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Evol - Dreamquest
01/06/2019
( 2482 letture )
La pubblicazione di The Saga of the Horned King, esordio dei padovani Evol, è stata figlia di un background culturale e musicale che ha contribuito ad aprire le porte alla delineazione dei primi tratti distintivi del così definito medieval black metal. Era il 1995, e la forma espressiva più nera del metallo estremo si trovava in una fase di pieno rinnovamento, con esempi piuttosto limpidi di un approccio compositivo ora liberamente aperto a contaminazioni esterne. Il secondo platter del combo veneto, intitolato Dreamquest, vede la luce l'anno immediatamente successivo e presenta alcune interessanti caratteristiche. Analogamente al suo predecessore, esso si configura come il rifacimento e il completamento del secondo demo The Dark Dreamquest Pt. I, promo che permise ai Nostri di firmare il deal discografico con la Adipocere Records, label francese incaricata della stampa di tutte le loro produzioni sulla lunga distanza. Anche l'organizzazione della tracklist è similare, che consta di tredici tracce, delle quali ben sei sono intermezzi strumentali. Differisce, invece, il contenuto testuale. Il riferimento letterario attorno al quale è imperniata la stesura delle liriche è celato all'interno del titolo stesso. Esso è difatti tratto da uno dei più celebri romanzi di H.P. Lovecraft, The Dream Quest of the Unknown Kadath, risalente al 1927 ma pubblicato postumo nel 1943. Il concept è liberamente incentrato sull'Universo Onirico, una sorta di trasposizione adattata al mondo Evol del viaggio compiuto dal protagonista Randolph Carter nella novella originale.

Ascolta la mia voce, odila nella fredda notte, seguila nell'oscurità,
sarà la tua guida in questo viaggio. Vedrai strani mondi e creature da incubo.
Afferra la mia mano, raggiungimi nel Regno della Notte Eterna. (…)


I primi versi recitati dalla singer Suspiria nell’inquietante titletrack introduttiva danno inizio al viaggio nell’immaginario lovecraftiano, sullo sfondo di un orrorifico tappeto di tastiere dall'aura settantiana. È questo il preambolo a Sad Doom of a Dark Soul che, in un minutaggio piuttosto contenuto, mette in mostra l’eclettismo della proposta. Un breve arpeggio acustico fa il paio con linee di flauto eseguite dal chitarrista Samael Von Martin, trovando subito (dis)continuità in una stesura di black melodico intervallato da parentesi atmosferiche dedicate alla teatralità delle spoken vocals femminili; tale soluzione d’effetto è spesso ricorrente all'interno dell'album. Il primo degli intermezzi strumentali, Sona-Nyl, si dischiude in una suggestiva sezione ambient, ricreata tramite temi sinfonici dall’ispirazione epico medioevale. Coerentemente con la particolare sequenza espositiva, la successiva Flying with the Night-Gaunts si configura come un brano intenso ed intrigante dove, sul riffing cupo e tagliente, contestualmente alla costante simbiosi tra lo screaming di Lord of Sorrow e i contributi di Suspiria, si ritaglia spazio una situazione folkloristica data dall’uso di vocals “operatiche” -a cura di Roberto Scarpa Meylougan- e dal connubio di tastiere e flauto, strumento che dona una inequivocabile aurea magica al componimento. Gli Evol danno così prova di riconosciuta abilità nel processo creativo di scenari sonori evocativi dell’epoca storica di riferimento. Celephaïs, nello specifico, si apre con un ambient naturalistico che sfocia in una serie di fraseggi vivaci tra chitarre, flauti e tastiere, a rappresentare idealmente un contesto celebrativo della civiltà medioevale.
I tre musicisti si dimostrano altresì bravi, reinterpretando un guitar work elementare Burzum-iano, nel dedicarsi, in The Ancient King of Ice ad un black dal DNA old school che sa però prendere una piega atmosferica dark intrisa di elementi doom, dati dall'incedere cadenzato, e sa arricchirsi di calzanti arrangiamenti, come il bel solo di chitarra e lo stacco di basso a metà durata che articolano il brano senza farne perdere l’immediatezza della sintassi. Giunge quindi il momento di un trittico di tracce strumentali dove la band sviscera il lato più caratterizzante della propria arte. Il primo di essi, Sarkomand, dall'evocativo incipit sinfonico, si dirama in intrecci di natura folk tra le sei corde e le tastiere.
Darkmere, invece, gode di un approccio compositivo differente, essendo supportato dall’intera sezione ritmica che scandisce un tema disegnato da arpeggi e da intarsi di flauto. Il terzo intermezzo della miniserie, Ulthar, vede il proprio registro cambiare nuovamente a favore di un soffuso synth ambient che cela l'immancabile riferimento alla tradizione medioevale. Parallelamente, nella parte più specificatamente metal si misura una evidente eterogeneità di influenze. In Dark Stairs of R'lyeh il contesto offre un interessante lavoro death tecnico alle chitarre, nel quale si riconosce una certa affinità con l’operato dei nostri connazionali Mortuary Drape. Si tratta di un pezzo consistente ed eterogeneo che prevede oltre ai momenti propriamente black, break sinfonici dove i ritmi si fanno più blandi e concessioni espressive alle voci pulite maschili di matrice folk. Cathuria svolge bene il ruolo assegnatogli di spartiacque tra le diverse tappe, un ritmato tema medievalesco che appare inaspettatamente tra le note di un cupo substrato synth. La consistente durata di The Black Crystal of Astar suggerisce una attinenza vagamente progressive, confermata dalla varietà del songwriting e da una organizzazione strutturale circolare. Il breve cantico gregoriano nel prologo si pone in antitesi con il seguito, che affonda le radici nella vecchia lezione impartita dal death/black. Ma non è tutto: in questa lunga stesura si avvicendano non solo le ormai consuete partiture atmosferiche, ma anche un corposo solo di organo, anch’esso suonato da Scarpa, unitamente, verso il finale, a percettibili deviazioni dark industrial e alle declamazioni di Suspiria.

