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20/04/24
THE OSSUARY
CENTRO STORICO, VIA VITTORIO VENETO - LEVERANO (LE)
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15/06/2019
( 2632 letture )
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Heavy metal e musica classica è un connubio all’apparenza distante, ma chi si è addentrato almeno un poco nell’universo metal sa benissimo che non è così. Negli anni Novanta molte band provarono a sperimentare con la musica classica e, nel 1996, fu anche il turno dei Rage. Storica compagine heavy power metal tedesca che non ha bisogno di molte presentazioni, i Nostri risuonano in Lingua Mortis alcuni dei loro classici in collaborazione con l’orchestra filarmonica di Praga. Questa prima comunione tra la band e la componente sinfonica fu sicuramente riuscita: i brani giovarono dei loro riarrangiamenti, rinvigoriti da una nuova e inedita linfa vitale. Il successivo album dei Rage, End of All Days, in uscita sempre nello stesso anno, ritornava su un più classico power consono allo stile della band, e, di fatto, il successore di Lingua Mortis sarà il lavoro ancora successivo. Siamo quindi nel 1998 quando esce XIII, un altro album della formazione tedesca che si avvale della collaborazione con l’orchestra, ma il primo a contenere tracce inedite.
Quasi un’ora di musica, suddivisa (in un certo senso, poi scopriremo quale) in tredici tracce, in cui la band guidata da Peavy Wagner, che già all’epoca era da considerarsi “storica”, quindi figuriamoci adesso, mette sul piatto tutta la propria perizia ed esperienza per mettere in scena un album in cui le due componenti musicali si fondono in una relazione tanto simbiotica da apparire come totalmente naturale. Sicuramente non siamo davanti all’album più pesante della band, ma il sound mantiene le caratteristiche consuete dei Rage, ovvero il sound roccioso, i riff possenti, la voce calda di Peavy e il grande spazio riservato alla melodia, sempre molto limpida -e qui anche particolarmente oscura e malinconica- ma mai stucchevole e zuccherosa come spessissimo accade nel power europeo. In più, si aggiungono le sinfonie dell’orchestra filarmonica di Praga composte da Christian Wolff, capaci di fondersi benissimo con la componente più metal, donandogli una maggior profondità e un carattere da vera e propria rock opera. Il bello è che le tracce non risultano mai semplicemente “pompate” dalla musica classica, non è quella che potrebbe sembrare una cafonissima fusione tra i generi: in XIII (così come in Lingua Mortis), i due elementi sono uno a disposizione dell’altro per esaltarsi a vicenda, ampliando il ventaglio delle emozioni trasmissibili. A ciò si aggiungono le adeguate preparazioni tecniche dei membri della band, una produzione di livello e un buon songwriting, tutti elementi che contribuiscono a rendere l’album almeno memorabile.
Andando a vedere nello specifico qualche traccia, dopo un’introduzione ideale come Overture, tanto classica quanto teatrale, i Rage ammaliano subito con uno degli zenit dell’album, From the Cradle to the Grave, che entra in scena con tutta la sua pesante cupezza per poi sbocciare nelle pulite vocals di Wagner, splendidamente accompagnate dagli archi e scandite elegantemente da numerose rime che danno al brano una veste sì retorica ma anche assolutamente rockettara. Segue Days of December, il brano che più di tutti ha il carattere da hit grazie alla linearità e alla melodia principale che rapisce, con il chorus trascinante che si fa cantare e che sa rimanere in testa anche dopo mezzo ascolto. Le successive tre tracce meritano un’altra menzione, perché costituiscono una suite composta da tre atti dal titolo di Changes, ognuna con un carattere diverso: più serrata la prima Sign of Heaven, la seconda Incomplete è la ballatona di maniera e Turn the Page è più ariosa ed è forse qui che si trovano i fraseggi di maggior valore. Nel seguire, la tracklist accusa anche qualche brano leggermente sottotono ma comunque decoroso come la più possente Heartblood o la non proprio indispensabile cover di Paint It Black dei Rolling Stones, ma altri momenti pensano a risollevare le sorti dell’album come la epica ed evocativa Immortal Sin, dove la componente sinfonica trova particolare solennità, se non per qualche frangente dove le chitarre soliste decidono di prendere le redini del brano, o la più ricercata, elaborata e suggestiva Just Alone, dove compare addirittura il Didgeridoo. Infine, si chiude con l’ultima e tredicesima traccia, Silence, che consiste semplicemente in cinque secondi di silenzio, l’ultima ora, evidenziata nel punto più alto del disco orario rappresentato sulla (di non bellissimo gusto, possiamo dire) cover.
