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ÖfÖ AM - Tales from Outerspace: An Octaman’s Odyssey
20/01/2019
( 921 letture )
Premettendo che tutta l’abbondanza di “ö” presente qua e là non è un refuso o un errore in fase di editing/inserimento, passiamo subito alle presentazioni di rito. ÖfÖ AM, o come rendere il proprio monicker piacevolmente impronunciabile. La band nasce nel 2008 nell’Occitania, a Montpellier, come act instrumental stoner ed esordisce con un EP omonimo l’anno successivo. Nel 2010 è la volta dello split con i ben più celebri “colleghi in arte” Karma to Burn, pubblicato per la major austriaca Napalm Records e nel 2011, i Nostri licenziano il primo lungo, The Beast Within, per la francese Head Records. A partire dalla fatica di debutto ad oggi, gli ÖfÖ AM diventano una mera comparsa nel panorama stoner nazionale: nella loro produzione compaiono solo un altro split datato 2014 con tali Laihus (Head Records) e il nostro Tales from Outerspace: An Octaman’s Odyssey, oggetto d’analisi. Benché la copiosità discografica non sia di certo un tratto caratteristico di questo stoner trio, si evince già da un primo giro di ascolti come, alle volte, lasciar decantare le idee per un qualcosa di riconoscibile, non sia poi un’idea così malvagia: mai avremmo pensato, e mai ci avrei scommesso personalmente un singolo gettone, che dallo spettro acustico dello stoner ne potesse mai scaturire un’autentica soundtrack di una quarantina di minuti.

Strumentalmente i Nostri dimostrano fin da subito perizia tecnica e una valida dose di originalità ed An Octaman’s Odyssey, trattandosi di una colonna sonora vera e propria di un film immaginario inventato ad hoc dal trio francese, non può correre il rischio di presentare una sequela di brani simili tra loro o poco ispirati. Non sempre sarà così, ma andiamo per ordine. Il protagonista di questa avventura, ambientata in un futuro poco lontano, è Octaman: un ipotetico eroe dei giorni nostri. Un eroe, il cui incarico è quello di salvare la propria specie dall’estinzione. Facendolo come? Come lo fanno tutti gli altri eroi dell’universo Marvel/DC, ad esempio: combattendo, a suon di cazzotti e tentacolate, attraversando galassie e interi deserti con la sua astronave e facendo a zig-zag, in una corsa contro il tempo, per i vicoli stretti e luridi di megalopoli sovrappopolate. Trattandosi fino a prova contraria di una colonna sonora, affronteremo la descrizione complessiva dell’album evidenziando, ove possibile, la componente scenografica dell’opera, e poi si concorrerà nel canonico track-by-track. Con Bamakö (adattamento ortografico per l’occasione di Bamako, capitale del Mali), col suo epic stoner tratteggiato di passaggi hard settantiani, si viene subito catapultati nel bel mezzo di un mercato afro-asiatico: il chiacchiericcio del popolo e una sorta di pungi indiano (flauto adoperato dagli incantatori di serpenti), ben ricreano l’antefatto per quella che sembra essere un fuggi fuggi fra viuzze polverose, banchi coloratissimi e canti tribali. Una fuga che viene intensificata dalla potenza doom psych di Gergövie (adattamento ortografico di Gergovie, oggi Clermont-Ferrand): è un passaggio, però, che definiremmo “impreciso” all’interno dell’opera, nonché acusticamente un unicum. Eddy’s Funeral con i suoi numerosi cambi di tempo è il brano che chiude una doppietta senza infamia e senza lode: hard rock in salsa western arpeggiato e ritmiche serrate simil marcia si espandono in quattro minuti dai forti connotati cinematografici. Dalla quarta traccia, gli ÖfÖ AM calano una serie di brani ricchi di sfumature e trasversali: Eye öf the Öctopus, in bilico fra stoner e il rock di Satriani di Surfing with the Alien, parte subito a mille, così come deliziosa è la ritmica sostenuta del basso di Jonquet in Terror is Öctaman, confinata in un simpatico giro blues rock. Tra il quarto e sesto brano, scenograficamente ideali per comprendere gesta e poteri del nostro impavido protagonista, abbiamo la ballad fantascientifica Tears öf Cönstellation, formalmente divisa in due parti: le armonie del basso disegnano un placido panorama iperspaziale, mentre le cavalcata satriana della seconda metà sembra costringere il nostro Octaman a pigiare il tasto “acceleratore” della propria navicella spaziale. Il tempo, evidentemente, è denaro. Con la “sinfonia dei tentacoli”, giungiamo all’highlight dell’opera: Octaman sprigiona tutta la propria rabbia, le chitarre di Morières, e pure Jonquet e Labrun, parlano un linguaggio diagonale. Vi troviamo ritmiche taurine à la Kiss in apertura, una frazione di armonici naturali indovinatissima, e per finire un rifframa desert in salsa nu, altamente galvanizzante. Con la tripletta finale, l’incantesimo pare spezzarsi, seppur si noti ancora qualche momento degno di essere riportato: della sghemba Anarchö Shïvaist Regency e del suo acid doom va menzionato l’attacco thrash/stoner che anticipa il finale, mentre The Battle öf… è un ritorno ai fasti centrali del platter con un orientamento tendente all’heavy rock, ma incide poco a causa della ripetitività dei suoi riff. Analogo il difetto della successiva (The) Darkest Höur (Of My Life) : centrato il mood, fattosi sempre più oscuro verso l’epilogo del platter, ma il risultato è un mid-tempo stoner/doom mortifero, con tanto di rintocchi di campana nel mezzo, che stenta a decollare, eccetto nelle armonie di chitarra.

Di certo non si può dire che questi “Racconti dallo spazio” non colpiscano per coraggio e anche per una discreta dose di qualità. Certo è che l’odissea di Octaman, nella sua singolarità, nel suo essere un unicum nel panorama stoner dell’anno appena trascorso, si ferma ad essere un album “solamente” discreto. Decolla, scende, decolla, scende e poi si arriva alla fine, nella quale restiamo con l’amaro in bocca, niente di più, niente di meno, pur consapevoli di aver ascoltato un lotto di tracce di primissimo ordine…mescolate ad altre di ordinaria amministrazione. A conti fatti, An Octaman’s Odyssey sembra essere stato un esperimento. Un esperimento andato a buon fine e a noi che le novità piacciono, viene spontaneo formulare l’auspicio di sentire al più presto un suo seguito. E anche solo aver fatto scaturire in noi un minimo di curiosità pensando ad un possibile sequel, di questi tempi, è già un buon segno.



VOTO RECENSORE
70
VOTO LETTORI
49 su 1 voti [ VOTA]
INFORMAZIONI
2018
Lost Pilgrim Records
Stoner
Tracklist
1. Bamakö
2. Gergövie
3. Eddy’s Funeral
4. Eye öf the Öctopus
5. Tears öf Cönstellation
6. Terror is Öctaman
7. Symphony öf Tentacles
8. Anarchö Shïvaist Regency
9. The Battle Öf…
10. (The) Darkest Höur (Of My Life)
Line Up
Antoine Morières (Chitarra)
Gerard Jonquet (Basso)
Nicolas Lebrun (Batteria)
 
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