(…) Ricorda, rimembra, il sogno è la chiave, il sogno è la via.


Con questo significativo monito si conclude il cammino musicale e concettuale dei Nostri. L’epilogo, …Verso la Città del Tramonto, ripropone in una sognante aurea, divagazioni industrial rumoristiche, dilungandosi, dopo diversi istanti di totale silenzio, in una spettrale hidden track, dove alcuni momenti chiave vengono riproposti secondo una formula alterata e disturbante, sunto del percorso onirico appena portato a termine.

La natura peculiare della proposta, e le linee guida su cui essa è imbastita, su Dreamquest rimangono pressoché inalterate rispetto agli esordi, e difficilmente avrebbe potuto essere altrimenti, considerata la natura e la genesi che accomuna i primi due platter degli Evol. Tuttavia, l'attenta analisi della seconda release, rivela una maggiore completezza del lavoro svolto dai Nostri, aspetto in prima istanza tangibile da una durata totale abbondantemente superiore al debut. Non solo: nonostante il breve lasso di tempo a disposizione, l'aspetto prettamente musicale è qui trattato con matura consapevolezza, che ha portato tramite un approccio talvolta sperimentale, alla creazione di brani articolati arricchiti di un discriminante e dettagliato linguaggio sinfonico, e, non in ultimo, ad una maggiore attenzione al lato concettuale, qui approfondito con riferimenti di alta scuola letteraria. Dreamquest è dunque la conferma di una netta evoluzione espressiva, e fondamentale tassello per la comprensione di un'idea artistica originale ed evocativa che troverà compiutezza qualche anno dopo con il terzo ed ultimo Portraits.



VOTO RECENSORE
78
VOTO LETTORI
97.53 su 13 voti [ VOTA]
Area
Venerdì 7 Giugno 2019, 13.50.53
2
A me gli Evol dei primi due dischi mi annoiavano, decisamente meglio Portraits dove divennero una band un po più "canonica". Qui c'ercavano di essere i Goblin in versione Black, anche se il sound non era proprio Black nel senso stretto.... di sicuro in Italia erano particolari, anche grazie a una voce femminile pulita che contrastava quella maschile in screaming.
Nihil
Domenica 2 Giugno 2019, 1.26.35
1
Grazie della bella recensione! Mi pare che il gruppo ottenne il contratto con la Adipocere già dopo il primo demo.
INFORMAZIONI
1996
Adipocere Records
Black
Tracklist
1. Dreamquest
2. Sad Doom of a Dark Soul
3. Sona-Nyl
4. Flying with the Night-Gaunts
5. Celephaïs
6. The Ancient King of Ice
7. Sarkomand
8. Darkmere
9. Ulthar
10. Dark Stairs of R'lyeh
11. Cathuria
12. The Black Crystal of Astar
13. …Verso la Città del Tramonto
Line Up
Prince of Agony (Voce, Tastiera)
Suspiria (Voce)
Samael Von Martin (Chitarre, Flauto)

Musicisti Ospiti:
Roberto Scarpa Meylougan (Voce, Organo)
Marco Vettore (Basso)
Tomas Contarato (Batteria)
 
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