Sicuramente XIII non è da ritenersi il meglio della produzione dei Rage, ma di certo occupa un posto particolare e di buon rilievo nella loro ampia discografia. Le belle canzoni ci sono, nella seconda metà di scaletta si incontra qualche calo, a livello qualitativo si rimane comunque su valori, nel peggiore dei casi, più che dignitosi, anche se rimane sempre un leggero amaro in bocca quando una band spara subito all’inizio le sue cartucce migliori. L’incontro tra metal e classica è comunque riuscito con grandissima efficacia, ed è qui il valore principale di XIII, must assoluto per gli amanti del symphonic metal, album decisamente consigliato per (ovviamente) gli amanti dei Rage e del power europeo più duro e meno happy, anche se non hanno la classica particolarmente nelle proprie corde!
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Grandissimo album. Sempre amato. Era l'epoca d'oro dei Rage: Lingua Mortis, End of all days e XIII tre pilastri della loro discografia! |
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disco spaziale. uno dei miei album metal preferiti |
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@marmar: Quella era l'edizione digipack satinata con le "scritte" in rilievo..ce l'ho anch'io così! Un po' troppo delicata, però. |
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19
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Bello, molto bello, quando è uscito ( con la copertina nera e verde) mi ha molto preso per la sua particolarità, il giusto mix di heavy e classica e soprattutto per le grandi canzoni che contiene. Casualmente me lo sono rimesso in macchina una decina di giorni fa (erano anni che non lo riascoltavo) e durante un viaggio con la mia dolce metà abbiamo ricordato con piacere un loro bel concerto in quel di Bologna, con tanto di 5 archi a corredo della band; a molti fans dell' epoca non piaceva questa svolta, a me garbava assai. Poi fatalità compare questa recensione; il mio giudizio non è cambiato nel tempo, rimane un grande album. |
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Sì tino è quello che stavo pensando prima di inviare il post perché è difficile fare classifiche, x questo ho parlato solo di gusti. Bellissimo Reflections of a Shadow, esempio, ma anche gli altri. Black in Mind... poi lo ribadisco, non solo le musiche ma anche i testi. Poi in Peavy ho sempre amato il cuore che ci mette, non gliene importa niente delle mode o dei trend, scrive ciò che sente |
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17
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Mah per me fino a questo disco sono tutti capolavori, trapped per me il top ma anche missing link, Perfect Man, secrets,nreflections of a shadow...insomma non riesco a fare classifiche |
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Io invece non ho mai smesso di ascoltarlo perché x i miei gusti costituisce l'apice della band assieme a Trapped! Comunque proprio perché unisce elementi orchestrali mantenendo un carattere heavy secondo me è anche difficilmente etichettabile e quindi lo trovo molto originale |
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riascoltandolo ora dopo almeno 15 anni mi fa ritornare all'idea che avevo all'epoca, cioè in efftti un grand disco con canzoni grandiose. Non è un comunque un album sinfonico, più che altro mi sembra un lavoro alla savatage tipo in brani tipo incomplete che sembrano essere presi da streets at rock opera. |
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14
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Ragazzi sono pronto a insulti vari a beccarmi commenti tipo non capisci un c......non sai valutare obbiettivamente ecc.....per me album a dir poco fantastico la ballad incomplete una delle piu' belle mai composte ,turn the page,days of december un giro pazzesco voto ooooooooooooole' 92 😁😁😁 |
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Il mio preferito dei Rage (poi Ghost). |
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Uno dei dischi che mi ha cresciuto, non sarà certo perfetto (da quel punto di vista preferisco anche io Welcome To The Other Side), ma non riesco proprio a dargli meno di 80. |
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11
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Visto l'entusiasmo generale probabilmente sarò io ad essere un po' strano, ma dopo l'uscita del precedente chitarrista mi ha gasato molto Black in Mind, poi una serie di album discreti o poco più. La rinascita con Welcome to the Other Side. Just my opinion |
