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Double Crash Syndrome - Death To Pop
05/01/2020
( 932 letture )
Ma da dove saltano fuori questi? La domanda, come diceva un po’ di anni fa il buon Antonio Lubrano, sorge spontanea. Eh sì, perché se giudichiamo questo disco dalla copertina, o, peggio ancora, dai titoli (entrambe cose che non si dovrebbero mai fare, specialmente in ambito rock-metal), si rimane a dir poco spiazzati. La copertina, si diceva: credo di poter dire, senza paura di smentite, che si piazzi ai primissimi posti del poco ambito premio “peggior copertina del 2019”; aggiungiamoci titoli quali Death To Pop, Refuse to Kiss Ass o Cocaine Lips, ed ecco che il timore di trovarsi davanti ad un gruppaccio di cazzari della peggior specie si fa davvero concreto.
E invece le apparenze, a volte, ingannano. Una volta che ci si riprende dalle dieci rasoiate in faccia che compongono questo album (dieci, confermo: l’ultima traccia, cantata in lingua madre, è un pezzaccio da balera “metallizzato” per l’occasione) ed ecco che le cose si fanno più chiare.

Da dove vengono questi? La risposta è: dalla Germania, e dagli anni ’80. Per essere più precisi, questo disco è una delle più perfette repliche delle atmosfere, degli stili e delle sonorità di quel periodo, magnifico per la nostra musica, che passa sotto il nome di New Wave Of British Heavy Metal, e che, dalla natia terra di Albione, si è successivamente esteso anche ai paesi dell’Europa continentale, Germania in testa. Ho parlato di “replica”, non di “ripresa” o “attualizzazione”: i Double Crush Syndrome vogliono suonare esattamente come si suonava 35 anni fa, sia dal punto di vista della produzione (volutamente “vintage” e “leggerina”, se confrontata con i canoni in voga oggi) sia soprattutto dal punto di vista dello stile: ritroviamo qui le “cavalcate” e gli assalti chitarristici resi celebri dalle band britanniche di inizio anni’80, le vocals grezze e urlate, ma nello stesso tempo ultramelodiche, tipiche del periodo, unite ad una “quadratura” nelle ritmiche e negli stacchi di chiara matrice teutonica; le origini non si possono nascondere, ma se, quando emergono, si riallacciano alle eredità di band come Accept o Helloween, non possono che far piacere.
In alcune parti, l’opera di assimilazione è al limite del plagio: ad esempio, il riff centrale dell’opener Whore è letteralmente identico a quello iniziale della celeberrima The Prisoner degli Iron Maiden (anno 1982, per l’appunto), così come le linee vocali della cupa Souls To Sell non possono non ricordare quelle del famoso Udo degli Accept, pur senza possederne l’inconfondibile “raglio”. In altre parti invece emergono maggiormente i toni leggeri e melodici, con un retrogusto “punk n’ roll” assolutamente azzeccato.

Death To Pop, in estrema sintesi, è tutto qui: dieci pezzi mediamente brevi e senza troppe pretese, che alternano heavy metal di stampo ottantiano, scanzonato e ruffiano quanto basta, punk stradaiolo alla Ramones (non a caso, una delle principali influenze della NWOBHM) e metallone tedesco nelle parti più dure e cadenzate. Un disco che passa via leggero e inoffensivo, ma che, nello stesso tempo, si lascia ascoltare piacevolmente e in maniera rilassata, garantendo una buona mezzora abbondante di buonumore e spensieratezza.



VOTO RECENSORE
70
VOTO LETTORI
45 su 2 voti [ VOTA]
Hölle Angst
Sabato 18 Gennaio 2020, 18.07.40
2
È la band di Andy Brings...Sodom periodo Tapping the Vein/Get what You Deserve
Shock
Domenica 5 Gennaio 2020, 18.10.36
1
L'album mi fa abbastanza schifo, ma giusto per completezza Andy Brings è stato il chitarrista dei Sodom Tapping the vain era...
INFORMAZIONI
2019
Arising Empire
Hard Rock
Tracklist
1. Whore
2. Death To Pop
3. Refuse To Kiss Ass
4. Cocaine Lips
5. Souls To Sell
6. I’m In Love With You
7. With Me
8. Mistakes We Love To Make
9. We Cannot Be Ruled
10. Tonight
11. Die Berühmten Drei Worte
Line Up
Andy Brings (Voce, Chitarra)
Slick Prolidol (Basso)
Jason-Steve Mageney (Batteria)
 
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