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Dynazty - Firesign
14/01/2019
( 2028 letture )
Iniziamo questo nuovo anno in maniera soft, cercando di recuperare un lavoro ben più che onesto uscito alcuni mesi fa e meritevole di attenzioni non tanto per l’originalità della proposta o per altri astrusi motivi, ma per il semplice fatto di esprimere un genuino e ben eseguito power metal, genere che sappiamo piacere non poco ai lettori di Metallized. Oggi parliamo dei Dynazty e del loro ultimo LP intitolato Firesign, edito per l’importante AFM Records e mixato, tra gli altri, da un certo Peter Tätgren, un signore che sa il fatto suo a proposito di produzioni di un certo genere di musica. La band in questione proviene da Stoccolma ed è giunta al sesto album mantenendo intatto il proprio nucleo originario, formato dal chitarrista Rob Love Magnusson, il batterista George Egg e il vocalist Nils Molin, una triade perfettamente affiatata sia in fase d’esecuzione che in quella di scrittura, come si evince dai vari capitoli della loro discografia. La più lampante differenza in Firesign rispetto al precedente Titanic Mass è udibile sin dal confronto tra le due tracce d’apertura: laddove The Human Paradox si sviluppava attorno ad un sound a tratti pesante ed un ritmo frenetico, senza comunque rinunciare al tratto melodico, il singolo Breathe with Me presenta una composizione diversa e improntata più sull’atmosfera lasciando poco spazio all’aggressività; come direbbe Adani, qua manca l’artiglio che graffia. Trattasi di una scelta sicuramente voluta, studiata e che ricorre in praticamente tutto il disco, decisione che i Dynazty in questo momento avranno già compreso se sia stata vincente o meno.

Lo stile musicale dei Dynazty si colloca all’interno dei soliti parametri power, nulla di nuovo: voce più che squillante, melodie sempre in primo piano, sezione ritmica incalzante e testi fantasy. Certo, la ricetta è in formato standard, ma, così come ogni gruppo sa di doverci mettere un pizzico di anima per ottenere un risultato accettabile, anche il nostro combo svedese dà prova di saper superare l’ostacolo dell’asetticità, riuscendo a più riprese a convincere. I primi due pezzi sono anche i due singoli rilasciati e, di conseguenza, i due episodi con maggiore appeal commerciale: sono altresì le canzoni meno interessanti di Firesign, nonostante non si possano definire “brutte”, ma semplicemente meno belle rispetto ai restanti, con The Grey che presenta linee vocali alquanto scolastiche e capaci di diminuire la percezione del talento di Molin, talento che al contrario dovrebbe essere sotto gli occhi (o le orecchie) di tutti. Con In the Arms of a Devil iniziamo a ragionare grazie ad una scelta di riffing azzeccata e un ritornello tipico di un anthem; in tutto il platter sono molto presenti le tastiere suonate da entrambi i chitarristi, segno evidente verso quell’ammorbidimento di sound già accennato in precedenza, che se si assestasse sempre su questi livelli non costituirebbe sicuramente un problema. My Darkest Hour mantiene elevata la qualità aggiungendo tratti di pomposità e di picchi sinfonici non indifferenti, i quali continuano nella seguente “piratesca” Ascension, impreziosita da un assolo stupendo e da una parte centrale in cui è pressoché impossibile non lasciarsi trasportare dal ritmo impetuoso della canzone. La titletrack comincia come meglio non potrebbe farlo un pezzo dei Rammstein e prosegue sulla falsariga di quanto già ascoltato senza alcun calo, anzi se possibile qua si va addirittura a migliorare; stiamo parlando di un album che ai primi due ascolti ci aveva detto veramente poco e per il quale eravamo già pronti a trovare spazio nel segmento medio-basso delle nuove uscite, fortunatamente il tempo dona non solo consiglio ma anche nuovi punti di vista e nuove sfaccettature, nuovi particolari che ti fanno rivalutare gli assunti precedenti; Firesign cresce esponenzialmente con gli ascolti, provare per credere, così come al contrario le capacità dei singoli sono riscontrabili praticamente da subito. La bellezza del disco non è in discussione, anche se c’è spazio per altri due episodi sottotono, trattasi di Closing Doors e Let Me Dream Forever, i quali vengono facilmente dimenticati al cospetto della magistrale traccia di chiusura: la ruspante The Light Inside the Tunnel e le sue aperture simil orchestrali, per l’occasione suonate dal bassista Jonathan Olsson, unite alle digressioni soliste sono il perfetto riassunto di ciò che ci hanno regalato i Dynazty, l’heavy metal al servizio della classe e della passione più convincente, quella che dovrebbe animare qualsiasi musicista che non ha interesse ad essere mero operaio della musica.

