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19/04/24
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Revocation - Existence Is Futile
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07/09/2019
( 1018 letture )
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Boston è una gran bella città. La visiti e te ne innamori. Quasi quasi ci potresti vivere. Ci sono un sacco di ristoranti italiani, quelli veri -non gli "italian sounding"- con il cuoco calabrese (in sovrappeso) ai fornelli. A rendere Boston ancora più simpatica è il fatto che bostoniani sono i Revocation, band techno death metal che nel 2009 dava alle stampe un interessante lavoro dal titolo Existence is Futile. A tre anni di distanza dall’esordio (Empire of the Obscene), Antonhy Buda e i suoi amici tornano a farci dono di un album complesso, pieno, tondo, furioso e stilisticamente inappuntabile. Il paragone con i Sadus è sin troppo evidente, tuttavia i nostri, nel tempo, sono riusciti a ritagliarsi una fetta di fan -e di critica- che li sempre più valorizzati, riempiendoli, a giusta ragione, di gratificazioni.
Il grande pregio di Existence is Futile è che piace agli amanti del death metal ferale e compatto, ai fedelissimi del thrash ’80, ai puristi del classico e, in ultimo, a chi ama il melting pot tra estremismo e tecnica. I bostoniani fanno una scelta azzardata: il primo brano (Enter the Hall) è interamente strumentale. L’intento sembra subito chiaro, ovvero quello di voler -da principio- dimostrare quanta tecnica posseggono tanto che l’etichetta di “death metal band” è un tantino stretta. A cominciare dalla seguente Pestilence Reigns la band dà lezioni in tema di velocità e di aggressione. Infatti, la prima parte dell’album è un concentrato di energia (seppur sempre dosata e che mai sfugge dalla trama ordita dal trio) tanto che alla richiamata Pestilence Reigns fa seguito Deathonomics, altrettanto esplosiva. Alla voce si alternano Anthony Buda e David Davidson che si dividono saggiamente tra scream e growl. Il risultato è azzeccato perché a sentirle e risentirle, le dinamiche vocali di Existence is Futile non ti stancano mai. Dopo una prima parte puramente aggressiva, il lavoro dei Revocation si accomoda su binari di maggiore valorizzazione della tecnica. Ne è prova la complessa title-track (dal songwriting tipicamente Sadus) in cui accelerazioni e rallentamenti sono il sottobosco su cui si erge la pienezza del suono classico della chitarra di David Davidson. Che nella loro vita i Revocation abbiano ascoltato (e soprattutto metabolizzato) tantissimo metal è provato dall’esecuzione di The Brain Scramblers, un pezzo "rubato" ai migliori Voivod. Sonorità astrali miscelate con la rozzezza della pietra pomice rendono questo brano un pezzo unico. Agli amanti del metal targato anni ’80 consiglio di perdersi nell’ascolto dei riff e degli assoli che connotano Across Forests and Fjords, un brano strumentale che ricorda la maestosità degli Agent Steel. Si torna al growl ferale con Reanimaniac e Dismantle the Dictator, brani in cui spicca il blast beat di Phil Dubois-Coyne. I Revocation sanno ancora stupire con Anthem of the Betrayed e Leviathan Awaits, brani di spessore in cui la graniticità del death sound statunitense si miscela con inserti della scuola classica britannica.
A chiudere Existance is Futile c’è la lunga The Tragedy of Modern Ages brano in cui nuovamente i Revocation confermano quanto già chiarito dall’ascolto dei precedenti dieci brani e cioè che siamo al cospetto di una band dotata di caratteristiche innovative e fuori dal comune tanto da riuscire a miscelare, in questo ultimo pezzo, metal e funky in una contaminazione particolarmente riuscita.
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INFORMAZIONI |
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Tracklist
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1. Enter the Hall 2. Pestilence Reigns 3. Deathonomics 4. Existence is Futile 5. The Brain Scramblers 6. Across Forests and Fjords 7. Re-Animaniac 8. Dismantle the Dictator 9. Anthem of the Betrayed 10. Leviathan Awaits 11. The Tragedy of Modern Ages
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Line Up
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Antony Buda (Voce, Basso) David Davidson (Chitarra, Voce) Phil Dubois-Coyne (Batteria)
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