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Destruction - Born to Perish
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18/08/2019
( 3416 letture )
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DETERMINAZIONE Se esiste una qualità che davvero non manca ai Destruction, quella è la determinazione. Dal ritorno di Schmier come leader del gruppo nel 1999, sono infatti passati venti anni esatti, nei quali i tedeschi hanno pubblicato la bellezza di nove album, compreso il qui presente Born to Perish, con una tabella di marcia impressionante. Si parla di una band che, sempre parlando di determinazione, dopo una evoluzione non baciata da particolare successo commerciale e di critica e culminata con gli album Cracked Brain e il molto successivo The Least Successfull Human Cannonball (che ad oggi non viene neanche considerato parte della loro discografia), ha ritrovato una propria dimensione e una identità precisa, determinata appunto, oltre la quale non ha più voluto muoversi. La volontà di tornare al thrash originale che li aveva resi uno dei membri della Triade tedesca è rimasta intatta e inviolata da allora, con risultati di spessore e, in qualche caso, con album destinati a lasciare davvero un segno, come The Antichrist. Arrivati a questo punto della loro carriera, ci si aspetterebbe che continuassero sulla propria strada, virtualmente a tempo indeterminato, senza ulteriori scossoni. Eppure, qualcosa negli eventi interviene sempre che, prima o poi, introduce dei cambiamenti: è così che Wawrzyniec "Vaaver" Dramowicz, batterista della band dal 2010, improvvisamente decide di lasciare dopo otto anni di onorata militanza. Il sostituto è una vecchia conoscenza del mondo thrash: parliamo di Randy Black, storico batterista degli Annihilator. Il canadese porta con sé un bagaglio tecnico di livello ed ecco che qualcos’altro accade: dopo vent’anni, la band decide di tornare ad una formazione a quattro, inserendo il chitarrista svizzero di origine serbe Damir Eskic, proveniente dai Gonoreas. Un doppio innesto in un tempo relativamente breve, che sembra foriero di novità in casa Destruction.
INNOVAZIONE Ecco invece una parola e, se vogliamo, una qualità, che ai Destruction non sembra particolarmente gradita. Dicendo questo, non si intenda che le novità introdotte dai cambi di line up non abbiano sortito alcun effetto. Born to Perish, quindicesimo album in studio, ha indubbiamente beneficiato dell’arrivo di Black ed Eskic. I due, infatti, introducono non solo la loro presenza e quindi un inevitabile ispessimento delle linee chitarristiche, da anni ormai appannaggio del solo Sifringer, ma un evidente salto tecnico complessivo, che porta i Destruction ad un livello che non possedevano da anni. Black è indubbiamente un batterista poliedrico che, da solo, riesce a creare un vero muro di suono, ma ha la qualità dinamica che a molte band tedesche è sempre mancata, contribuendo a snellire quanto a rendere più fluide e al contempo più efficaci le ritmiche forsennate che la band non rinuncia praticamente mai ad esibire. Dal canto suo, Eskic propone non solo linee di chitarra decisamente più evolute, che peraltro esaltano lo stesso Sifringer, ma mette del suo anche nella parte solistica, regalando notevoli esempi di shredding finalizzato al contesto e mai fuori posto o velleitari. Ma lo scotto patito a fine anni Ottanta deve essere rimasto comunque come impronta genetica nel duo al comando che, evidentemente, non ha nessuna intenzione di ripercorrere una altrettanto auspicabile evoluzione compositiva. Questo significa che Born to Perish veste in tutto e per tutto il classico trademark della band, fatto di brani iperveloci e dannatamente thrash, vocalizzi acidi e marci ad opera di Schmier e di una sostanziale chiusura a qualunque influenza esterna al genere. Di per sé, questo non è affatto un male: lo diventa unicamente quando il perseguire ostinatamente una strada comporta il rinchiudersi in un vicolo cieco. Certo, la varietà compositiva non è proprio di casa, quindi è difficile attendersi chissà quali voli pindarici o particolari vette di ispirazione. Quello che si deve attendere è sostanzialmente una gragnuola di legnate, sparate a velocità assassine, da un gruppo che invece di colpire a casaccio e in maniera grezza e furibonda, adesso sa ancor più in maniera cinica ed entusiasta, come fare tecnicamente un gran male.
