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Corrosion of Conformity - Wiseblood
10/11/2018
( 2801 letture )
If I was the king
Of all the rotten
Stealing filth
From those forgotten
Would you be my queen
Of a desperate land?
Do you give a damn?


New Orleans – Raleigh: andata e ritorno nell’altro lato del metal a stelle e strisce.

Quello che i lettori si apprestano a leggere, dovrebbe essere un bagaglio di nozioni noto un po’ a tutto il fandom metal, ma si sa, mai dare nulla per scontato. Ed è cosa saggia approfittare delle opportunità che offre questa rubrica, riscoprendo e contestualizzando i migliori lasciti di un determinato sottogenere, con la speranza di introdurre gli ascoltatori più giovani a nuove sonorità e, perché no, anche coloro che bazzicano raramente in questi ambiti acustici.
Passiamo ai fatti, dunque. Ci troviamo agli estremi opposti della Bible Belt, più precisamente fra Carolina del Nord e Louisiana, tra il 1993 e il 1996, che tradotto significa, alla lettera, "acme di quella specifica (sub)cultura musicale". Prestate attenzione: non si sta affermando che queste band dal 1996 ai giorni nostri non abbiano più prodotto nulla che sia degno di nota, anzi, se certi generi oggi hanno i loro baluardi è anche per merito loro (su tutti svetta, per una serie di cause, il sacro triumvirato Crowbar, Corrosion of Conformity ed Eyehategod). Piuttosto, è stupefacente – perdonate il contesto in cui viene utilizzato questo vocabolo – la prolificità qualitativa e costante di quel triennio. Certo, certo, quella manciata di band che andrò a nominare in successione tra qualche riga esistevano già dalla fine degli anni ‘80, ma è pur vero che, per un motivo o per l’altro, licenzieranno una serie di opere tra le più acclamate da critica e pubblico delle loro discografie e di quel "calderone malato", proprio in quel triennio così dannatamente fecondo, anche se, lo ripetiamo, non hanno mai subito stroncature clamorose, né prima, né dopo questo breve arco temporale. Cominciamo questo breve excursus dai Corrosion of Conformity, reduci dal loro capolavoro unanime, Deliverance (che per correttezza, condivide lo scettro con Blind) e, con la “line-up aurea”, ritrovatasi dopo anni nell’ultimo No Cross No Crown, pronta a dare un seguito agli umori southern sempre in risalto del masterpiece targato ‘94. Il blues rock, nella sua incarnazione più poderosa e ruggente, doveva tornare a splendere, senza perdere un “grammo” della sua drammaticità e del suo pathos. Nel frattempo va formandosi a Charlotte, Carolina del Nord, ma con lo sguardo rivolto al putridume sonoro proveniente da New Orleans, lontano anni luci dai ricami chitarristici di Pepper Keenan, un monicker sinonimo di disagio, i Buzzoven, che nel 1994 daranno alle stampe un altro dei lavori fondamentali dello sludge/thrashcore novantiano: Sore (pubblicato per Roadrunner Records). Giungiamo a New Orleans, la cui star nel 1994 non può che essere Phil Anselmo, che, però, non sarà il solo a guadagnarsi il rispetto della città e l’approvazione della critica in quegli anni, perché ben tre legioni di demoni, poeti con la penna e con l’ago, schiacciati dal peso delle dipendenze, stavano aprendo un cerchio artistico dalla portata storica, per il "metal del Sud", dando il "la" a questa scena. I Crowbar di Kirk Windstein, con il loro sludge/hardcore pachidermico, raffinato poi negli anni, piazzavano con la stessa forza dei ganci di Mike Tyson, Crowbar (1993), Time Heals Nothing (1995) e Broken Glass (1996), migliorandosi (!) addirittura con i successivi, e, contemporaneamente a loro, emergevano dai tuguri più malsani di New Orleans i padri dello sludgecore, gli Eyehategod di Mike Williams e Jimmy Bower: malati, nichilisti, perversi, sprizzanti da ogni verso e nota oppiacei, cocaina, xanax e chi più ne ha, più ne metta, cantori del lato oscuro della periferia, consegnano alla storia del genere in questo periodo Take as Needed for Pain (1993, per Century Media Records) e Dopesick (1996). Poi è la volta della cometa Acid Bath, che illuminò i cieli della Lousiana con due capolavori senza tempo dello sludge/doom, quali When the Kite Strings Pops (1994, per Rotten Records) e Paegan Terrorism Tactics (1996, ancora per Rotten Records), per poi dissolversi nel nulla, in silenzio, in seguito alla morte del bassista Audie Pitre, avvenuta nel 1997. E se in medio stat virtus, nel ‘95, tra i primi (capo)lavori fondamentali e i loro seguiti del ‘96, vede la luce NOLA dei Down: un’opera che trascende le mere classificazioni di genere. Semplicemente, l’album che riassume tutti i "fantasmi del Mississippi" degli anni ‘90. Una raccolta di certi ideali.

