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19/04/24
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Evergrey - Solitude, Dominance, Tragedy
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28/09/2019
( 1476 letture )
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Gli Evergrey, allora neofiti nel mondo del power progressive, fanno due su due con Solitude, Dominance, Tragedy e il loro nome comincia ad essere chiacchierato sia in Scandinavia che in tutto il vecchio continente. Forti della buona accoglienza ricevuta con il debut The Dark Discovery, Tom Englund e soci decidono di mantenere invariata la ricetta. Ad oggi, vent’anni più tardi, possiamo affermare e constatare come in realtà la linea guida che li ha accompagnati in questi due dischi sia rimasta praticamente invariata, con l’ultimo e più recente The Atlantic. Scelta encomiabile. Quando la nave degli Evergrey è stata varata nel 1996, il frontman e membro fondatore Tom Englund aveva già le idee chiare sulla carriera da intraprendere, sulle tematiche da trattare e sul sound da mettere in campo. Argomenti cupi e oscuri quali morte, dolore e perdizione sono presenti in ogni lavoro in studio e questo Solitude, Dominance, Tragedy, cioè solitudine, predominio e tragedia, non è certo un’eccezione, come si evince già dal titolo.
È sempre apprezzabile trovare le emozioni che scaturiscono dall’ascolto anche nella scelta dei testi, così Solitude Within arriva dritta al cuore, scavando nel profondo, sia con le parole sia con le potenti ritmiche messe in campo dal quintetto scandinavo. Il resto lo fa la voce di uno dei migliori cantanti della scena power prog, lo era allora e lo è tuttora. Impeccabile nelle tonalità più dolci, perfette per una ballad, potente e aggressivo nei brani più duri. Riprendendo in mano questo disco dopo tanti anni non si può fare a meno di apprezzare la coesione della traccia d’apertura, motivo per cui è molto facile incappare in un riascolto. Sicuramente di un gradino inferiore Nosferatu, nonostante le tastiere poste proprio nei secondi iniziali facciano ben sperare. Il tono aggressivo della precedente viene abbandonato a favore di uno stile più epico e classicheggiante, con cori dei quali si è forse abusato un filo di troppo. Accennavo precedentemente alla voce di Englund constatando come fosse adeguata anche per una ballad ed ecco che i nostri ce ne presentano una al numero tre della tracklist, The Shocking Truth. Siamo lontani dalle mazzate di Solitude Within, la voce registrata e il tono malinconico della traccia ci portano su lidi più mesti e tristi, ma meno rabbiosi. Un suono greve, accompagnato da una voce che sembra giungere dagli inferi, apre A Scattered Me, traghettandoci verso un delizioso minuto strumentale, ricco di prog e cambi di tempo: qui la tecnica di certo non manca. Le rullate di Patrick Carlsson ci fanno rimpiangere ancora oggi l’uscita dalla band di questo straordinario batterista. Una dipartita avvenuta nel 2003, subito dopo la pubblicazione dell’ottimo Recreation Day, come un fulmine a ciel sereno. Probabilmente una scelta dovuta a motivi familiari, quel che è certo è gli Evergrey rimangono il capitolo più importante ella carriera musicale di Patrick Carlsson. Ma torniamo al disco, She Speaks to the Dead presenta nuovamente toni epici e maestosi che vengono spazzati via dai molteplici assoli di chitarra sul finale, prima del ritornello conclusivo. La voce cupa che troviamo in apertura di varie tracce è identificativa di questo disco e la troviamo spesso, una soluzione stilistica che può piacere o meno, ma che evidentemente il quintetto svedese ha trovato molto efficace. Così si apre When Darkness Falls, dal ritmo molto duro e serrato, per poi passare ad una ballad con cori anni ’80, forse eccessivamente moscia e smielata, cioè Words Mean Nothing. Va bene esplorare stili differenti nello stesso disco, però qui il salto di generi è decisamente troppo netto, soprattutto se confrontato con il martellante riff di Damnation, che arriva come un’improvvisa mazzata. Se si fosse evitato l’inserimento della ballad Words Mean Nothing probabilmente il lavoro sarebbe risultato più uniforme e coeso, così invece si rimane spiazzati per qualche istante. Fortunatamente Damnation innalza nuovamente l’asticella della qualità e ci fa ritrovare suoni ai quali siamo più avvezzi, virando sul power prog tanto caro ai Symphony X di The Divine Wings of Tragedy. C’è molto spazio per la chitarra di Dan Bronell che si prende la scena nella conclusiva The Corey Curse, interpretata magistralmente dal cantato di Tom Englund.
