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TRAFFIC CLUB, VIA PRENESTINA 738 - ROMA

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ANGRA + DRAGONHAMMER
TRAFFIC CLUB - ROMA

Iamthemorning - The Bell
15/10/2019
( 2459 letture )
La musica, come ogni forma d’arte nel proprio e specifico mondo, presenta quella massa informe di artisti la cui caratteristica e il cui fil rouge è il solo appartenere proprio a questo sottoinsieme delineato da un contorno sfocato. Tra questi, nel panorama del progressive rock, spunta come un faro di rara unicità il duetto russo Iamthemorning, capace in quasi un decennio di produrre gemme a loro modo irripetibili, la cui qualità passa in secondo piano a favore di quel mondo immaginifico ricco di spunti fiabeschi, sognanti, gotici e stranianti che da soli valgono il prezzo del biglietto. Approcciarsi al nuovissimo The Bell, pubblicato attraverso l’etichetta Kscope, è quindi parte di un unicum la cui ultima produzione non tralascia niente di quanto detto poc’anzi ma, per certi versi, lo amplifica considerando la maturità compositiva che man mano è subentrata nei lavori di Semkina e Kolyadin.

Il disco trova in apertura i poco più di sette minuti di Freak Show, la cui entrata non denota alcun pizzico di violenza tipico del genere, lasciando il tutto al lavoro pianistico proprio di Kolyadin. Le linee vocali -in particolare sulle note intermedie- subito ci portano per mano in una fiaba ad occhi aperti, in cui la velocità sembra accrescere pian piano per il primo terzo del brano. Gli orrori intonati da Semkina vengono estesi all’intera condizione umana, con in background il superbo lavoro di Renaldi, Izmaylov e soprattutto Tsepilov; l’intera formazione metterà in campo dei toni cupi sul finale, valorizzati da un arpeggio medievaleggiante che chiude il tutto. La qualità ottima perdura nelle tre tracce successive, a partire da Sleeping Beauty, in cui torna anche l’onirismo del precedente pezzo e in un downtempo che punta alla rilassatezza più spassionata; plauso all’intricato e sincopato passaggio finale di piano, zeppo di scale misticheggianti. Blue Sea vede invece un arpeggio di chitarra della stessa Semkina, capace anche grazie alle sue corde vocali di creare un panorama silvano da godersi ad occhi chiusi. Infine Black and Blue subentra con rara ispirazione, con un sussurro a cui difficilmente si potrà rimanere indifferenti, soprattutto elogiando per l’ennesima volta il timbro vocale pulitissimo presentato in studio. Il clima nostalgico e distante dall’ascoltatore, in altre occasioni marittimo e romantico, concludono questo quartetto qualitativo in cui tutto risulta ben confezionato, dalla produzione agli ospiti presenti. Buona anche Song of Psyche, pulsante del suo inizio arpeggiato e sceneggiato tra i monti magici e unica delicatezza in cui sembra sparire il senso del mondo. La precedente Ghost of a Story intona un inno all’oscurità, la quale riempie le giornate ricche di menzogne, il dolore della solitudine e che porta l’intero album in una cupezza antipodale con il biancore di un’altra fittizia e ipotetica metà rintracciabile nel concept del disco. La title track, nonché traccia conclusiva, è una delle più tranquille e pacate del disco: malinconica, atmosferica e ragionata. In alcuni momenti sembrerà di sentire vere e proprie colonne sonore di cui questo pezzo risulta una cartina tornasole. Il valzer tra le linee vocali parallele porta a un finale brusco e per certi versi inaspettato, privo di un fade-out coerente con il leitmotiv dell’album ma non per questo non apprezzabile. Facendo un salto indietro -volto all’analisi delle pietre miliari di questo lavoro- sino alla quinta traccia Six Feet, ci si ritrova invece in tonalità corvine, contrastate però da sonorità tutt’altro che profonde e annichilenti. La bipartizione macabro-purezza, tra i vermi di una viva decomposizione e il pizzo bianco della defunta, porta ben sei piedi sottoterra, generando un sentore di nudo e crudo sublime persistente per l’intera durata: un lamento di miasmatico compiacimento nell’addio alla vita, stendardo di un climax solenne capace di innalzare la morte a un riscoperto livello di dignità. Lilies è un’altra produzione stellare del duetto, in cui la tecnica pianista tocca picchi di incredulità veri e propri. L’arrangiamento si apre in un giro intrecciato di accordi e virtuosismi barocchi intessuti in una tela di pura magia. Le liriche e le sonorità rispettano fedelmente il titolo: il giglio è, non a caso, il simbolo sia di un vergine candore che di una cruda passionalità ed in esso convergono infatti dei rapporti intimi tra la purezza e la sporcizia concettuale, in un brano incredibile. Infine Salute presenta un’altra dimostrazione di bravura di Kolyadin, con un’apertura sincopata degna dei migliori pianisti. Il ritmo è ansiogeno se confrontato con le altre composizioni, respirando un’aria burtoniana avvalorata da un eccellente fraseggio di grancassa sulla metà. Ottime linee vocali fino all’assolo di chitarra elettrica di Vlad Avy sui 3/4, pregno di eleganti sentimenti di songwriting e che raggiunge sul finale l’acme del piacere acustico.