BORN TO PERISH Il titolo non è in effetti dei più beneauguranti, ma le dieci tracce che compongono il disco ci raccontano una storia che sembra essere tutt’altro che giunta al proprio capitolo conclusivo. Piuttosto, sembra dalle dichiarazioni dello stesso Schmier che il tutto sia stato realizzato con la massima velocità possibile, al dichiarato scopo di tornare in tour con gli Overkill. Un fattore questo che potrebbe aver inciso sul risultato complessivo. Intendiamoci, i Destruction, ci venga perdonato l’ossimoro, sanno costruire un album, lo fanno ormai da una vita e si divertono nel farlo. Gli schemi sono più o meno sempre gli stessi, quindi qua l’unico dubbio può essere sulla qualità dell’ispirazione messa in gioco. Ebbene, sotto questo punto di vista, difficile chiedere di più ad un gruppo di veterani che quanto si ritrova tra le tracce del disco: la titletrack ad esempio è già un ottimo compendio di brutalità e tecnica, con un refrain che fa il suo lavoro, in mezzo ad un vero e proprio campo minato, nel quale Black ha tutto il modo di farsi apprezzare ed altrettanto può dirsi del lavoro delle due chitarre, impegnate in un gran bello scambio di assoli. Forse proprio la parte di assolo avrebbe meritato un suono più squillante e meno compresso e finisce per essere inglobata fin troppo nel marasma della ritmica. Un difetto questo riscontrabile per tutto il disco. Da notare anche l’uso sporadico del growl da parte di Schmier che differenzia il proprio caratteristico malefico ghigno acido quel tanto che basta. Un perfetto biglietto da visita. Più articolata, dal riff slayeriano alle terrificanti parti di batteria, fino al classico ritornello strozzato, la seguente Inspired by Death, meno frenetica della titletrack, ma altrettanto insidiosa. Riuscitissima anche la seguente Betrayal, classico proiettile sparato a mille, con un refrain invece leggermente più in evidenza, a parte l’irrefrenabile Black, davvero scatenato. Rotten non aggiunge granché alla storia della band e sul refrain rotten… rotten to the core è davvero inutile infierire. Divertente e niente più la praticamente hardcore Filthy Wealth, che probabilmente farà la sua figura dal vivo e arriviamo a Butchered for Life. Con i macellai i tedeschi hanno sempre avuto un certo feeling e il tentativo di creare una traccia più oscura ed inframezzata da arpeggi e classiche ripartenze thrash funziona; il risultato è un brano che si differenzia dagli altri, per un fattore estetico e anche intrinseco, anche se forse manca qualcosa che lo elevi davvero. Per contrasto con l’atmosfera mutevole della traccia precedente, si fa invece notare la spietata e velocissima Tyrants of the Netherworld, una vera bomba atomica. In chiusura, risulta abbastanza anonima We Breed Evil, mentre più interessante Final Flight 17, ma a questo punto la ripetizione pedissequa dello stesso schema compositivo rende più o meno inutile qualunque altra traccia e la conclusiva Ratcatcher non fa differenza in tal senso. Tutto piacevole e ben fatto, ma la sensazione è che al disco manchi proprio qualcosa che faccia la differenza.
COERENZA La disamina non può che concludersi con la parola che più appare appropriata, affiancata al nome dei Destruction. Coerenza artistica e stilistica, in questo caso, ad un genere nella sua forma pura e classica. L’innesto dei due nuovi elementi è significativo e importante e in particolare Randy Black si dimostra capace di far scattare verso l’alto l’asticella tecnica della band, con un risultato che si riverbera per tutte le tracce di Born to Perish. Peccato solo che tanto sforzo e tanta evidente qualità, poi non trovi nello spessore compositivo un riscontro. E’ qui forse che la coerenza non paga come dovrebbe e diventa un limite: nessuno chiede ai Destruction di essere qualcosa di diverso da se stessi ma, in questo caso, lo schema compositivo resta davvero troppo ancorato ad un unico canone espressivo. La sola Butchered for Life, peraltro non un capolavoro, non basta a creare quel movimento interno che appare indispensabile per gestire un album di dieci canzoni. La presenza inevitabile di qualche filler, poi, grava ulteriormente su una scaletta che comunque presenta più di una traccia di indubbio interesse e valore. Se da un lato quindi fa piacere premiare una band storica e importante come i Destruction per un impasto riuscito con nuovi elementi e per aver portato qualche nuovo brano da aggiungere alla scaletta delle esibizioni dal vivo, dall’altro dispiace non poterlo fare anche per un album complessivamente debole, che nasconde sotto i fuochi di artificio della nuova line up ben più di qualche passaggio a vuoto. Non è una certezza, ma forse davvero dedicare qualche tempo di più alla stesura dei brani avrebbe aiutato. Assestata la nuova line up, non resta quindi che puntare sul prossimo album, per il quale è giusto nutrire già da adesso qualche speranza in più.
