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19/04/24
DESPITE EXILE + LACERHATE + SLOWCHAMBER
BLOOM, VIA CURIEL 39 - MEZZAGO (MB)
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Warpath - Filthy Bastard Culture
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08/12/2018
( 1995 letture )
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Casa Madio/Mileshnikova. Sera inoltrata trascorsa sul divano a leggere l’ultimo di Baricco (The Game) con i Kreator in sottofondo. Non tanto sotto, non tanto fondo. Un bagliore sul cellulare mi allerta che è arrivata una mail. Sarà l’ennesima inutile mail al pari di centinaia di altre che arrivano, di sera soprattutto, dall’Eurospin o dai dentisti di San Pietroburgo che stanno facendo gli sconti per risolvere i problemi di carie. Ed invece no. È la mail ufficiale che arriva da metallized.it. L’ha scritta Barry. Dopo un paio di settimane di attesa da quando ha comunicato che sono un nuovo recensore, mi ha ricontattato per allegare il nuovo materiale dei Warpath. Barry mi augura buona fortuna. Mi scrive poche parole, ma piene di valore. Ne ho proprio bisogno perché mio padre, da qualche giorno, è messo non bene. Una banale influenza. Ma per chi come lui è anzian(issim)o non è poi così scontato che la ripresa sia vigorosa. Adesso va molto meglio: Luigi -così si chiama- è tornato a nutrirsi con regolarità, sorride (un po’) e si gode le partite della serie A in tv. Nell’ultimo periodo io poi ho dormito poco e male, ma sono qui.
Io ed i Warpath. Si parte ! Con il nome Warpath. annoveriamo almeno una decina di band sparse nel mondo. Dal Brasile alla Polonia, dagli Stati Uniti all’Ungheria. Se non bastasse ci sono anche quelli che provengono dal Cile e quelli dall’Irlanda. Qui parliamo dei Warpath from Germany -da Amburgo per la precisione- quartetto che giunge alla sesta fatica. Sembra ieri che Bullets for a Desert Session tormentava le casse dello stereo che eccoli di nuovo in pista con il fresco di pacca Filthy Bastard Culture, titolo che, a dirla tutta, mi trova d’accordo; hanno ragione loro, è così. Il 2017 -anno d’uscita di Bullets for a Desert Session- ha avuto il pregio di averli nuovamente riportati in auge dopo undici anni di silenzio -l’ultimo ad uscire era stato Kill your Enemy (dalla copertina davvero poco azzeccata e senza lo storico Dicker alla voce); questo fine 2018 servirà a cementare un concetto assai più chiaro: possono passare dieci, undici o anche dodici e più anni di silenzio, ma il thrash quando lo sai suonare è come andare in bicicletta, se hai imparato, non lo dimenticherai più. Dopo la intro strumentale (The World Beyond), è tempo di fare sul serio con Unbroken Soul, biglietto da visita esibito in bella mostra perché sia chiaro cosa ci aspetta: suoni ruvidi, veloci e nitidi in perfetto stile thrashy 80/90. Si prosegue con Back to zero: inizio morbido e poi, giù, botte da orbi. Volumi orgogliosamente integri che richiamano, a tratti, la compattezza sonora dei Machine Head. Anche la title track conserva questa attitudine, strizzando l’occhio ai migliori Motorhead, e non solo per la voce di Dirk “Dicker” Weiss, quanto per l’intera struttura del brano. Accelerato e punkeggiante, proprio come piace a noi. Lo stesso effetto lo ritroveremo poi, benché relegato principalmente al refrain, qualche traccia più in là, in Killing Fields. Believe in me ha un inizio dark, gotico. Avete presente i Fields of Nephilim? Ecco quella roba lì. Poi però diventa un classico pezzo marziale, chiaramente teutonico. Quello che voglio dire è semplice: tutte le band della Germania che suonano thrash si sono sempre fatte riconoscere perché dalle loro parti quello stile è nato con gli Accept, seppur evolvendosi -ovviamente- in declinazioni