!

I norvegesi nascono nel 2003 a Trondheim, attuando una scelta ai limiti dell’estremo, ovverosia creare musica solamente per il proprio ego. La casa discografica non pronuncia parola sull’operato, rarissimi concerti, nessuna pubblicità e demo ed EP rilasciati con estrema calma. La musica necessità del suo tempo, a prescindere dal genere creato, è un processo evolutivo che stagna nel profondo; arrivare al primo album ufficiale a ben quindici anni dalla fondazione del gruppo non è nulla di più che un segno di cura maniacale e dedizione suprema vero l’opera creata. Di riflesso, la manifestazione di rispetto incondizionato verso questi musicisti diventa pressoché doverosa. Partendo dalla copertina, Ebony Tower si presenta con l’intento di manifestare sin dal primo istante quello verso cui andremo incontro. La o-card esterna, con un pentacolo rosso e la dicitura Nidrosiae Sabbatvm Lvnae, racchiude un minimale cartonato con la foto dello Store Trolla, montagna presso la città che diede i natali alla formazione, e che la stessa scattò nel corso di un pellegrinaggio. Terratur Possessions sa il fatto suo e, da sempre, ogni uscita discografica sotto questa etichetta è sinonimo di qualità: basta sfogliare il roster presente. Sin dall’inizio non ho fatto alcuna fatica a capire come quello che avevo tra le mani fosse un prodotto con caratteristiche superiori, ma, una volta premuto il pulsante play, la magia si è schiusa, e questo è un prologo al prossimo track by track.

Il disco si apre con una canzone che rappresenta al meglio il tema portante dell’intero percorso sonoro, Flaming Black Zenith. Quest’ultima è basata sull’ipnotica mescolanza di atmosfere sinistre che si sprigionano da un riff monotono e prolungato. Pochi i cambi di tempo, poiché, dopo i cori e le campane iniziali, un potente riff si sprigiona con la doppia cassa sapientemente dosata nei suoni per fornire maggiore spessore alla composizione. Alla pronuncia di From infernal depths We rise, echi di De Mysteriis Dom Sathanas sgorgano dal male assoluto, nulla cambia nel tempo, tutto come da tradizione. Nella parte centrale, il rallentamento ci dona una sosta, l’accenno di rituale prima della conclusione spettrale a riprendere il riff di partenza. Un brano ciclico che in sette minuti toglie ogni dubbio sulla qualità proposta dai nostri. Blood Across the Firmament mette in luce il magnifico lavoro di pelli da parte di (Øyvind Sundli), che non ripete mai lo stesso pattern. Costantemente in assedio, è in preda alla furia cieca che con la sua immaginazione colma ogni spazio: giocoliere. Anche il basso inizia a vagare, isolato rispetto all’andamento del brano: è sorprende mente tutto sensato e voluto, non è nulla di più che la disarmonia degli elementi che porta l’ordine dal caos. Il brano fila via liscio, nella costante ipnosi cerebrale. La catatonia prende forma sino a 5:30 dove l’apertura melodica epicizza il tutto, sino a dissolversi dentro un fade-out in acustico. Leggiadra come firmamento, tagliente come la morte. Un brano che merita un occhio di riguardo è sicuramente These Fountains of Darkness che, pur essendo la più breve dell’intero lotto, con i suoi soli sei minuti e mezzo, confonde l’ascoltatore, in soggezione dall’accaduto. Il ritmo serrato dei momenti inziali è un veleno malefico che, sino a 2:45, cavalca senza sosta. Il cambio verso il mid-tempo centrale è la messa che si conclude con l’urlo finale, per tornare alla frustata che richiama l’inizio brano. Bisogna riuscire a percepire anche i giochi sul ride e la loro velocità; solo su Exercises in Futility avevo riscontrato tali dettagli all’interno di una partitura così complessa. La penultima, Nightbound apre con il basso che ti sussurra “ora ti porto in un luogo molto brutto”; dieci minuti epici e sensazionali che richiamano le ritmiche precedenti, senza mai cadere nel ripetitivo. La sensazione di crescita, di percezione di potenza, che sale minuto dopo minuto è asfissiante; lo stacco a 3:40 ha dei lievi richiami allo sludge più statunitense, rimembrando la regola: contaminare è d’obbligo. A 6:20 si manifesta il riff che per i restanti quattro minuti martellerà all’infinito, come spine conficcate nel cervello guiderà a conclusione del tutto. Echi, spazi, dilatazioni ed aperture, la canzone respira e come nell’arte minimale, togliere equivale ad aggiungere. Stupefacente. Si arriva a conclusione grazie a Labyrinth of Dying Stars, che, con dodici minuti, vince il primo premio come minutaggio. Anche la tracklist è sapientemente scelta, con ostacoli sempre maggiori sino a conclusione, togliendo ogni speranza: che splendida scelta stilistica. Si comincia con la solita sfuriata a tout-court sino a 3:20 dove uno stacco tendente al funeral doom si delinea, prima che la doppia cassa faccia breccia nuovamente. Due minuti dopo i tempi rallentano nuovamente, il basso vaga come da consuetudine in lande desolate, mentre le dissonanze lievitano dentro noi. Lento, sempre più lento a 8:10 i synth ci guidano per quattro minuti verso l’uscita. Lamia Vox sospira come un fantasma, gli spiriti ti circondano mentre, impaurito, ti guardi intorno.