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Per me ottimo album. Non è facile da digerire (deve per forza essere tutto orecchiabile e facile all'ascolto?...) per via anche delle strutture complesse dei brani. Poi tralasciamo qualche ritornello alla "Rotten to the core"... |
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Sono i Destruction, l’ignoranza assoluta nel thrash, niente sorprese, sempre le solite cose trite e ritrite ma a me va bene anche cosi. Poi obiettivamente da molti anni a questa parte, solamente 3 o 4 pezzi in ogni album sono davvero degni di nota, il resto sono filler. In questo la tripletta iniziale è ottima e non vedo l’ora di sentirla dal vivo. Invece Butchered for life è un accrocchio senza né capo né coda, bocciata. Molto contento della scelta di avere due chitaristi, il suono e l’impatto ci hanno guadagnato. Voto 65 |
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Niente da dire.. sono i destruction. |
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Non mi aspettavo un significato così profondo nella copertina: quelle che vedete sotto l'avvoltoio bicefalo non sono uova, ma sono le palle del suddetto cascate dopo l'ascolto dell'album. |
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Ascoltato.... Non mi convince l ultimo ottimo album ritengo sia antichrist |
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Ho anch’io quella versione! È la cover di un vecchio grande pezzo dei mitici Tygers of Pan Tang!!! |
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Io ho la versione con la traccia numero 11 ''Hellbound'', che dopo il ritornello di rotten (to the core), mi riporta alla canzone dei pantera... |
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Il lavoro di black lo si sente fin dal primo secondo dell'album...io non sono un gran fan dei destruction, preferisco di gran lunga i Sodom (secondo me i migliori nel panorama thrash europeo da 35 anni), ma nonostante sia stato deluso da alcuni loro comportamenti, soprattutto qui in Italia, questo album è, personalmente, uno dei loro migliori, se non il, degli ultimi 10 anni |
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@aceshigh Concordo: nè i Kreator nè (soprattutto) i Sodom sono di chissà quale altro pianeta! Diciamo che tutte queste band hanno però dei precedenti veramente veramente importanti...e pensando alle loro proposte anni 80, difficile immaginare qualcosa meglio di quanto han fatto i Kreator per il thrash europeo! |
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Sì Silvia, non l’ho scritto ma nel mio discorso mi stavo riferendo all’ultimo periodo!!! 👍🏻 Su quello che hanno fatto i Kreator negli anni ‘80... beh c’è poco da dire: eccezionali ! |
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@Aceshigh concordo a patto di non considerare il passato (anni 80) in cui i Kreator a mio avviso erano ben più rappresentativi degli altri due come impatto nella scena. Io personalmente fra i 3 ho sempre preferito i Destruction x i loro riff più "americaneggianti" (come detto anche da rik 🤗 |
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Vero quello che dici sui Kreator, hanno cambiato spesso stile, la cosa è sicuramente apprezzabile e non si discute, ci mancherebbe. Solo che a me gli ultimi due non dicono granché... Quello che voglio dire (senza voler assolutamente alzare polemiche) è che tra le bands della triade teutonica non ne vedo una che spicca “così tanto” sulle altre due. È un parere mio personale eh. Oh poi magari i Sodom col prossimo album faranno sfracelli e cambierò opinione 🤘🏻 |
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I Kreator hanno saputo variare il loro stile negli anni risultando sempre credibili con album sempre di qualità buona se non ottima, salvo forse Endorama. |
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Beh che il loro stile sia rimasto praticamente invariato negli ultimi vent’anni è abbastanza evidente (il valore della proposta è sempre stato buono, imho). Ciò che è più discutibile è se Sodom e gli ultimi powerizzati Kreator siano su chissà quale altro pianeta... Diciamo che è una cosa soggettiva. Per me siamo più o meno lì... |
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@arbitrato: Vero! sceneggiate come quelle che fecero 2 o 3 anni fa in Italia, non ricordo dove, fanno calare a picco le loro quotazioni. |
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@legalisedrugsandmurder Assolutamente. Dal vivo non si discutono. Quando suonano! |
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Album carino e niente più. Sodom e soprattutto Kreator sono di un altro pianeta. Dal vivo comunque, i Destruction rendono meglio che su disco. |
