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25/04/24
MARDUK + ORIGIN + DOODSWENS
AUDIODROME, STR. MONGINA 9 - MONCALIERI (TO)
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Grave Digger - Heart of Darkness
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15/06/2019
( 2672 letture )
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Lo stereotipo è un classico, il cliché ormai assodato e ben presente nell’immaginario, soprattutto quello cinematografico: il ritorno dell’eroe, dopo aver passato travagliate disavventure, non può che coincidere con una “vittoria”, consista essa in un miglioramento della propria condizione, in una vera vittoria in competizione contro qualcuno o qualcosa oppure in un traguardo raggiunto. Al contrario esistono ambiti in cui i cosiddetti “ritorni” generalmente non portano quanto sperato, come lo sport e la musica; ci piacerebbe farvi l’elenco di allenatori/giocatori tornati alla casa madre fallendo miseramente, ma temiamo di andare off topic quindi passiamo subito al secondo esempio, a noi più congeniale. Partendo dai Guns ‘n Roses, passando per i Black Sabbath e potendo includere tranquillamente i nostrani Litfiba, sono tanti gli esempi di gruppi che delusero le prolungate attese dei propri fan per mancanza di quella magia originale, accantonata e impossibile il più delle volte da reinserire come se nulla fosse accaduto. Fortunatamente, non trattando di scienza esatta, esistono le eccezioni, in questo caso estremamente piacevoli da raccontare ma soprattutto da ascoltare. Parliamo dei Grave Digger e del loro comeback trionfante del 1993, sulla quale scia i Nostri sono ancora in attività con ben diciotto uscite ufficiali delle cui quattordici seguenti a quel The Reaper che lasciò a bocca aperta molti increduli che non avrebbero scommesso più una lira su di loro. Il complesso di Chris Boltendahl ha poi mantenuto un’elevata qualità compositiva (per alcuni addirittura superiore a quella pre-split) anche per i seguenti lavori e quest’oggi ci occupiamo di Heart of Darkness, una vera gemma da riscoprire e godersi appieno.
Inutile rispiegare le cose che già si sanno: voi tutti sapete che cosa suonano, suonavano e suoneranno sempre i Grave Digger; la questione riguarda il come lo suonano e, all’interno di Heart of Darkness, questo “come” assume contorni quasi estatici derivati da abilità compositive decisamente sopra la media. I quattro (che in seguito diverranno cinque con l’ingresso di una seconda chitarra), anno 1995, estraggono dal cosiddetto cilindro uno dei migliori lavori presenti in discografia, confermando lo stato di grazia che li pervade già da qualche tempo ed introduce una novità nel loro modus operandi, ovverosia uno pseudo concept album: sono riprese alcune tematiche letterarie, da Shakespeare a Joseph Conrad (il titolo del platter è esemplificativo), in realtà non collegate direttamente tra loro ma che in un certo aspetto riflettono un comune terreno culturale. La formazione all’opera è una tra quelle, se non la, più affiatate e meglio “settata” per il lavoro che andrà a svolgere: oltre al capitano Chris troviamo l’attuale Accept ed ex Rebellion Uwe Lulis alla chitarra e alle sovraincisioni addizionali, il bassista Tomi Göttlich, anch’egli proveniente dai Rebellion e qui anche in veste di produttore, e infine Frank Ullrich alla batteria e alla sua unica apparizione nei Grave Digger. Vietato parlare dei tedeschi relazionandoli ad altri nomi, del tipo “hanno suoni che si rifanno a tizio piuttosto che a caio”. No. Loro sono la storia del power, sono gli altri ad aver arraffato i riff di Shadowmaker o della titletrack o di altre songs estrapolate dai vari loro lavori. Sostenute da una produzione di livello, le nove tracce di Heart of Darkness non conoscono cali di stile né di valore poiché sotto i colpi della sei corde ultra-tagliente di Lulis non si può che contemplare il suono, così come ammaliati da una sezione ritmica precisa al secondo non si può che lasciarsi andare e “tenere” il tempo come autentici invasati. Le venature thrash presenti qua e là donano ancora più aggressività alle composizioni mentre gli attimi più atmosferici e di pausa sono relegati unicamente in Circle of Witches e Demon’s Day: nella prima, l’oscurità fa da padrona delle cosiddette “vibes”, come del resto avviene in ogni canzone, per poi tramutarsi nel solito attacco frontale a ridosso del ritornello, mentre la seconda colpisce sin da subito per la peculiarità dell’attacco, molto simile a quello della iconica Eye of the Tiger, che sfocia in un andamento non troppo sostenuto ma dall’incredibile peso sonoro. Per il resto riteniamo un track-by-track abbastanza superfluo, nel senso comunque positivo del termine, giacché non servono dettagliate descrizioni per canzoni così dirette ed efficaci come quelle proposte in Heart of Darkness; occorre solamente ascoltare, riascoltare, e farlo ancora fino a che l’ombra tanto agognata non si fisserà al vostro interno. Fidatevi, ci metterà poco.