più estreme. Senti i Warpath e non puoi non sentire la graniticità della band di Udo. Attenzione, non voglio dire che i gruppi thrash crucchi (ok, ok, lo so, dire “crucco” non è politically correct, ma rende così bene l’idea) si somiglino tutti tra loro, ma è evidente che gli Accept hanno tracciato un solco e tutti ci hanno messo una tacca degli anfibi dentro, chi più chi meno. Si legge, in giro che Filthy Bastard Culture non è un disco facile, ma questo è thrash, signori, e non deve far riflettere sull’esistenza della vita oltre la morte; che poi, di solito, un disco l’ascolti e lo senti subito se ti appartiene, se ci sei tu in quel muro di cemento armato che esce dalle casse dello stereo di casa, della macchina o delle cuffie. Ottimo il lavoro dietro le pelli di Norman Rieck, apprezzabile soprattutto nella meravigliosa Into the Dark. Il drummer qui si fa maggiormente apprezzare per come detta i tempi in maniera accorta, con la certezza di un metronomo. Il regime dei giri si mantiene alto anche nell’esecuzione della già citata Killing Fields. Il fantasma di Lemmy pesantemente aleggia soprattutto quando Dicker urla Revolution! Revolution! Non gli fa il verso -a provarci sarebbe stupido, i mostri non si toccano-, ma l’energia del leader dei Motorhead pervade anche il cantante dei Warpath. Quasi a volerlo omaggiare ulteriormente perché di Lemmy la mancanza la sentiremo, tutti, per sempre. Va benissimo così. Nessuno se la prenda a male. Nel calderone ci buttiamo dentro Accept e Motorhead cotti al vapore dei Machihe Head. Provate ad ascoltare, a volume un attimino più sostenuto, Below the Surface. Per la serie: Ci spiegate cosa è lo speed/thrash made in Germany? Certo, ascoltate questo pezzo e occhio dal minuto 2:17 in poi. Ascoltate e poi ci dite. Il lavoro presenta un mixaggio da bacio accademico, prova del fatto che il signor Eike Freese -andate su DiscoGS per capire di chi stiamo parlando- ha davvero le idee chiare su come esaltare le sonorità di chi lavora con lui, anche quando alle spalle, magari, non ci sono capitali immensi da utilizzare. F.U. è il brano più veloce del lavoro. Per cosa sta quell’acronimo lo lascio indovinare a voi. Però bontà d’animo vuole che vi lasci almeno un indizio: nell’esecuzione più e più volte viene ripetuta la parolina asshole. Vabbè ma tanto lo avevate già capito da soli. Gli amanti dell’hardcore saranno felici di ascoltare F.U., roba da Nuclear Assault anche se i newyorkesi un brano così lungo non lo avrebbero all’epoca mai registrato, perché altrimenti sarebbe stato un oltraggio al corto, veloce e distruttivo a cui si erano votati, almeno ai tempi di Game Over. Il filone ultraveloce viene mantenuto intatto nell’esecuzione della seguente Violent Star, altro pezzo che stenta a far credere che i Warpath abbiano un solo chitarrista, Flint Razoredge, già reclutato ai tempi del precedente album, in sostituzione di Jan “Jannick” Lamprecht. Ci avviamo verso la chiusura: proprio gli ultimi due brani non sono proprio quello che può definirsi una prova di forza. Anzi. Sono la chiosa che non ti aspetti e che non vorresti. Peccato. La meno convincente dell’intero lavoro è Slow Motion Violence, pezzo cadenzato con il quale i nostri provano a sperimentare il terreno doom; episodio che, a dirla tutta, mi ha lasciato interdetto. Ok, il titolo lo aveva lasciato intendere, quindi nulla di inatteso; tuttavia li preferiamo quando sono più incisivi, non perché amiamo solo la velocità, ma perché, probabilmente, i Warpath danno il meglio quando viaggiano a giri più alti. Loro sono quello. Tutti i torti non dobbiamo averli, se è vero che il brano di chiusura, St. Nihil, recupera muscolatura e volume pur senza raggiungere le vette di quanto proposto nei pezzi centrali.