Alti e bassi in questo secondo disco targato Evergrey in cui troviamo ottime sezioni di chitarra e soprattutto di batteria, vista la magistrale tecnica dei singoli che a volte vanno ad incagliarsi in ballad inconsistenti. Il tutto viene salvato comunque dalla voce di Tom Englund che trasforma in oro tutto ciò che tocca, il vero e proprio Re Mida della band svedese. Per chi avesse acquistato l’edizione rimasterizzata potrà trovare, dopo The Corey Curse, To Hope Is to Fear, tratta del precedente The Dark Discovery. Nonostante la reincisione, il pezzo presenta gli stessi problemi della versione originale, soprattutto per quanto riguarda la linea vocale, praticamente inascoltabile. Sconsiglio vivamente l’acquisto della versione con bonus track, soprattutto se soggetta a sovrapprezzo. Il balzo in avanti di questo disco, oltre ad averci presentato del buon power metal a tinte gotiche con molti spunti prog, è sicuramente l’incisione, nettamente migliore rispetto all’album di debutto. Dopo questo secondo Solitude, Dominance, Tragedy i nostri inanelleranno una serie di ottimi album, nonostante i frequenti cambi di formazione. Merito della bravura di Tom Englund, anima, cuore, mente e voce di questo progetto.
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12
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Voto 74???? Ma stiamo scherzando? Ok, sono gusti. Quest'album merita un voto 100 Tutto al di sotto per me rimane inaccettabile. |
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11
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considerato l'anno di uscita, una bomba, voto 85 |
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10
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Per me non hanno mai cannato, di sicuro qualcosa meno valido di altro lo hanno fatto ma nel 2019 per ora sono loro il top del genere. Certo poi piace vincere facile con Englund alla voce. Questo disco mi piace, direi 80 |
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9
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Concordo con Klunk...altro che calo, l'ultimo The Atlantic è un capolavoro assoluto...da lacrime... |
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8
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Bregor ti consiglio the atlantic uno degli album piu' belli in assoluto che abbia ascoltato ....comunque questo solitude....non e' niente male....voto 80 |
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7
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74 a questo ed 82 a Monday…..ce la fate? |
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6
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grandi , nosferatu la mia preferita dell'album . |
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5
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Il successivo"in search of truth" fu la consacrazione,grande band troppo bistrattata,solo con"monday morning apocalypse"han toppato |
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4
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Concordo con Entropy. Ma aggiungo, gruppo sottovalutato ovunque e da tutti gli addetti ai lavori. Questo disco è veramente bello e anche piuttosto oscuro. Una vena di oscurità e tristezza c è, a dire il vero in tutti i loro dischi. I quali sono tutti contraddistinti da un songwriting di grande classe e maestria, e testi sempre molto profondi e riflessivi.
Per me 80 questo. |
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3
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Apice artistico toccato con In Search Of Truth e con Recreation Day, dopo solo una lenta parabola discendente... |
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2
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Gruppo secondo me un.po sottovalutato qui su metallized. Grande disco, grande band |
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1
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Solitude within, Nosferatu e She speaks to the dead spaccano |
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INFORMAZIONI |
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Tracklist
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1. Solitude Within 2. Nosferatu 3. The Shocking Truth 4. A Scattered Me 5. She Speaks to the Dead 6. When Darkness Falls 7. Words Mean Nothing 8. Damnation 9. The Corey Curse
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Line Up
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Tom S. Englund (Voce, Chitarra) Dan Bronell (Chitarra) Zachary Stephens (Tastiera) Daniel Nöjd (Basso) Patrick Carlsson (Batteria)
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RECENSIONI |
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