IN EVIDENZA
Album

Bruce Dickinson
The Mandrake Project
Autoprodotti

King Gizzard and The Lizard Wizard
PetroDragonic Apocalypse
CERCA
RICERCA RECENSIONI
PER GENERE
PER ANNO
PER FASCIA DI VOTO
ULTIMI COMMENTI
FORUM
ARTICOLI
RECENSIONI
NOTIZIE
DISCHI IN USCITA

21/03/24
FALL OF SERENITY
Open Wide, O Hell

21/03/24
STORMHUNTER
Best Before: Death

22/03/24
DODSRIT
Nocturnal Will

22/03/24
OZ HAWE PETERSSON`S RENDEZVOUS
Oz Hawe Petersson`s Rendezvous

22/03/24
BRODEQUIN
Harbinger of Woe

22/03/24
HAMMER KING
König und Kaiser

22/03/24
THORNBRIDGE
Daydream Illusion

22/03/24
HOLLER
Reborn

22/03/24
ACHELOUS
Tower of High Sorcery

22/03/24
CRUZH
The Jungle Revolution

CONCERTI

19/03/24
MOTHER MOTHER
FABRIQUE, VIA GAUDENZIO FANTOLI 9 - MILANO

20/03/24
MESHUGGAH + THE HALO EFFECT + MANTAR
ALCATRAZ - MILANO

20/03/24
EXTERMINATION DISMEMBERMENT + GUESTS
FREAKOUT CLUB, VIA EMILIO ZAGO 7C - BOLOGNA

21/03/24
GENUS ORDINIS DEI + GUESTS
CENTRALE ROCK PUB - ERBA (CO)

21/03/24
BANCO DEL MUTUO SOCCORSO
DRUSO, VIA ANTONIO LOCATELLI 17 - RANICA (BG)

21/03/24
THE ROSE
ALCATRAZ VIA VALTELLINA, 25 - MILANO

21/03/24
KRASUE + ANTARES + WAH ‘77
FREAKOUT CLUB, VIA EMILIO ZAGO 7C - BOLOGNA

21/03/24
DARK NOISE + SPEM
TRAFFIC LIVE, VIA PRENESTINA 738 - ROMA

22/03/24
ANGRA
TRAFFIC CLUB, VIA PRENESTINA 738 - ROMA

22/03/24
ANGRA + DRAGONHAMMER
TRAFFIC CLUB - ROMA

Threshold - Psychedelicatessen
21/09/2019
( 1986 letture )
Agli inizi degli anni ’90 il progressive di certo non presentava particolari carenze, la scena era disseminata da supergruppi che ancora oggi ci graziano le orecchie con opere destinate all’immortalità; una scena che proprio nella prima metà del decennio vide la comparsa di un altro futuro pilastro del genere: i Threshold, con il loro debutto Wounded Land. Come i più avveduti sanno, però, l’album di debutto per quanto ben realizzato sia non dona alcun tipo di scettro ai suoi creatori, rimandando ad eventuali seconde o -meglio ancora- terze opere il compito di consacrare o meno il progetto. Psychedelicatessen nel 1994 ebbe proprio questo peso sulle spalle, riportando dopo appena un anno la formazione sugli scaffali, con un disco che sin da subito denotò un perfetto connubio tra le sonorità prettamente progressive e i taglienti elementi thrash pronti a donare quel quid roccioso alle nove tracce incise.

Sunseeker si dipana per quasi otto minuti: un esperimento coraggioso per una opening che affronta il proprio minutaggio a faccia dura e con estrema libertà. La stessa libertà presente nel testo, incentrato sullo schiavismo innestato dai ricordi del passato e supportata dall’apertura elettronica atmosferica. L’esplosione viene raggiunta senza troppi giri di parole grazie a un riff simil-thrash e un assolo a piena pedaliera. Ancora oggi ascoltare una sfuriata del genere lascia soddisfatti, traslare il tutto a ben venticinque anni fa dona non poca lungimiranza alla band. La voce di Morgan si adatta perfettamente al brano, arricchendolo man mano insieme alla batteria plastica di Harradence. Un altro assolo ottimamente realizzato innalza ancor di più la qualità del guitarwork già ben ponderato sin dall’inizio, le cui parti stoppate risultano decisamente ispirate e accattivanti. Sunseeker si conclude poi con un giro funambolico di tastiera intriso di quegli espedienti intravisti già da altre prog band del tempo e che preannuncia la qualità compositiva delle tracce a venire.
Ancora più in alto è collocabile la successiva A Tension of Souls, portatrice del mondo e del peso dell’esistenza.