Ancora non ho compreso a cosa si riferiscano i Mare con il titolo Torre D’ebano, un legno scuro, pregiato che viene spesso usato per strumenti musicali. Forse perché è presente in aree geografiche con popolazioni definibili quali “Terzo mondo”? Il mistero rimane. Un disco più sinistro, cupo e pesante rispetto alla media europea e non solo. Non punta difatti tutto sulla velocità ma piuttosto sull’atmosfera, che richiama nei molteplici passaggi. Pur essendo al primo full-length, i Mare sono tra i leader sull’interno del panorama Nidrosian Black Metal, insieme ai Khaosritual e i Celestial Bloodshed, avendo messo capo ad un disco che, a dispetto di tutto, è stato creato con la sapienza dei veterani. Penso sia giusto tributargli l’onore che meritano, poiché siamo d’innanzi ad un papabile disco dell’anno in ambito black. Null’altro da aggiungere.




VOTO RECENSORE
82
VOTO LETTORI
81 su 3 voti [ VOTA]
Spirit Of The Forest
Domenica 25 Febbraio 2024, 18.23.39
8
Non troppo immediato da metabolizzare,a tratti statico ma di sicuro interesse.Non è un disco imperdibile, ma in una collezione può fare la sua parte. 70
Le Marquis de Fremont
Martedì 15 Ottobre 2019, 13.17.59
7
Ascoltato ieri dopo che ero capitato per caso su questa recensione. Ottimo, veramente ottimo. Non ci vedo niente di monotono in questo tipo di sound. Pezzi come Nightbound, Labyrinth of Dying Stars e Flaming Black Zenith sono coinvolgenti come pochi e letteralmente ti avvolgono. Sto ascoltando anche il precedente Spheres Like Death/Throne of the Thirteen Witch e conferma la capacità dei Mare di avere un eccellente songwriting. Gruppo molto interessante. Au revoir.
Todbringer83
Mercoledì 21 Novembre 2018, 22.56.27
6
Da più parti ho letto in merito ad un sound proposto dai nostri che rasenta il monotono. Bene, è proprio questo a mio avviso il paradosso. Oggi ho ascoltato per la prima volta questo lavoro. A metà della prima traccia non vedevo l'ora che partisse la seconda, a metà della seconda, la terza.. Dopo la terza ho cominciato a palesare una certa rassegnazione. Da li in poi, causa un sound davvero troppo monotono, immobile e stantio per le mie orecchie, non ho visto l'ora che arrivasse la fine. Per me è un'occasione sprecata e se questa è la proposta credo che in futuro girerò alla larga da questa band. Sopravvalutati. Voto : 59
Jan Hus
Giovedì 8 Novembre 2018, 23.22.29
5
Questo lo devo ascoltare. Comunque Ivory Tower sta per Turris Eburnea, ossia Torre di Avorio ossia Torre di Bianco Prezioso, ed è un epiteto mariano che allude alla sua verginità. Quindi l'Ebony Tower ossia Torre di Nera Pece è un dildo. Non fa una grinza.
Lucignolo
Giovedì 8 Novembre 2018, 19.05.14
4
Lo sto ascoltando,per il momento non lascio alcun commento,ma credo che da qualche parte nei brani ci sia sicurame una relazione con il titolo dell'album.....non so l'englisc.
Wonderboy
Giovedì 8 Novembre 2018, 18.08.00
3
@Andrea: premetto che non ho ascoltato il disco, ma penso che Ebony Tower sia una contrapposizione metaforica all'espressione "Ivory Tower" che, cito da wikipedia, "Dal XIX secolo è usata per indicare un mondo o un'atmosfera dove gli intellettuali si rinchiudono in attività slegate dagli affari pratici della vita di ogni giorno. Come tale, la locuzione ha solitamente la connotazione peggiorativa di una disconnessione volontaria dal mondo; una ricerca esoterica, troppo dettagliata, o anche inutile; un elitarismo accademico, se non aperto sussiego". Quella dei Mare è una torre di colore scuro, probabile rifiuto dell'intellettualismo presente in alcune proposte musicali, ma sono supposizioni
Alessio
Giovedì 8 Novembre 2018, 9.21.36
2
Anche per me uno dei migliori album black dell'anno. Non inventano nulla di nuovo e ricalcano dei suoni già battuti...ma tutto è maledettamente affascinante e al posto giusto, un viaggio. Insieme agli One Tail One Head sono i migliori esponenti della scena Nidrosian ( Dodsengel inarrivabili). Colpo grosso della Terratur. Voto 88
Max
Giovedì 8 Novembre 2018, 8.37.21
1
Per quel che mi riguarda, la miglior uscita black metal dell'anno, almeno per di quelle che ho ascoltato.
INFORMAZIONI
2018
Terratur Possessions
Black
Tracklist
1. Flaming Black Zenith
2. Blood Across the Firmament
3. These Foundations of Darkness
4. Nightbound
5. Labyrinth of Dying Stars
Line Up
HBM Azazil (Voce, Chitarra)
Nosophoros (Chitarra)
Luctus (Basso)
ⷚ (Batteria)

Musicisti Ospiti:
Lamia Vox (Voce)
 
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