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10
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Uno dei top album dei Rage. La componente orchestrale qui non è mai sopra le righe, cosa che ogni tanto tende a succedere nelle produzioni “sinfoniche”, rischiando di rendere il prodotto un po’ stucchevole (non sempre ovviamente). Qui la sostanza principale rimane... il metallo, certo più ragionato e meno irruento che nelle produzioni precedenti. Brani come From The Cradle to the Grave, In Vain, Immortal Sin rendono quest’album irrinunciabile. Voto 90 |
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9
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Capolavoro che ascolto sin dalla sua uscita, il top dei Rage. |
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Inoltre mi piace molto la cover di Paint in Black |
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7
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Album strepitoso e unico, cupo ma brioso, sono contenta che lo abbiate recensito 😀. X me i primi 4 pezzi e In Vain sono fra i più significativi del gruppo. Inoltre è un album che ha un valore sentimentale inestimabile x me perché in certi momenti un po' così l'ho sentito molto vicino, con quel modo speciale di Peavy di arrivare all'anima con i suoi brani. Insomma x me un capolavoro senza tempo x uno dei miei artisti preferiti. Solo una piccola cosa, senza polemica, io penso che questo album sia molto distante dal metal sinfonico. Nostante ci sia l'orchestra infatti trovo che le atmosfere siano molto diverse. |
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6
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Bellissimo. Originale. Vario. All'epoca erano tra i migliori in assoluto.85 |
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5
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Lo adoravo all'epoca, ci sono pezzi da novanta come incomplete o days of december, li ho pure visti in quella tournée, però erano per me già in fase calante. Nonostante sia un appassionato del trio Chris Manni Wagner questo è comunque un album da 75, la fase smolsky per me è irrilevante |
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4
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Per me è uno dei loro capolavori. Questa è la fase che preferisco, e vorrei ribadire, come la loro fase orchestrale sia nata ben prima dell arrivo di smolsky. Per me voto 90 pieno. |
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3
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La faccina nel commento uscita grazie al T9.... |
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2
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Il primo vero album dei Rage con l’orchestra. Un connubio ben riuscito che però secondo me darà il meglio nel successivo “Ghosts”capolavoro secondo me) e in alcuni album dell’era Smolski (“Speak of the dead” su tutti). Premetto che sono una delle mie band preferite ma questo disco non mi è mai piaciuto troppo, a parte la strepitosa “From the cradle to the grave” e la cover di “Paiint it black”. Consiglio senz’altro l’ascolto del succitato “Ghosts” |
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1
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Se ne parlava l'altro dì nel forum. Dovrei riascoltarlo bene..perché, l'ultima volta mi ha sfiancato un pochino! |
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INFORMAZIONI |
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Tracklist
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1. Overture 2. From the Cradle to the Grave 3. Days of December 4. Changes: Sign of Heaven 5. Changes: Incomplete 6. Changes: Turn the Page 7. Heartblood 8. Over and Over 9. In Vain (I Won’t Go Down) 10. Immortal Sin 11. Paint It Black 12. Just Alone 13. Silence
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Line Up
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Peter "Peavy" Wagner (Voce, Basso) Sven Fischer (Chitarra) Spiros Efthimiadis (Chitarra) Chris Efthimiadis (Batteria)
Musicisti ospiti: Christian Wolff (Tastiera) Lutz Thomas (Didgeridoo in traccia 12)
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RECENSIONI |
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