The Bell non è solo l’ultima produzione e fatica degli Iamthemorning ma è un disco che nel suo essere intriso di personalità non può che essere annoverato tra le perle che questo 2019 musicale sta sfornando giorno dopo giorno. Oltre infatti alla miriade di nomi “tripla A” che hanno solcato l’annata rock e metal ormai prossima al suo levare, sono queste piccole realtà di nicchia a decorare il percorso con splendidi fiori dalle macabre tonalità. È non a caso questa la migliore espressione per il disco in questione, in cui ogni sintomo di piattume compositivo è solo l’emblema di una tipologia estremamente particolare di songwriting, non di carenza di idee o stucchevolezza. L’intera produzione agisce nei particolari, grazie anche a un’incredibile e numerosa presenza di artisti e strumenti variegati e policromatici mai rinunciabili, tra cui figura persino la St.Petersburg Orchestra “1703”. La semplicità con cui il duo russo separa tematicamente il concept, senza però farlo con nette demarcazioni esplicitate nel lavoro stesso, è impressionante. La danza che si crea ricopre dicotomicamente il bianco e il nero dell’esistenza, facendoli danzare tra loro non solo nell’intero disco ma anche in singole composizioni di cui Six Feet è probabilmente la perfetta rappresentazione: un epicentro capace di far convergere l’intera energia radiante di questo disco. La perfezione è stata raggiunta? La risposta è tuttavia scontata, si sta parlando di un disco che non tutti potranno apprezzare o anche solo riascoltare. La prerogativa di un capolavoro è forse la sua universalità, il suo essere riconoscibile come tale anche non incontrando i gusti e i piaceri di tutti. The Bell è invece decisamente di nicchia, ancorato a sonorità uniche la cui selettività saprà sì penetrare i cuori degli ascoltatori, ma consapevole dell’audience ristretta di riferimento.



VOTO RECENSORE
85
VOTO LETTORI
78.8 su 5 voti [ VOTA]
Analizzatore
Domenica 27 Ottobre 2019, 11.05.59
5
Davvero bello. Come tutti i loro lavori del resto. Il loro primo album si scarica aggratisse da bandcamp.
Candal
Martedì 15 Ottobre 2019, 19.03.04
4
Ascoltato e apprezzato veramente tanto!
Micologo
Martedì 15 Ottobre 2019, 15.34.12
3
Disco da amare e non semplicemente da ascoltare, come il precedente Lighthouse ed il lavoro solista di Gleb.
Alex Cavani
Martedì 15 Ottobre 2019, 11.59.47
2
Arte pure. Non ho altre parole.
JC
Martedì 15 Ottobre 2019, 11.54.00
1
Molto interessante e ben realizzato. Non lo trovo particolarmente appagante sotto il profilo della fruizione in questo momento della mia vita e mi ha annoiato prestissimo. Livello comunque alto e ascolto consigliato soprattutto ai giovani, che hanno tempo e possibilità di assimilazione
INFORMAZIONI
2019
Kscope
Prog Rock
Tracklist
1. Freak Show
2. Sleeping Beauty
3. Blue Sea
4. Black and Blue
5. Six Feet
6. Ghost of a Story
7. Song of Psyche
8. Lilies
9. Salute
10. The Bell
Line Up
Marjana Semkina (Voce, Chitarra acustica nella traccia 3)
Gleb Kolyadin (Piano, Tastiera)

Musicisti ospiti
Vlad Avy (Chitarra)
Zoltan Renaldi (Basso, Contrabbasso nelle tracce 1, 2, 6, 9)
Svetlana Shumkova (Batteria nelle tracce 1, 5, 9)
Evan Carson (Batteria, Percussioni nelle tracce 2, 5, 9)
Andres Izmaylov (Arpa nelle tracce 1, 6, 9)
Grigory Osipov (Marimba nelle tracce 2, 9)
Dmitry Tsepilov (Sassofono nelle tracce 1, 2)
Ilya Leontyev (Tromba nella traccia 9)
Mr. Konin (Campane, Fisarmonica)
St.Petersburg Orchestra “1703” (Strumenti ad arco)
 
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