And I’m drowning in a sea of my own futility

L’inizio è pesante, nichilista e decisamente più lento rispetto alla precedente. Una parte solistica alle sei corde riempie questa apertura cupa, per poi defluire in un riffaggio thrash senza fronzoli. Il groove monocorda aliena il sound, così come l’intera sezione vocale di Morgan che ripete in un mantra i diritti da perseguire nella nostra vita: vivere, fallire, combattere e tanto altro da approfondire con il testo e scoprire con esegesi oculata. Una grande variazione porta poi in una parte titanica e mozzafiato di chitarra e tastiera, la tecnica straripa nei pochi secondi conclusivi di questa fantastica seconda traccia.
Into the Light tocca i dieci minuti, sfidando la struttura metafisica, l’utilizzo della logica, la natura di ciò che è al di là -abbastanza giovane per essere provato, abbastanza vecchio per morire. Un pezzo che evidenzia la non-conoscenza di ciò che si pone alla base di tutto, al contempo però, ne annichilisce le risposte frettolose e prive di logicità. L’inizio arpeggiato non può che ricordare le sonorità utilizzate dai Dream Theater poco tempo prima (in quegli anni era già uscito l’immenso Images and Words), costruendo un’atmosfera più pacata e rilassata, pronta a esplodere solo verso il secondo terzo della composizione. L’intero arrangiamento -avvalorato da un assolo chitarristico notevole- accompagna per mano l’interessante sezione vocale, creando un complesso sonoro ricco di spunti e trovate ancora oggi appetibili (da menzionare l’alternanza tra variazione e sfuriata nella parte finale in cui figura un altro mini-assolo).
Il pezzo forte è però Will to Give, aperta da un basso incredibile di Jon Jeary e dalla batteria di Nick, a cui si inseriscono poi le chitarre di Groom e Midson; quando l’acme arriva non si può però fare altro che farsi trascinare dal songwriting ineffabile messo in campo in questo brano. L’intero guitarwork in palm muting e i tempi irregolari di batteria dettano legge con l’incredibile prestazione al microfono. L’assolo viene inserito su un arpeggio catartico e ogni chitarrista non potrà che godere al suo cospetto. La seconda metà presenta un riff monocorda mutato, alternato ad accordi taglienti e dalle influenze più heavy. Tutto nel brano è allo stato dell’arte, ogni singolo musicista ha collaborato a questo pezzo, incentrato sulla propria essenza e sulla malattia che siamo irreversibilmente destinati ad assaporare.
Under the Sun è un breve brano da appena tre minuti: sognante e riflessivo sono gli aggettivi che meglio lo descrivono. Un intermezzo che spinge all’andare avanti nel proprio percorso, sino alle conseguenze delle proprie azioni.
Babylon Rising presenta anch’essa un minutaggio ristretto se paragonato con i primi brani di Psychedelicatessen. L’intero pezzo si pone l’obiettivo di criticare lo sfruttamento terrestre, l’etichettare come folli le minoranze -anche quando in possesso della ragione- e l’intero operato umano che ci sta portando alla rovina. L’arrangiamento inziale è molto buono, così come il giro di chitarra e la sezione ritmica in toto. In particolare il guitarwork sul chiudersi dona un’ottima atmosfera a questo convincente brano (anche se meno memorabile dei precedenti).
He Is I Am e Innocent sono invece pressocché sullo stesso livello di songwriting. La prima con tonalità più classicheggianti del thrash e heavy metal, effige di un disagio sociale e del tentativo costante di bruciare la propria interiorità al fine di alimentare la fiamma dell’edonismo. Batteria ben strutturata e allestita con intelligenza, assolo meraviglioso e climax ritmico condiscono i quasi sei minuti di He Is I Am; la seconda è -d’altro canto- più improntata al rapporto umano, al tradimento, con un inizio arpeggiato e il guitarwork solistico ormai consolidato: un brano circolare che alla sua conclusione lascerà non poca voglia di concludere questo viaggio.
I sette minuti e mezzo di Devoted hanno questo duro compito, adempiuto con classe sin dall’ottimo inizio, pesante e violento in un arrangiamento che è sicuramente tra i migliori dell’intero disco. La libertà viene finalmente raggiunta e l’ascoltatore esperisce “l’arte della libertà” in un’atmosfera di salubrità. La tastiera è fondamentale nel pezzo e le linee vocali sono ottimali. Vengono alternate fasi più pesanti e quadrate alle sezioni atmosferiche e arpeggiate. A metà brano una variazione porta in una dimensione divina, dai toni alteri e superiori:

I can see you, you're not there fog of existence fills the air
I can't matter now i've found art of freedom, safe and sound
When i feel that hope is lost only the devoted know the cost


La scelta di far ripartire tutto con il riff e l’arrangiamento principale è sicuramente funzionale, ma forse stona leggermente con l’aria che la band ci ha fatto respirare pochi secondi prima -decisamente catartica e liberatoria. La canzone è comunque imponente, così come l’assolo finale che conclude sia il brano che l’intero disco.
Psychedelicatessen è uno di quei lavori che anche a distanza di più di un ventennio non possono che stupire, lasciare soddisfatti e assuefatti dal risultato. Un progressive titanico messo in campo dalla formazione inglese, che non annoia mai e dona tecnicità in ogni suo aspetto; nonostante questo, risulta anche come uno di quei casi in cui un’opera di tale caratura può essere apprezzata anche dai profani del genere e che più che mai si ritroveranno un disco tanto complesso quanto strutturato su piani differenti. In altri termini, anche il più inesperto potrà apprezzare le idee messe in campo dai Threshold, grazie soprattutto alle grandissime influenze thrash e poco cervellotiche di alcuni arrangiamenti; per tutti gli altri si prospetta un grande lavoro di studio che, molto probabilmente, sarà stato già fatto nel corso degli anni passati.



VOTO RECENSORE
86
VOTO LETTORI
87.85 su 7 voti [ VOTA]
Maiden1976
Lunedì 23 Settembre 2019, 17.33.44
4
Capolavoro.
progster78
Lunedì 23 Settembre 2019, 16.04.33
3
I dischi piu' belli sono quelli con il compianto McDermott alla voce e anche quelli con Wilson,ma devo dire che l'album in questione e' veramente valido.voto 80.
Aceshigh
Lunedì 23 Settembre 2019, 12.27.29
2
Gran bell’album, una delle tante uscite di alto livello che resero quegli anni particolarmente fertili per il prog metal; in compagnia dei vari Conception, Elegy, Magellan (oltre ovviamente a Dream Theater e Fates Warning), e tanti altri, anche i Threshold marchiarono quell’epoca. E lo fecero, a mio modo di vedere, cercando un proprio stile peculiare (ogni tanto le influenze delle prog band più importanti fanno capolino, ma tutto ciò rimane al livello di “accenni”, non di più). Voto 83
Rob Fleming
Domenica 22 Settembre 2019, 17.19.26
1
Il debutto per me resta imbattibile, ma anche questo secondo album è un gioiellino come lo è senza dubbio Devoted 80
INFORMAZIONI
1994
Giant Electric Pea
Prog Metal
Tracklist
1. Sunseeker
2. A Tension of Souls
3. Into the Light
4. Will to Give
5. Under the Sun
6. Babylon Rising
7. He Is I Am
8. Innocent
9. Devoted
Line Up
Glynn Morgan (Voce)
Karl Groom (Chitarra)
Nick Midson (Chitarra)
Richard West (Tastiera)
Jon Jeary (Basso)
Nick Harradence (Batteria)
 
RECENSIONI
82
60
83
82
87
78
79
84
86
90
ARTICOLI
04/10/2017
Intervista
THRESHOLD
Progressive metal tra Brexit e acronimi.
 
 
[RSS Valido] Creative Commons License [CSS Valido]