I pregi superano di gran lunga i difetti in Firesign; anzi, l’unico vero difetto (che può anche non essere considerato tale da parte di incalliti ascoltatori) da tenere in considerazione è la difficoltà nel distinguere i brani tra loro durante i primi ascolti. Per il resto la nuova uscita dei Dynazty fila liscia per i suoi cinquanta minuti scarsi, consegnandoci l’ennesimo buon lavoro di un act che da ormai dodici anni porta on the road un progetto coerente e affascinante, magari povero di risultati economici, ma sicuramente ricco di soddisfazioni personali.



VOTO RECENSORE
75
VOTO LETTORI
89.55 su 9 voti [ VOTA]
9Fede9
Domenica 5 Luglio 2020, 13.10.41
7
E non avete sentito il successivo!!!
Altered
Giovedì 19 Marzo 2020, 16.17.24
6
Pompatissimi su Spotify, ci sono arrivato tramite l'app. Convincenti è dir poco! Secondo me un lavoro validissimo, è un power che non annoia, veloce, melodico senza risultare smielato e belli alcuni intrecci sinfonici chitarra/tastiera. Aspetto il loro nuovo prossimo disco, i singoli che ho recuperato sempre da Spotify suggeriscono che la forma non cambierà. 80/100
Enrico Bustaffa
Giovedì 19 Dicembre 2019, 8.53.14
5
grande album e grande scoperta per me che non li conoscevo. Incrocio abbastanza originale tra power metal sullo stile startovarius e gli europe (comunque hard rock super melodico anni 80). Sono rimasto veramente sorpreso
Andy
Domenica 30 Giugno 2019, 14.10.43
4
....a mio parere questo album e' superiore di molto ai classici stilemi power metal...e' molto piu' vario...ascoltatelo bene!!!....prima di tutto ha un impostazione molto piu' hard rock che power con linee melodiche marcate, ritornelli davvero riusciti e modernizzazione del sound davvero al passo con i tempi !!...Nella recensione si citano pezzi belli ma altri criticati come let me dream forever o closing doors sono addirittura migliori....comunque...a parte l'undicesima traccia per me poco riuscita l'album sciorina 10 canzoni davvero sugli scudi!....un grande plauso alla band che con questo album trova il bilanciamento perfetto tra potenza e melodia!!!...avanti cosi' prodi vikinghi!!!!
Nòesis
Lunedì 21 Gennaio 2019, 12.23.14
3
Purtroppo il power metal è troppo inflazionato, CD come questi sono rari da approfondire perché la maggior parte della gente dopo il primo ascolto li perde di vista, declassandoli al "solito disco power".
Savaland
Domenica 20 Gennaio 2019, 23.34.31
2
Gran disco, ben suonato, ben prodotto, voce eccellente. Incredibile che non se lo sia filato praticamente nessuno
Poison Ivy
Martedì 15 Gennaio 2019, 18.12.47
1
Un disco non trascendentale ma che si fa ben ascoltare; ottimo il cantante, e buonissima prova generale del gruppo, penso che il voto sia giusto.
INFORMAZIONI
2018
AFM Records
Power
Tracklist
1. Breathe with Me
2. The Grey
3. In the Arms of a Devil
4. My Darkest Hour
5. Ascension
6. Firesign
7. Closing Doors
8. Follow Me
9. Let Me Dream Forever
10. Starfall
11. The Light Inside the Tunnel
Line Up
Nils Molin (Voce)
Rob Love Magnusson (Chitarra, Tastiere)
Mike Laver (Chitarra, Tastiere)
Jonathan Olsson (Basso, Tastiere nella traccia 11)
George Egg (Batteria)
 
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