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19/04/24
GOATBURNER + ACROSS THE SWARM
BAHNHOF LIVE, VIA SANT\'ANTONIO ABATE 34 - MONTAGNANA (PD)
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08/02/2020
( 6718 letture )
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E' un inno ai significati abbandonati E' un inno all'incompiuto dentro me Non sottratto Ma immoto Solo spazio immoto Altro qui non c'è Non è forma ciò che cerco Non più sottratto Ma immoto Solo spazio immoto
Ho pensato molto all'introduzione di questa recensione. Sono giunto alla conclusione che il modo migliore per presentare la nuova fatica dei Nero di Marte, costata sei lunghi anni di sacrifici, tra tour, cambi di line-up e di etichetta discografica fossero proprio i Nero di Marte stessi. Le righe riportate sopra sono un estratto della title-track, traccia simbolo di un concept impegnativo, sia a livello di liriche che di composizione. Inutile girarci attorno: il sound della band che ci aveva impressionato con l'album omonimo prima e con il suo successore Derivae dopo, lo ritroveremo solo in parte. Gorguts e Ulcerate sono sempre i primi nomi che vengono in mente, ma c'è molto, molto di più. E forse la traccia che più ci ricorda, almeno in parte, i Nero di Marte che avevamo abbandonato con Derivae è proprio l'opener Sisyphos: i ritmi impazziti di batteria convivono pacificamente con gli arpeggi sapientemente incastonati nei momenti di silenzio, il tutto mentre le chitarre danno vita a un riff dietro l'altro senza mai ripetersi. Ed è proprio questo il fulcro di tutto il lavoro: Immoto scorre, senza fermarsi, in continua mutazione, staccandosi da ogni restrizione di genere. Progressive, death, post e sludge possono essere solo dei meri tentativi di descrivere questo album, almeno dal lato strettamente musicale. Viene da chiedersi: è proprio necessario voler trovare a tutti i costi una classificazione? Probabilmente sì. Ma mai come in questo caso sarebbe riduttivo fermarsi solo all'aspetto musicale e compositivo: Immoto vuole raccontare una storia, e tocca a Sean Warrell essere il nostro Virgilio mentre ci accingiamo ad esplorare l'abisso, cercando disperatamente di non essere trascinati a fondo. Le lyrics quasi completamente in italiano ( fatta eccezione per la già citata Sisyphos e per Irradia) hanno un ruolo fondamentale nella resa complessiva dell'album: il pathos e le emozioni trasmesse riescono rendere completa l'immersione in un tipo di musica che sembra fatta apposta per disorientare, guidando l'ascoltatore dalla prima all'ultima nota di questo lungo viaggio. Perché, in fin dei conti, Immoto è esattamente questo: un lungo, estenuante viaggio. Un album in cui nessuna soluzione si ripete due volte, un album suddiviso in sette tracce che suona talmente organico e lineare da sembrare una traccia unica. L'arduo compito di scandire il ritmo del nostro peregrinare è affidato alla batteria della new entry Giulio Galati: un drumming multicolore, conscio del suo essere fondamentale all'interno dell'opera ma mai in primo piano rispetto agli altri elementi. Giulio si dimostra in grado di picchiare duro e guidare gli altri strumenti nei momenti più aggressivi e caotici, e allo stesso tempo di sfoderare grande dolcezza e sensibilità nei momenti più introspettivi. Le chitarre invece si fanno pittrici di paesaggi e tessitrici di atmosfere: dai riff melmosi e frammentati di chiara derivazione sludge ( e non solo) agli arpeggi più eterei dai forti richiami progressive, riescono in equal misura a creare immagini di paesaggi post-apocalittici e frammenti di cieli stellati sotto i quali fermarsi a riflettere. Ed è la voce di Sean a rendere il tutto più reale ed impressionante: più matura, più versatile rispetto al passato, in grado di passare abilmente da un cantato pulito a uno più aggressivo a seconda di quanto sia necessario, come il narratore di una storia meravigliosa ma altrettanto terribile.
