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20/04/24
THE OSSUARY
CENTRO STORICO, VIA VITTORIO VENETO - LEVERANO (LE)
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Soilwork - Stabbing the Drama
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02/02/2019
( 2100 letture )
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Inizialmente avevo pensato di fare una doppia recensione: la prima, dove avrei promosso l’album dettagliandone i motivi. La seconda, in cui l’avrei bocciato, perché Stabbing The Drama è un album che divide esattamente a metà. Poi mi sono detta che sarebbe stata una soluzione troppo semplicistica e il non prendere una posizione sarebbe stato altrettanto approssimativo. Ok, proviamoci.
Stabbing The Drama è di piacevole ascolto. Si propone come un album di matrice melodic death ma in realtà di death ci si trova davvero poco: alcuni passaggi molto snelli sono quasi pop-oriented, il melodic death lascia spazio a melodie moderne e groove accattivanti. L’album è diretto, semplice: la musicalità è indulgente e appropriata a quanto eseguito. Allontanandosi dalla direzione death, i Soilwork ci offrono un lavoro accessibile e orecchiabile: mai audace, mai autocompiaciuto ma astutamente comodo. Sì, perché Stabbing The Drama sembra volersi adagiare a più ascoltatori possibili, senza prendere effettivamente il controllo dei propri intenti: è un lavoro dal vestito radiofonico, il sound è di ampia versatilità, strategia efficace a fare da gancio a un più vasto pubblico, ma questa trovata è tutta a sfavore di quello che sarebbe potuto essere un rilascio originale e creativo: purtroppo il risultato finale lascia il sapore di un qualcosa che non ha preso definizione (sebbene in termini di resa questo non sia un limite); un innesto senza mordente tra melodia e ferocia, ritmi brillanti serrati sui mid-tempos, che però sembrano sempre ristagnare in una pozza circoscritta senza mai sperimentare altro: non c’è un’elaborazione esecutiva, l’impegno creativo è ridotto ai minimi termini, tutto punta sull’appeal mainstream, il che porta inevitabilmente ad un effetto impersonale. Se ad un primo superficiale ascolto i brani ci sembrano dritti e comunicativi, ben presto ci si rende conto della similarità tra l’uno e l’altro: privi di spicchi caratteriali, le liriche sono costruite su un midollo vuoto, retto soltanto da un groove incisivo e delle ritmate allettanti. È innegabile che le piste siano godibili, vuoi anche per la loro immediatezza, ma è pur vero che la ripetitività della scrittura delle stesse sia un aspetto davvero dominante. Giocando su strutture mai sofistiche né variegate, le chitarre suonano ruvide e vigorose; il loro sviluppo mantiene lo stesso stile su ogni brano, i passaggi melodici descritti in ondate di riff persuasivi transitano attraverso fraseggi più muscolari e corrosivi. I lick mancano di identità espressiva seppur composti in modo molto stimolante e orecchiabile. Nessun assolo memorabile, buona la prestazione che risulta moderna e compatta. Il basso non è elemento di particolare interesse: il suono è spesso ma rimane anonimo. Le pelli riescono a vivacizzare l’intero lavoro: sono strette e agili, supportano in modo minimalista e onesto i riff. La sezione vocale fa da padrona a Stabbing The Drama: una prova al microfono dalla grande carica; cleaning, growling e soft-loud si alternano nei brani restituendo un risultato di forte carisma, le voci sono duttili e ben esibite. La produzione è leggermente sfocata, non rende giustizia alle stanze melodiche che sarebbero dovute essere un po’ più dense e definite.
Stabbing The Drama è un album che soffre la spietata concorrenza a cui stiamo assistendo in questa decade e che si è visto costretto a sgomitare puntando su orecchiabilità e immediatezza. Il risultato è bidimensionale e leggero. Si fa ascoltare, sì, si fa ben ascoltare, ma non si fa ricordare.