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Questi signori, nel nome di non si sa quale grande "coerenza", vi stanno propinando lo stesso album da quasi dieci anni. |
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Concordo con David D. e abbasso il suo voto di 5 punti |
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In fase di registrazione è un album che poteva registrarlo anche l'acciuga coi baffi da solo, parlando di chitarre. Ma ci sta fanno questa roba da sempre, la differenza ci sarà nei live che evidentemente saranno più vicini al disco. Sulla seconda chitarra credo ci sia lo zampino della casa discografica, guarda caso anche i sodom hanno preso una seconda chitarra, credo che i sodom siano entrati anche loro nella pigliatutto nuclear blast. |
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L album non è banale.. semmai coerente con tutta la loro storia. Non saranno mai dei fuoriclasse ma sempre godibili . |
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Solito album alla Destruction, che alla lunga personalmente stanca e non mi dà lo stimolo di sentirlo ancora. Ossia lo stesso pensiero che ho con ogni uscita dei Destruction da Metal Discharge in poi...Ho amato, e continuerò ad amare i primi tre dischi, ma almeno da 15 anni sono entrati in una spirale di noia e riciclo terribile, sempre a mio parere. Trovo decisamente più ispirati in campo tedesco i Sodom, sopratutto negli ultimi anni. Per affetto voto 70, ma non di più. |
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Lisa e Silvia ciao 😀 quoto entrambe, i destruction cercano nel limite del possibile di realizzare album buoni/validi, che possano piacere alla loro fan base senza incorrere in azzardi. Adesso che la band si è ampliata, come dici tu Silvia, le trame chitarristiche si sono ispessite, e live, forse che avrai già visto, ne guadagna notevolmente. Sì, sicuramente sono i più 'americani' e forse per quello che li apprezzo di più🤘 |
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Sono ai primi ascolti e per adesso devo dire che l’album mi piace! Ok, da vent’anni a questa parte il loro stile è stato più o meno sempre quello. Coloro per i quali ciò abbia rappresentato un problema credo che abbiano smesso di seguire la band già da qualche release. Per me ciò invece non rappresenta un grosso problema, fin quando tireranno mazzate come nella title-track, Inspired by Death o Filthy Wealth i loro album lì ascolterò sempre con piacere. Certo, è ovvio che non siamo ai livelli di The Antichrist e mi sembra di avvertire un calo nelle ultime tracce, ma nel complesso è senza dubbio un buon album. Per ora un provvisorio 77 |
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@Redazione , ma il problema che il sito non permette quasi mai di votare gli album è insolubile? Ricordo che tipo sei mesi fa avevate detto che stavate risolvendo... ma non essendoci state migliorie temo il "peggio". |
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Ciao Rik e Lisa, vale anche x me . Come ho scritto anche nel forum l'album mi e' piaciuto, in particolare l'"ispessimento delle linee chitarristiche". Bello che abbiano mantenuto i bei riffoni vicini al thrash americano accompagnati da "notevoli esempi di shredding finalizzato al contesto e mai fuori posto o velleitari", su questo concordo con Lizard. |
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Quoto Rik..qui di banale non c'e' nulla, questo sono i Destruction, il loro stile e la loro musica, a me sta bene così. Buon disco, giusto il voto👍 |
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Dipende sempre da cosa uno/a si aspetta da una band. Per quanto mi riguarda non cerco la varietà stilistica in una band, cioè che per evolversi snatura il suo trademark. I destruction sono abbastanza coerenti con la propria storia e questo nuovo ultimo loro album rientra nelle mie preferenze. Solo una cosa, non mi lascia votare... |
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Il titolo è banale, la musica un pó meno...voto 76 |
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INFORMAZIONI |
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Tracklist
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1. Born to Perish 2. Inspired By Death 3. Betrayal 4. Rotten 5. Filthy Wealth 6. Butchered for Life 7. Tyrants of the Netherworld 8. We Breed Evil 9. Final Flight 17 10. Ratcatcher
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Line Up
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Marcel "Schmier" Schirmer (Voce, Basso) Mike Sifringer (Chitarra) Damir Eskić (Chitarra) Randy Black (Batteria)
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