Ora che è stato chiarito (a grandi linee) il contesto storico-musicale in cui vide la luce Wiseblood, possiamo cominciare a parlare dell’album – e chi conosce già la storia, sa di cosa parlo - : Wiseblood ebbe l’infame compito di succedere non solo a Deliverance, non solo a NOLA, ma anche di riconfermare su larga scala l’apprezzamento di un quartetto californiano chiamato Metallica, freschi freschi di Load. Eppure - e qui mi rivolgo agli appassionati di stoner e southern metal -, sappiamo come andarono le cose, nel 1996.

Questione di responsabilità.

Wiseblood prende il nome da Wise Blood, romanzo della scrittrice georgiana Flannery O’Connor, pubblicato nel 1952. E se l’autrice è nativa di Savannah, Georgia (e citiamoli, questi Mastodon!), e la band della Carolina del Nord, non dovrebbe essere poi così difficile immaginare come suonerà quest’album. Wiseblood è il secondo viaggio acustico offertoci dai Nostri, dopo Deliverance, che disegna un altro eccellente affresco di quella che è la culla culturale della nostra musica preferita. Un viaggio che ci porterà alla scoperta, in chiave metallica, delle molte facce, alle volte orrende (capiamoci…), dei luoghi natii, spalmati fra piantagioni di tabacco e cotone grondanti sangue, fra vecchie magioni di campagna perse nel nulla risalenti alla Guerra di Secessione, circondate da granturco e querce, ma anche fra bettole popolate da loschi individui barbuti, nelle quali whiskey e birra scorrono a fiumi e la pentatonica regna sovrana. Registrato fra New Orleans, Miami, Charlotte e New York sotto la guida del solito, fidatissimo John Custer, Wiseblood è figlio di una produzione più nitida e precisa, rispetto al precedente Deliverance, ancora legato alla prima parte di carriera nei suoni: un biglietto da visita, quello di questa produzione, per il grande pubblico, visti gli impegni imminenti e il desiderio di replicare, se non superare, il successo di Deliverance. Forse svanisce l’effetto novità, manca il brano da antologia, ma la ricetta, rispetto al precedente, cambia di poco: blues, rock e psichedelia scorrazzano liberi incontrando la potenza del metal, del crossover, del punk, delle distorsioni, del wah e degli up tempo, dando vita ad un lavoro che è, comunque, stoner nella sostanza e nell’essenza. Il contagiri dell’adrenalina sale subito a livelli vertiginosi fin dai primi secondi, con l’ “uno-due” assestato dalla tripletta iniziale, in cui ritornelli anthemici si incastrano alla perfezione con un riffing groove (Pantera?) terremotante (King of the Rotten), assoli bluesy e ritmiche crossover e trasgressive disarcionano luoghi comuni secondo i quali “questo non può convivere con questo” (Long Whip / Big America) e dove la radiofonia raramente è stata interpretata così bene (Wiseblood), plasmando un trittico ideale da ascoltare al massimo, mentre si viaggia laggiù, da quelle parti. Nel caso vi fosse salita la tachicardia, la ballatona elettrificata Goodbye Windows funge da calmante naturale grazie alle sue atmosfere sospese, da club alcolico e fumoso, in cui abbiamo modo di assaggiare l’espressività del bending di Pepper Kennan, sensuale e straziante allo stesso tempo, per tutta la chiusa, da 3.44 in poi. Ma il trattamento che ci riservano i Nostri è encomiabile e la prima parte del platter viene chiusa dalle danze spacey del duo Kennan/Dean con tanto di mazzate annesse nella seconda metà (Born Again for the Last Time) e dal singolo Drowning In a Daydream, che con l’arpeggio malinconico del ritornello lascia intravedere gli spettri di Seattle, verso la quale, nel ‘96, la nostalgica “generazione grunge” guardava ancora, nonostante tutto. The Snake Has No Head, elevata da un vincente assolo psych noise e da alcuni sottili sbalzi sludge, e il blues bastardo da “finestrino abbassato” di The Door, con un altro ottimo assolo, introducono ad un’altra doppietta vincente per atmosfera ed energia emanata: Man or Ash e Redemption City. Mid-tempo robusto la prima, con chitarroni abbassati in primo piano e con Hetfield che urla uno strepitoso “These are primitive times// These are primitive// These are primitive times // No care, no less divine, surpass be it man or..” , potrebbe essere scambiato per un brano degli Alice in Chains nell’intro o per uno dei Metallica stessi grazie all’ennesimo assolo riuscitissimo zeppo di wah. Dai rabbiosi motivi della precedente, ci si sposta al romanticismo della seconda ballata elettrica, la quale non avrebbe sfigurato nella precedente release, poiché dominata per tutta la durata da un riff stoner semplice quanto efficace, per non dire da manuale, che disegna lentamente paesaggi dislocati lontano dal caos metropolitano. Ma il “Sud” è anche muscoli, virilità e ignoranza e lo sputo arrogante di Kennan in Wishbone (Some Tomorrow) ,unico filler di Wiseblood, inaugura la portata finale, nella quale spiccano Fuel, un gioiello thrash sparato a mille, nonché – si presume - balsamo per l’anima di molti thrasher allo sbando e delusi nel ‘96 (Load?), e la strumentale psichedelica conclusiva, con alcuni intriganti passaggi jazzati nella seconda metà, che non poco ricordano le scorribande kyussiane.
Il Sud impone certe responsabilità a chi imbraccia uno strumento, e questa line-up, nemmeno in Wiseblood, nonostante le aspettative non soddisfatte per il tornaconto di alcuni che gravavano su questo lavoro, era venuta meno ai propri doveri e al proprio retaggio, e infatti...

