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21/03/24
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Gin Lady - Tall Sun Crooked Moon
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17/07/2019
( 2079 letture )
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Che la Svezia da ormai più di qualche anno sia la nuova patria del rock più classicamente inteso è un dato di fatto perlopiù assodato. Ma ancora più assodata è la qualità tendenzialmente ottima dei prodotti artistici provenienti da quella terra così fredda, ma al contempo così accogliente e calda quando si tratta di comporre musica con la M maiuscola. Dai Witchcraft, passando per Graveyard e Blues Pills, la Svezia si è imposta come la culla più florida di quel movimento definito “retro rock”, genere che mantiene in vita la tradizione degli anni ’60 e ’70, talvolta limitandosi a tributare certe sonorità, talaltra cercando di innestare qualche elemento di novità all’interno di una proposta già più che collaudata. Il disco di cui parliamo oggi si pone a metà strada tra queste due correnti di pensiero, risultando credibile come disco uscito nell’epoca d’ora del rock psichedelico, ma riuscendo ad essere anche decisamente moderno quando mette in campo soluzioni armonico/melodiche originali, prescindendo dalle sonorità vintage di base.
SCANDINAVIAN ROCK AT ITS BEST: dietro questa altisonante descrizione si celano i Gin Lady, quartetto proveniente dal nord della Svezia – tra Gothenburg, Stoccolma e Skellefteå – e arrivato con questo nuovo Tall Sun Crooked Moon al traguardo del quarto album. Dopo il piacevole Electric Earth del 2017, un concentrato di liquida psichedelia vintage capace di ipnotizzare per giorni interi, la curiosità di ascoltare l’ultima fatica degli svedesi era tanta e sapere che il sodalizio con l’etichetta Kozmik Artifactz (che dura fin dal 2015) è rimasto intatto ha costituito fin da prima dell’ascolto una sicura certezza di qualità. Se cercate un disco esclusivamente adatto ad un trip lisergico questo nuovo album potrebbe forse deludervi: infatti la proposta dei Gin Lady, che negli anni si è parecchio affinata, arriva oggi a voler essere etichettata come più classicamente rock, quel rock viscerale e profumato di spezie che rimanda sì con la mente agli anni ’60, ma ricercando maggiormente la forma canzone e tralasciando in parte le code strumentali liquide e psichedeliche degli esordi. Ciò non vuol dire che la psichedelia manchi, solamente essa è coniugata sotto diversi aspetti: l’opener Everyone Is Love, fin dal titolo infatti si configura come una precisa dichiarazione d’intenti e d’amore verso realtà quali Cream, Buffalo Springfield, Blue Öyster Cult e Big Brother & The Holding Company, attraverso un solido riff hard rock dal sound vintage che fa da sostegno a delle linee vocali costantemente armonizzate su soluzioni armoniche che non avrebbero sfigurato nemmeno a Woodstock. C’è spazio anche per una breve chiosa atmosferica squarciata da un acido assolo di chitarra sul finale. Una partenza ottima, anche se è doveroso dire che questo sarà il brano più veracemente hard del lotto; infatti la scaletta prosegue su tonalità più leggere, prendendo ispirazione tanto dal folk, quanto soprattutto dal country tipicamente americano, ben rappresentato dalle slide guitars di Sweet Country Livin’ e dalle placide atmosfere western con tanto di fischiettii morriconiani di The Darkest Days of All Time, che al contrario del titolo riesce a trasmettere una pace ed una serenità indefinibili. L’amore per il western dai tratti cinematografici ritorna anche su Into The Wasteland, brano che vedrei benissimo come colonna sonora del prossimo film dei fratelli Coen. Tra l’altro la batteria di questo pezzo suona in modo incredibilmente elettronico e questo crea un contrasto davvero bizzarro col resto delle sonorità classiche della band. I Gin Lady continuano a sciorinare un brano dietro l’altro con assoluta maestria, propria di chi conosce a fondo il proprio genere di riferimento e può permettersi di manipolarlo a piacere, come avviene nel blues di Gentle Bird, avvolto da un arrangiamento orchestrale e un sapore pop che ricordano certe soluzioni compositive dell’ultimo Steven Wilson. E credetemi, non è un azzardo. Ultime menzioni per l’elegante The Rock We All Push, guidata dall’organo – strumento sempre presente nei brani del disco, ma mai eccessivamente preponderante – e da un ottimo assortimento vocale che rende il brano il manifesto dell’intero sound della band e di questo album: un honky tonk psichedelico da cantare a squarciagola ad un festival estivo inebriati dalle spezie che ci piacciono tanto. Infine il pianoforte di Tell It Like It Is chiude in modo solenne, ma delicato, le danze, regalando ancora una volta emozioni reali in corrispondenza del ritornello, coi suoi cori contagiosi e la modulazione armonica che fa letteralmente cambiare mood all’intero brano. Il modo migliore per concludere un album come Tall Sun Crooked Moon, che segna la definitiva maturazione dei Gin Lady, i quali possono di fatto considerarsi tra le punte di diamante del retro rock citato in apertura.