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Riascoltato oggi e come anche all’epoca della sua pubblicazione non mi è dispiaciuto. Lo preferisco, anche se non di molto, ai due precedenti, che non mi hanno mai preso più di tanto. I successivi sono migliori (e ovviamente anche i primi 3), questo comunque, anche se un po’ altalenante, si lascia ascoltare senza problemi. La title-track, One With the Flies e Nerve mi sembrano ottimi pezzi. Voto 75 |
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Andando abbastanza controcorrente, per me, questo album entra di diritto nella SS. trinità degli album dei soilwork insieme a the living infinite e the chainsaw machine |
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Bellissimo, uno dei top album della loro discografia. |
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Buona band ma sostanzialmente troppo in linea copioni deii sepultura....i loro album sono sostanzialmente piacevoli ma hanno poca personalita’ |
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Bell'album anche se non eccezionale, una discografia con molti alti e pochi bassi ed anche l'ultimo è un bell'alto per un gruppo che suona come i....Soilwork …..il Death degli esordi lo hanno lasciato da tempo ma evolvendosi e cambiando un po' ma senza mai stravolgere le basi del loro sound. Voglio dire che ha ancora senso che si chiamino Soilwork, non come In Flames e Opeth che non capisco come facciano ancora ad avere il coraggo di mantenere il loro vecchio nome….va bè scusate ma ogni tanto salta fuori l'odio per 2 delle bands che in passato erano tra le mie preferite |
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@poison ivy: l'ultimo dei Soilwork mi sembra un disco pop (e uso questo termine in senso assolutamente neutrale e non denigratorio) con il metal "appiccicato" sopra, quasi che si siano ricordati all'ultimo di essere un gruppo metal e abbiano aggiunto di conseguenza le chitarre distorte e il growl. |
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@Luca: la frase "successivi sono accozaglie di immondizia ruffiana che hanno poco a che vedere col metal" è degna di un bambino di dieci anni. Possibile che per certi metallari un gruppo debba sempre solo fare dischi Death metal col growl e poi quando ci mettono un po' di melodia e voci pulite è solo pop commerciale?? Ma quante stroncare. Provate ad ascoltare e capire la musica invece di fossilizzarvi su un genere e magari capirete come il loro ultimo disco sia fenomenale e coraggioso (che poi quando mai hanno avuto successo i Soilwork??) |
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10
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Luca, sì, riesco a concordare in parte: la strategia di voler essere il più radiofonici possibili per poter avere più pubblico è più chiara che ovvia, e tu giustamente la definisci con ''ruffianata''. Il punto è: quanto quest'intenzionalità influisce in modo così massiccio il giudizio finale dell'album? Voglio dire: se tu scorpori STD da tutto il suo bagaglio storico, da quello che sono stati i Soilwork e dalla giustificata delusione che può averti portato il confronto con il passato, quanto daresti all'album? Prova a staccarti da tutto, danne un giudizio chirurgico e asettico. |
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@Irastrana, tremendo perchè per me i soilwork avevano senso di esistere quando erano at the gates dipendenti : Steelbath Suicide e The Chainheart Machine erano due dischi meravigliosi, già in A Predator's Portrait c'erano avvisaglie di cambiamento. I successivi sono accozaglie di immondizia ruffiana che hanno poco a che vedere col metal. |
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@DraKe @Ad Astra @Poison Ivy, grazie ragazzi |
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I migliori sono i primissimi ma è questione di gusti....steelbath suicide e chainheart machine in particolare. Per me da figure in poi hanno esagerato con le linee orecchiabili e mi sono un po' scesi, ma il livello di songwriting è sempre altissimo!! |
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@Hard n' heavy, concordo quasi su tutto con Poison. Chianheart per comprendere i primi periodi, a predator portrait per capire l'evoluzione, panic broadcast perchè c'è Wichers alla chitarra, living infinte perchè è un capolavoro e l'ultimo perchè è il passo successivo verso un nuovo orizzonte. |
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5
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@Hard N' Heavy: sicuramente i primi per il lato più aggressivo, Steelbath suicide, The chainheart machina e A predator's portrait, poi Natural born chaos, e gli ultimi tre, The living infinite, The ride majestic e l'ultimo Verkligheten molto diverso ma un capolavoro del metal di oggi. |
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quali sono i capolavori dei soilwork da possedere? grazie in anticipo, vi prego consigliatemi bene. |
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Ciao Luca, mi diresti perché è così tremendo per te? Lo confronti con i lavori precedenti? |
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Con FNF il disco più debole del gruppo scandinavo, che ha sempre prodotto grandi lavori. Certo Strid è sempre un fenomeno.
(Ah ci sarebbe anche quello nuovo.....capolavoro..) |
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INFORMAZIONI |
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Tracklist
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1. Stabbing the Drama 2. One With the Flies 3. Weapon of Vanity 4. The Crestfallen 5. Nerve 6. Stalemate 7. Distance 8. Observation Slave 9. Fate in Motion 10. Blind Eye Halo 11. If Possible
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Line Up
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Björn "Speed" Strid (Voce) Peter Wichers (Chitarra) Ola Frenning (Chitarra) Sven Karlsson (Tastiere) Ola Flink (Basso) Dirk Verbeuren (Batteria)
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