Deludendo (alcuni), ma con classe.

Wiseblood oggi, narra anche la storia di un fallimento discografico e del mancato salto definitivo dei Nostri nel circuito mainstream. Nonostante il successo di vendite e critica ottenuto con Deliverance, nonostante un contratto con la storica Columbia Records, nonostante la partecipazione di Hetfield in qualità di ospite d’onore (e marketing…) nelle backing vocals di Man or Ash e la conseguente partecipazione al “Poor Touring Me Tour” dei Metallica del 1996-1997 in compagnia di Korn e Soundgarden e nonostante l’alta rotazione via radio del singolo Drowning in a Daydream, Wiseblood fu un fallimento sul piano delle vendite, al punto che Columbia ritenne opportuno interrompere i rapporti con la band al termine del tour del ‘97, la quale fu “costretta” a trovarsi un’altra etichetta per il successivo America’s Volume Dealer (2000, pubblicato per Sanctuary Records). Ciliegina sulla torta di questo “fallimento” fu la sconfitta ai Grammy Awards del 1998 del singolo Drowning in a Daydream, che vide la “statuetta” della “Best Metal Performance” andare ad Aenima (Aenima) dei Tool... e bla bla bla.
Dai, non siete qui per leggere il finale di uno di quei romanzi rosa comprati in edicola a pochi spiccioli, triviali, strappalacrime. Qui c’è l’aroma del whiskey, del luppolo, del tabacco, delle valvole, delle stamberghe, alzate il volume, infischiatevene delle vendite, dei “se”, dei “ma”, sedetevi comodi e pigiate “play”. Deliverance si guarda le spalle. Qualcuno è in agguato. Noi espiriamo soddisfatti. Un altro tassello si aggiunge alla collana di classici del genere e di tutto il decennio.