Era il 1992 quando i Warpath incidevano il loro primo album, When War Begins…Truth Disappears, dopo l’omonimo demo dell’anno prima. Il 1992, il thrash moriva, come quasi tutto l’heavy metal “puro” a causa dei nuovi suoni provenienti da Seattle. Quanto abbiamo sofferto, ragazzi. Era quasi un funerale. Eravamo tramontati, eravamo vecchi e ammuffiti, bisognava affrettarsi e correre veloce verso le contaminazioni. Ed oggi, dicembre 2018, ascolto i Warpath e mi viene da ridere: siamo ancora qui, di nuovo qui. Più thrasher che mai. G.B. Vico aveva ragione. (In)contaminati ma vivi !
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Grazie maxmad! Guarda secondo il mio parere hai fatto bene a concentrarti su altre cose più obiettive forse 😉 |
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Grande Silvia! sai che nella bozza iniziale avevo dedicato qualche parola per le linee vocali che non erano proprio convincenti?! poi ho pensato di concentrarmi su altro perché altrimenti, più che che una recensione, sarebbe stata un’autopsia. |
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La voce non è male ma non mi piacciono le linee vocali (il che è diverso). Comunque trovo il disco notevole, belli i riff e bella quell'aurea cupa che aleggia nell'album. Non li accosto agli Accept però sapete? Quoto @rik #12 |
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@Maxmad: si l'avevo capito, però resta sempre una voce, per me, molto mediocre. |
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Mediocrità su tutta la linea, un disco Thrash che ti gonfia le palle più di questo non è facile da trovare in giro. Voto 42 |
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eh sì, Rik bay area thrash, a me poi piace un sacco leggere le vostre opinioni. é un arricchimento costante. Penso che Grin la pensi allo stesso modo. |
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Posso dire una cosa? Mi piace il fatto che Maxmad e Grin, intervengano con le loro argomentazioni in risposta ai post degli utenti. Questo evita un sacco di incomprensioni, si impara a conoscere i recensori (cioè il loro gusto musicale) e si ha modo di conoscere tanti altri aspetti delle band o degli album, che io personalmente non conosco. Penso sia valore aggiunto anche per la web zine metallized 👏💪😉 |
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Sai, Metal Shock, Dicker è la voce storica dei Warpath. Li ha fondati lui. |
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Ascoltato oggi: laddove dal punto di vista strumentale il disco è godibile la voce per me rovina tutto; proprio non mi va giù, per me un'altra cantante avrebbe reso molto di più. |
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Ciao Silvia. Goditi i Warpath e fammi sapere cosa ne pensi |
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Benvenuto maxmad 🙂. Non ho sentito questo album, lo farò, il voto promette bene |
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grazie, Rik bay area thrash. we will never die ! 🤟🏻 |
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Welcome Maxmad!!! Grande review 👏👏insieme a Grin (il tuo collega) farete felici tutti gli appassionati di thrash. |
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Baricco l’ho cestinato, una volta concluso. I Kreator no, quelli continuano a girare per casa grazie Heavy Metal Grin |
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Grazie Max e in bocca al lupo, anche al papà Luigi di pronta guarigione. Andrò ad ascoltare l'album che hai recensito! Nel frattempo, se posso permettermi di scherzare, butta Baricco nel cestino e alza il volume dei Kreator |
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Ragazzi, dopo aver fatto sentire il vostro calore al nostro Grin, date il benvenuto anche a Maxmad |
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INFORMAZIONI |
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Tracklist
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1. The World Beyond (Intro)
2. Unbroken Soul
3. Back To Zero
4. Filthy Bastard Culture
5. Believe In Me
6. Into The Dark
7. Killing Fields
8. Below The Surface
9. F.U.
10. Violent Starr
11. Slow Motion Violence
12. St. Nihil
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Line Up
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Dirk “Dicker” Weiss (Voce) Flint Razorhead (Chitarra) Sören Meyer (Basso) Norman Rieck (Batteria)
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