Il non citare le tracce singole, se non in apertura di recensione, è stata una scelta consapevole. Immoto non è solo musica, ma comprende anche immagini, parole e sensazioni impossibili da mettere su carta. E' un'opera completa in ogni suo aspetto, da ascoltarsi con totale dedizione. Anche i paragoni iniziano a stare sempre più stretti: Gorguts, Ulcerate, Neurosis in alcuni frangenti... ma questi pochi nomi non sono abbastanza. Forse è il caso di iniziare a parlare di Nero di Marte, senza associazioni forzate con altre band. Sono una band credibile e dal sound spaventosamente personale. Se lo meritano.
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15
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Album difficile, difficilissimo, richiede pazienza e dedizione, un vero e proprio viaggio sonoro che con il suo incedere lento e incerto tende poi a esplodere, seppur mai completamente, lasciando nell'ascoltatore un forte senso di disorientamento. Non sono ancora in grado di dare un voto, troppo complesso sebbene la qualità percepita sia elevatissima. |
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14
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Troppo cervellotico come la maggior parte dei lavori degli ultimi tempi, specie in ambito estremo. |
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13
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Album complesso, sembra stiano tracciando le coordinate per un quarto album ancora più astratto e immaginifico. In ogni caso, questo denota una qualità sempre crescente tra le uscite in ambito estremo provenienti dall'Italia. A tal proposito: a quando la recensione degli Esogenesi? Album imperdibile, a mio modesto parere... |
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12
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A me la "deriva" prog è piaciuta. Disco complesso ma per me più godibile dei due precedenti. Le parti più plumbee e soffocanti sono smorzate e inframezzate da momenti più melodici ed eterei. Applaudo al coraggio di una band che comunque rimane alquanto unica nel panorama musicale attuale. |
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11
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Disco superlativo, ma molto ostico ( anche rispetto ai due meravigliosi dischi precedenti ). Siamo sempre dalle parti dei Gorguts, Ulcerate e compagnia dissonante, ma a questo giro tra stile del cantato e pause ambient si sono spinti ancor di più in territorio sperimentale. In ogni caso, un lavoro magistrale. Voto 90/100. |
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10
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Non li digerisco, sembra siano entrati in un mood in cui debbano per forza scervellarsi di fare cose eccessivamente articolate, risultando troppo forzato in molti passaggi.
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9
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Ascoltato poco, non ho ancora avuto il tempo di mettermici con la giusta concentrazione. Per ora lo trovo il più complesso tra i loro lavori, attingendo non tanto dall'esordio quanto sviluppando concetti sonori già presenti in Derivae. Sisyphos e Immoto epocali, ma devo assimilarlo del tutto e come dice @Enrico Bustaffa sarà una digestione lunga. Ribadisco come detto in altri post che la scelta dell'italiano, a mio gusto, per quanto coraggiosa non si sposa alla perfezione con questo genere. |
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8
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abbastanza noioso e i testi in italiano sono osceni da sentire |
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7
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una delle band piu enigmatiche del metal contemporaneo. Il precedente mi piacque non poco, questo lo devo ancora smaltire e so già che sarà una digestione molto lunga |
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6
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Mi è arrivato solo ieri quindi non ho avuto tempo di ascoltarlo, finora ho sentito solo le anteprime e Sisyphos è veramente spettacolare. Lo ascolterò per bene e ripasserò più avanti. |
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5
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Condivido praticamente in toto la recensione, album bellissimo |
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4
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Discreto album di Post Metal. Voto 70. |
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3
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Ho un rapporto molto diffcile con i NDM. Molto pesanti come suoni e dissonanti all'eccesso per i miei gusti nei primi due dischi, questo invece mi sembra più "fruibile" ed originale, complice anche una produzione all'altezza. Per un giudizio attendo di averlo assimilato per bene.
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2
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Li amo fin dal esordio, quanto mi piace perdermi nei loro vortici!! Quest album è un album sublime, vera arte. Come essere accoltellati da una piuma |
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1
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Ho una buona opinione di questa band, pur trovando eccessive le sperticate lodi nei loro confronti... cionondimeno, considerate le mediocrità d'oltralpe e d'oltreoceano spacciate per capolavori, credo si possa anche far finta che le suddette lodi siano meritate. |
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INFORMAZIONI |
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Tracklist
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1. Sisyphos 2. L'arca 3. Immoto 4. Semicerchi 5. La Casa del Diavolo 6. Irradia 7. La Fuga
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Line Up
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Sean Worrell (Voce, Chitarra) Francesco D'Adamo (Chitarra) Andrea Burgio (Basso) Giulio Galati (Batteria)
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