VOTO RECENSORE
87
VOTO LETTORI
87.8 su 10 voti [ VOTA]
Jaw
Venerdì 16 Novembre 2018, 23.09.00
18
posto il fatto che cd del genere oggi né escono pochi, io ho sempre mal sopportato certa critica fighetta, per cui se una cosa suona alternative viene incensata perché musica vera, chesso' rispetto a Bon Jovi perché ha venduto milioni di copie e parla molto spesso di cose normali senza chissà quale sega mentale, c'è qualche fesso che crede che una band che sigla con la Columbia non voglia vendere vagonate di cd? Anzi era più che è, auspicabile, altrimenti zaccc! Tagliati dal roster
Elluis
Giovedì 15 Novembre 2018, 13.34.34
17
Concordo al 100% con VomitSelf (post 13).
Area
Giovedì 15 Novembre 2018, 8.23.48
16
Io ho usato il termine Stoner riferendomi alla recensione, ma in realtà lo percepisco quasi come Souther Rock questo disco e anch'io penso che sia molto vicino a Load dei Metallica... persino la voce di Pepper é molto simile a quella di James Hetfield, sentire la title track per farsi un idea. Poi sarà un caso che proprio il cantante dei Metallica fa i cori in un pezzo?
jaw
Mercoledì 14 Novembre 2018, 22.14.54
15
Stoner? Forse, visto che di blues ce né. Però non è come i Kyuss per dire, per me è più vicino ai Metallica di Load o ai Black Label S..Si potrebbe parlare di Corrosion of Controversity, Blind per come l'avete catalogato saberebbe heavy/thrash? Uguale come parlare di Stoner qui. Diciamo che era la parte root/alternative dell'USA heavy del periodo. Insomma una band che parte con dell'hardcore e per me tocca l'apice con Stare too long che è Southern rock e parlare di integrità artistica è quanto meno fuori luogo, poi di solito sta gente picchia addosso a chi è sempre stato se stesso.
Andrea
Mercoledì 14 Novembre 2018, 14.06.30
14
Lo presi all' epoca perchè facevano di spalla ai Metallica, e non volevo andarli a vedere senza conoscerli. Gran bell' album, apprezzato più oggi che all' epoca.
VomitSelf
Martedì 13 Novembre 2018, 2.54.29
13
Album della madonna. Assieme a "Deliverance" il mio preferito dei C.O.C.
Giaxomo
Lunedì 12 Novembre 2018, 23.23.23
12
@Metal Shock: piacerebbe saperlo anche a me, ma son felice di leggere pareri unanimi sulla qualità del disco..😉 @TheSkull: grazie per l’intervento! A proposito di “Drowning..”: lo sapevi che è stata scritta e incisa per ultima, perché qualcuno della Columbia (mi sfugge ora il nome di chi...) voleva un singolone “radio-friendly”? Alternative della label? O lo fate ora e subito, o non pubblichiamo l’album. Della serie: se oggi possiamo ascoltare Wiseblood, ringraziamo “Drowning...”...😁
DF800
Lunedì 12 Novembre 2018, 21.45.21
11
capolavoro
TheSkullBeneathTheSkin
Lunedì 12 Novembre 2018, 16.47.51
10
Secondo me questo non nasce stoner (si sente) ma lo diventa col senno di poi... una specie di "vicino di casa" dello stoner, anche per geografia. Non è stoner, ma oggi potrebbe esserlo. Drowning in a daydream collocata nel 96 fa persino l'occhiolino al grunge... in ogni caso, contando che io ho votato 92 e ci sono due voti soltranto sarebbe stato interessante sentire le sparate del fenomeno che ha votato 40
Area
Lunedì 12 Novembre 2018, 12.05.33
9
Uno dei pochissimi album Stoner che apprezzo, forse perché sporco di Southern Rock.... decisamente meglio questi C.O.C di quelli Hardcore. Di questo album quella che preferisco é Wiseblood dove Pepper ha una voce molto simile a quella di James Hetfield. Soltanto io noto sta somiglianza?
Metal Shock
Domenica 11 Novembre 2018, 11.06.05
8
Dopo Blind e Deliverance il mio preferito dei Corrosion ed il trio perfetto di dischi per chi vuole conoscere questa band. Penso sia il punto più alto sul versante hard rock del gruppo, con una varietà di canzoni con pochi eguali e con un Pepper al massimo. Sarà stato anche un fallimento discografico ma è un disco fenomenale. E come ha detto Skull sotto, è incredibile come un disco come Load, molto simile a questo ma qualitativamente inferiore abbia più avuto successo di Wiseblood....strana la vita. Voto 85.
Giaxomo
Sabato 10 Novembre 2018, 20.11.24
7