I Gin Lady non sembrano però da valutare esclusivamente nell’ottica limitante del genere, i quattro svedesi sanno comporre ottima musica che si rifà ad un immaginario preciso, ma sa anche svicolarsi da esso per raggiungere obiettivi più moderni ed originali che fanno la loro bella figura su questo ottimo disco. La speranza è quella di vederli raggiungere lo status di band ben più blasonate nella scena rock attuale, poiché le capacità ci sono tutte e soprattutto la musica parla di per sé. Un grandissimo album per una band che non smette di sorprendere!
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7
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@ObscureSolstice, Ehm non so se lo sai eh ma il Rock Psichedelico (anche quello più folk, acid rock o funk) era tra i veicoli principali di tutte quelle rivoluzioni iniziate con la Summer of love e che poi porterà alla grande rivoluzione del 68 modificando per sempre i costumi (anche sessuali) della società occidentale e dei relativi paesi (anche in Italia dove sia i maschi che le femmine si vestivano come i genitori)... principale megafono anche per le proteste contro la guerra in Vietnam... erano tutte cose collegate tra loro. Vedi tu!
@Galilee... jajajaja beh non mi piace la Trap, però volenti o nolenti é lo specchio della società odierna e dai media viene trattata come l'Acid Rock nel periodo della Summer. |
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6
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@Area: socio-politiche di che? La buona musica come il rock psichedelico si può sempre riproporre senza limiti di tempo, non ci sono epoche, non ci sono limiti (anche senza il guru Paolo Limiti), non è mica la musica falsaria e di voga, devi abbatterle queste barriere..suvvia |
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5
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Niente male, bel sound retro ma nel complesso moderno. X Area, difatti dovrebbero tutti solo fare trap... |
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4
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Sono sempre alla costante ricerca di sonorità di questo genere. Nulla di trascendentale. Qui le Amonizzazioni si sviluppano su scale tipiche di Neil Young ed un Chris Rea, con un tocco di chitarra e voce nel modo dei Dire Straits, magari anche di Tom Petty. Alcune canzoni, penso proprio la penultima, ha uno swing funky backbeat old school che decisamente non sentivo da tanto tempo. Gradevole come tutte le linee di chitarra, core del produzione. Insomma, niente che si avvicina ad una grandissima innovazione tecnica-stilistica, ma piace. Nella sua freschezza e scorrevolezza, certamente merita e si va ascoltare piuttosto bene. Buon inizino ad Alex Cavani per l'avventura editoriale nelle fila di Metallized!...Buon lavoro da Jimi TG. |
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3
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Ascolterò per correttezza... ma... il rock psichedelico alle porte degli anni 20 del 2000?
50 anni fa questo genere di musica veniva proposto in un epoca totalmente diversa... non ci sono più le condizioni socio-politiche di quel tempo. E continuo a pensare che sia legato a un epoca ben definita. |
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2
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Benvenuto. recensione che mi ha incuriosito. ascolterò. |
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1
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Con questa recensione, diamo il benvenuto ufficiale ad Alex nella famiglia Metallized!! |
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INFORMAZIONI |
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Tracklist
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1. Everyone Is Love 2. Sweet Country Livin' 3. The Darkest Days Of All Time 4. The Visit 5. Gentle Bird 6. Into The Wasteland 7. Always Gold 8. Undertow 9. The Rock We All Push 10. Tell It Like It Is
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Line Up
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Magnus Kaernebro (Voce e chitarra) Johnny Stenberg (Chitarra) Anthon Johansson (Basso) Fredrik Normark (Batteria)
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