Gioco (inutile) dei paragoni: nonostante trattiamo due opere dall’elevatissimo valore, la sensazione è che manchi qualcosa al qui presente per raggiungere i fasti del predecessore, sia per quanto riguarda freschezza che tipologia di soluzioni presentate. In compenso un leggero calo era del tutto preventivabile, ciò che non lo era, piuttosto, fu l’incredibile ritorno in grande stile dopo alcuni anni veramente complicati in cui addirittura si cambiò moniker e si intraprese un fallimentare percorso. Ciò che conta in ogni caso è quello che si lascia ai posteri, quella che in America, in molti ambiti, chiamano “legacy”: la sola cosa che determinerà per le future generazioni quanto qualcuno o qualcosa abbia inciso sulla storia contemporanea. Ebbene, i Grave Digger hanno inciso parecchio, nonostante da molti siano etichettati come gruppo di seconda fascia del genere e avrebbero forse meritato maggior esposizione anche nei confronti degli stessi fan di nicchia.
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oops questo commento era destinato al singolo |
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Tra loro, running wild e Virgin Steele non so chi sta peggio |
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...capolavoro dell\'heavy metal ...made in germany...... |
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Puro heavy metal poche ciance. Ottimi anche The reaper e symphony of darkness. |
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Certo... E la New Wave of British Heavy Metal si chiama cosi perché suonavano blues. Ma lascia fare dai... |
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Molto velocemente...l'heavy metal e' una definizione nata negli anni 70 per indicare gruppi come i Van Halen. Il metal nasce con il primo disco dei Metallica (il genere verra' poi definito thrash metal). |
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C'è pure scritto nella recensione, i Grave Digger sono la storia del power...ho sempre pensato che fossero la storia dell'heavy metal, evabeh. @nonchalance, quindi per te i Vulture sono power/speed e i Grave Digger power/speed con parti thrash vecchio stampo...beh, a parte che il power con lo speed sono due termini che non vanno tanto d'accordo tra di loro, che altro power intendi tu? Io già il termine speed è un termine che neanche considero molto, peró, diciamo che ne fanno parte volendo vedere per i speeddaioli che son contenti, mentre qui le parti thrash metal sono poco rilevanti. Per esempio negli Iced Earth sono quasi esposte e quasi in sovrapposizione da ben citare, un gran bel thrash meno considerati in assoluto dei primi album provare per credere. I Grave Digger sono sinonimo di heavy metal del piú importante nel mondo e in germania. Neanche tanto poco veloce eh. L'heavy in falsetto è in pochi casi, di solito in acuto, oppure con voce sgraziata con la propria senza alcuna tecnica, non è detto. Puoi rimanere del tuo parere. Non è cosa nuova che molti fraintendano o confondano il power con l'heavy...es. Manowar, Running Wild, Helstar, etc. c'è chi li interpreta e li considera power, grave errore. Causa credo, troppi ascolti power e poco o niente heavy metal |
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Qui spaccavano proprio, ma proprio negli anni '90! Comunque la title-track più che Conrad riprende "Apocalypse Now", che è comunque una rilettura di "Heart of Darkness", quindi stiamo là |
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@Obscure: Il power/speed che intendi tu è quello nato a cavallo degli anni novanta! I Grave Digger qui fanno power con influenze chiaramente thrash.. Non è né quello veloce e nemmeno quello col falsetto. |
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Quando si dice soltanto metal sta a significare: heavy metal. Non c'è bisogno di aggiungere altro. Come appunto i Grave Digger sono heavy metal. Abbinare e mettere soltanto la dicitura power c'è incredulitá, una band come la loro. Molto spesso c'è chi interpreta in modo diverso ma è alquanto sbagliato. Al massimo che si puó dire è heavy/power nel proseguimento della loro ruggente prima fase dal glorioso Heavy Metal Breakdown, ma da solo a dire solo power a questo signor disco non si puó leggere, non lo metterei neanche all'ultimo piú annacquato degli ultimi dischi. Come chi ha affermato che i Vulture fanno power/speed metal, ehm..heavy metal. Non sono mica i dragonforce |