@Blessed: mi sono scordato un pezzo: ricordiamoci che comunque lo stoner è un genere abbastanza frammentario..pensa a quante band sono accomunate sotto "la stessa bandiera" da fonti di gran lunga più autorevoli del sottoscritto. Tipo gli Orange Goblin, tipo l'ultimo album, che a grandi linee suona più come Wiseblood (più derivativo, ok), che non come un Blues For the Red Sun, ad esempio...Resta il fatto che l'opinione comune (io anche mi ci butto in mezzo) tende a classificare "stoner" chi suona un hard rock "molto hard" e poi ci mette di suo dilatandolo o metallizandolo, che è appunto il caso di Wiseblood. Forse il bello di questo genere è proprio il suo spettro, se ti interessa il discorso puoi leggere la rece dell'ultimo degli Orange dove ne parlo. Un saluto.
Giaxomo
Sabato 10 Novembre 2018, 19.36.34
6
@Blessed: alt, alt, alt. Chiariamoci subito, partendo dal "problema" più semplice, ovvero le band citate nel primo paragrafo. Mi sembra di aver scritto chiaro e tondo cosa suonano "x, y, z ecc ecc", ed è vero, nessuno di loro suona "stoner". Piuttosto, ciò che mi ha portato a scrivere quel primo paragrafo era quello di far capire a chi è poco avvezzo a certe sonorità cosa nasceva lì, in quel triennio. E se Eyehategod, CoC, Crowbar sappiamo da cosa sono legati, i Buzzoven hanno un ruolo abbastanza importante per lo sludge più oltranzista, piacciano o non piacciano è un altro paio di maniche, ma tant'è, e provengono dalla Carolina del Nord, vedi CoC. Poi abbiamo New Orleans e gli Acid Bath. Fil rouge tra queste sei band? Il Sud. Ecco che se uno vuole ascoltare qualcosa di nuovo può orientarsi un minimo, non per forza limitandosi ai CoC. Poi per spaziare e approfondire siamo qui... 😉 Ahimè, per citare gli Alabama Thunderpussy era ancora troppo presto (esordio: 1998). Spero sia tutto chiaro ora. Problema due: etichetta/e. Ho vacillato anche io fino all'ultimo, non scherzo, però vuoi per la distorsione, vuoi per alcune soluzioni psych, alla fine ho optato per quello. Io parlerei di "southern metal", poi spuntano fuori Fuel e Drowning e casca il palco.. per America's si può parlare di "hard rock"... Sul fatto che l'ultimo dei Clutch è Hard Rock non ci piove, vero? Un saluto.
Blessed
Sabato 10 Novembre 2018, 18.32.53
5
L’unica cosa che non mi torna nella recensione alla fine è proprio il genere indicato: cosa ha di stoner questo disco? Nulla, assolutamente nulla. Questo se vogliamo è hard rock. King of the Rotten è una Speed King, le strutture e le soluzioni sono hard rock, al limite c’è qualcosa di metal, ma di stoner? Neanche la distorsione lo è, per quanto sporca e terrosa. Nella recensione si citano Crowbar e Eyehategod a fianco dei COC, ma quelli fanno sludge non stoner e infatti non hanno nulla a che fare con i Corrosion. Solo In the Arms of God risente di quell’influsso e infatti sembra molto di più un disco dei Down che uno dei Corrosion... boh... etichette eh... alla fine chi se ne frega. Però non mi torna proprio
TheSkullBeneathTheSkin
Sabato 10 Novembre 2018, 16.23.40
4
GIusto il voto sul 90 ad un album così, oggi come allora... non sapevo fosse stato un flop di vendite, quel che ricordo molto bene è che fu accolto da alcuni giornalisti del settore e/o addetti ai lavori come "il disco che i Metallica non faranno mai" ... notevole, direi, fosse anche una minchiata non la si sente spesso!
InvictuSteele
Sabato 10 Novembre 2018, 12.55.32
3
Grandissimo album, anche se preferisco il precedente e il successivo. Siamo comunque su altissimi livelli. Voto 82
Giaxomo
Sabato 10 Novembre 2018, 12.17.06
2
Yes Lizard, sottoscrivo ogni tua parola!
Lizard
Sabato 10 Novembre 2018, 11.51.33
1
Più ‘semplice’, rock, divertente, immediato e variegato del granitico ma comunque complessivamente superiore Deliverance. La titletrack è un pezzo strepitoso e in generale uno dei loro meglio riusciti in questa sortita sempre miracolosamente in bilico tra ricerca e visceralita’. Prosegue il percorso a ritroso di Pepper Keenan che culminerà nel successivo album. Purtroppo, sarà anche il più debole dei cinque composti prima dello split e del successivo ritorno. In ogni caso, sono cinque album imperdibili e Wiseblood sta perfettamente nel mezzo. Lo adoro oggi come allora.
INFORMAZIONI
1996
Columbia Records
Stoner
Tracklist
1. King of the Rotten
2. Long Whip / Big America
3. Wiseblood
4. Goodbye Windows
5. Born Again for the Last Time
6. Drowning in a Daydream
7. The Snake Has No Head
8. The Door
9. Man or Ash
10. Redemption City
11. Wishbone (Some Tomorrow)
12. Fuel
13. Bottom Feeder (El que come abajo)
Line Up
Pepper Keenan (Voce, Chitarre)
Woody Weatherman (Chitarre)
Mike Dean (Basso)
Reed Mullin (Batteria)

Musicisti Ospiti
James Hetfield (Voce in traccia 9)
 
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