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Cosa significa? Il 90% di ciò che vedi su questo sito è "metal" |
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Grande disco, che non ascolto da tempo, Shadowmaker, Warchild e Circle.. su tutte, le mie preferite. Per piacere, togliete quel "power" come genere, per me questo è metal senza usare altre definizioni... |
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A mio parere anche ballads of a Hangman é un buon album. Forse l'ultimo che merita di essere acquistato. |
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Quoto. Fino a Last supper dischi uno piu bello dell'altro. Il trittico medioevale 1996 – Tunes of War
1998 – Knights of the Cross
1999 – Excalibur è stato il meglio in assoluto, poi bene fino a Last Supper. Poi declino, purtroppo! |
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I Grave Digger negli anni '90 sono stati al top assoluto sfornando disconi immensi come questo Heart of Darkness, come indimenticabile è la trilogia medievale che all'epoca me li fece amare proprio con Tunes of War. Grandissima band, a mio parere, fino all'omonimo album, disco cazzutissimo e roccioso, qualche cosa buona con Rheingold e The Last Supper dopo il vuoto totale. Voto 90 |
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Sì vero, mi ero dimenticato dell’omonimo! Album bellissimo
anche quello, Rheingold invece non mi ha mai preso... meglio The Last Supper. |
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I Digger degli anni 90 erano al meglio della loro forma. Questo è un grande album, ma è quello che mi piace meno di quella decade, pur restando su alti livelli, ma preferisco di molto The Ripper e ovviamente la trilogia medievale. Concordo con i commenti sotto che fino a The last supper I Grave Digger sono stati fortissimi, l'omonimo è una bomba, così I sottovalutati Last supper e il discreto Rheingold. Poi mi hanno stufato, al posto di evolversi sono regrediti con dischi tutti uguali e testi sempre più stupidi. |
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Ottimo disco! Dal precedente fino a quelli della trilogia medievale sono uno meglio dell’altro. Periodo d’oro per i Grave Digger. La title-track, Warchild e Circle of Witches (la mia preferita) valgono da sole l’acquisto dell’album. Voto 87 |
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Bassista e chitarrista han formato i Rebellion dopo essere usciti dai Digger. Gran bel disco. |
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....bel disco....potentissimo..... |
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Basterebbe la title-track..altro che "trilogia medievale"! |
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Disco bellissimo, se ripenso alle ultime spompatissime uscite mi sale una nostalgia tremenda. Concordo con Doomale, diciamo che fino a The Last Supper hanno rilasciato ottimi dischi, poi il lento (ma inesorabile) tracollo. Quasi quasi oggi mi risento questo qui e The Reaper. |
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Questa già c'era me la ricordo bene. Vabbè poco male...Grande album. Io qualche punto in più potrei darglielo...altro che l'88 dato all'ultimo DA. Sempre grandi i Becchini. Soprattutto fino ad Excalibur, ma due o tre buoni anche dopo. |
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INFORMAZIONI |
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Tracklist
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1. Tears of Madness 2. Shadowmaker 3. The Grave Dancer 4. Demon’s Day 5. Warchild 6. Heart of Darkness 7. Hate 8. Circle of Witches 9. Black Death
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Line Up
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Chris Boltendhal (Voce) Uwe Lulis (Chitarra) Tomi Göttlich (Basso) Frank Ullrich (Batteria)
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